La sperimentazione animale, tra giudizi e pregiudizi – Di Nadia Clementi
Per conoscere la problematica ne abbiamo parlato con il biologo dott. Nicola Cornella
La sperimentazione animale è una tecnica scientifica che interessa, da più di mezzo secolo, tutti i Paesi industrializzati.
Si stima che ogni anno vengano utilizzati oltre cento milioni di animali per la ricerca di base, per imparare ad operare chirurgicamente, per sperimentare la tossicità di farmaci, cosmetici e altre sostante da immettere sul mercato di tutto il mondo.
Oltre l’80% delle specie coinvolte sono, rane, vermi, topi e altri roditori, provenienti da ditte specializzate che li allevano esclusivamente per la vendita ai laboratori.
Questi animali contribuiscono all’avanzamento della ricerca di base e sono i protagonisti della fase pre-clinica della progettazione di nuovi farmaci, obbligatoria da circa 40 anni.
Con il processo di sperimentazione hanno permesso di salvare la vita a moltissime persone.
Nonostante i risultati ottenuti in campo medico scientifico, il tema è molto dibattuto a seguito di studi che hanno mostrato come in alcuni casi i test sugli animali non riescano a prevedere gli effetti sull’uomo.
Si accusa anche la sperimentazione animale di non avere fondamenti scientifici.
Ma il dibattito ha anche grandi risvolti etici ed economici e contrappone due mondi che faticano a trovare punti di incontro: da una parte il mondo della ricerca che necessita della sperimentazione animale per il progresso della scienza e della medicina e dall’altra le associazioni animaliste, che accusano la scienza di vivisezione replicandola come inutile e crudele.
Noi non pensiamo certo di risolvere la diatriba, ma per capirne di più i contorni abbiamo consultato il dott. Nicola Cornella, biologo e biotecnologo.
Nella seguente intervista ci spiegherà i vantaggi della sperimentazione animale nel campo della ricerca puntualizzando inoltre come i ricercatori sarebbero i primi a voler utilizzare metodi alternativi se questi fossero ritenuti affidabili e validi, sia per un motivo etico che economico.
Chi è il dott. Nicola Cornella Nicola Cornella nato a Trento il 20 ottobre 1989 2011 - 2013 Laurea Magistrale : Biologia Sanitaria presso l’Università degli Studi di Padova, voto conseguito 110/110 . Progetto di ricerca e tesi: Study of the genotoxic effects of ultraviolet B and C on human lymphoblastoid cell line with low capacity to handle oxidative stress, svolti presso l’Università di Stoccolma, nel laboratorio di Radiation Biology sotto la supervisione del Dott. Siamak Haghdoost e del Prof. Andrzej Wojcik. 2008 - 2011 Laurea Triennale : Scienze e Tecnologie Biomolecolari presso l’Università degli Studi di Trento, voto conseguito 110/110 e lode. Tirocinio e tesi : Caratterizzazione del differenziamento di cellule staminali embrionali murine in neuroni retinici sono stati svolti presso il Centro Interdipartimentale di Biologia Integrata (CIBio) dell’Università degli Studi di Trento, nel laboratorio di Developmental Biology sotto la supervisione della Prof.ssa Simona Casarosa. 2008 Diploma di Scuola Superiore : Liceo Scientifico Leonardo da Vinci a Trento. Conoscenze linguistiche Italiano Madrelingua. Inglese Ottimo livello di conoscenza della lingua parlata e scritta. Svedese Conoscenza base. Tedesco Conoscenza base. Esperienze all’estero 2012-2013 Progetto Erasmus in Svezia, presso l’Università di Stoccolma, per una durata totale di 10 mesi, dal 27 agosto 2012 al 30 giugno 2013 |
Dott. Nicola Cornella ci spieghi cos’è la sperimentazione animale?
«La sperimentazione animale (S.A.) è un procedimento usato in ricerca scientifica che prevede l’utilizzo di animali (detti modello) per lo studio di fenomeni fisiologici, patologici e di sviluppo e per la messa a punto di nuovi farmaci e possibili terapie per la cura di malattie.
«Le informazioni dedotte possono essere rilevanti sia per la stessa specie utilizzata che per l’uomo.
«Dati i numerosi dibattiti presenti soprattutto in rete negli ultimi mesi a proposito della sperimentazione animale, mi preme puntualizzare anche cosa questa non sia: la sperimentazione animale non coincide con la vivisezione, come viene pubblicizzato da diversi gruppi ad essa contrari.
«La vivisezione, non più praticata da molto tempo, era un’attività parte della sperimentazione in cui l’animale veniva letteralmente sezionato mentre ancora in vita per osservare il funzionamento di organi interni e lo stato interno di parti del corpo.
«Ebbene, questa pratica non è più impiegata e gli animali utilizzati nella S.A. odierna sono tutelati sotto molti punti di vista e il loro utilizzo è limitato ai casi strettamente necessari.»
Perché viene utilizzata la sperimentazione animale? Come riesce a fornire informazioni utili per applicazioni nell’uomo?
«La S.A. ha fornito - e costantemente fornisce - informazioni preziosissime e di grande valore scientifico per l’uomo: ciò è dovuto alla somiglianza genetica e dei processi metabolici presente tra i modelli utilizzati e l’uomo, ed anche alla struttura semplificata degli animali.
«Ciò significa che il DNA e i vari meccanismi che permettono il corretto funzionamento delle cellule umane sono molto simili a quelli delle specie utilizzate. Basti pensare che tra l’uomo e il topo (mus musculus) è presente una corrispondenza media dell’85% nei geni codificanti proteine, con picchi che superano addirittura il 95% di similitudine.
«Al contrario di ciò che potrebbe sembrare a prima vista, uomo e topo (ma non solo) sono evolutivamente molto vicini! Grazie a queste peculiarità si è potuto studiare il funzionamento di differenti organi e cellule e il meccanismo patologico di diversi batteri e virus.»
«Si è potuto capire come diverse patologie infettive colpiscono e debilitano l’organismo, e parallelamente, come questo risponda all’attacco.
«Da non tralasciare è poi l’enorme contributo che i modelli animali hanno dato e danno per lo sviluppo di vaccini, che dalla loro scoperta hanno salvato un’innumerevole quantità di persone aumentando notevolmente l’aspettativa di vita (alcuni esempi sono l’eliminazione del vaiolo, della difterite, della poliomielite…).
«Così come molti dei processi che normalmente hanno luogo all’interno delle cellule, anche numerosi meccanismi patologici umani sono ben rappresentati e a volte inducibili in modelli animali.
«In questo modo è possibile studiare e progettare cure per malattie genetiche e patologie complesse come ad esempio Alzheimer e Parkinson.
«Ogni giorno sono fatti piccoli passi verso la comprensione di queste malattie, sperando che ognuno di questi mattoncini porti un giorno a delle cure.»
Quali sono gli animali utilizzati? C’è una regolamentazione che supervisioni il loro stato di salute e trattamento?
«Oltre al topo, animale usato per eccellenza, alcuni dei modelli utilizzati sono il moscerino della frutta, il pesce zebrafish, il ratto, alcune rane, un verme, il cane e alcune scimmie.
«Il modello da utilizzare per uno specifico studio è ovviamente determinato dalle caratteristiche specifiche dell’animale e da ciò che la ricerca si prefigge di indagare.
«Certamente, per l’utilizzo di qualsiasi animale in ambito di ricerca ci dev’essere un ben definito progetto che ne giustifichi l’utilizzo. Inoltre, per animali come gatti, cani e scimmie è necessaria una deroga ufficiale del Ministero della Sanità e il progetto dev’essere più che esaustivo. Se questo non lo è o gli obiettivi non sono sufficientemente di rilievo per l’impiego di tali modelli, il permesso è negato.
«Una volta ottenuto il permesso di usare i modelli c’è poi una lunga serie di regole che definiscono il loro trattamento quotidiano e durante gli esperimenti. Tutto è disposto al fine di diminuire al minimo ogni forma di possibile stress o sofferenza non necessari all’animale: cibo, acqua, compagnia, periodi luce/buio, temperatura.»
Ci sono sistemi alternativi che potrebbero sostituire la sperimentazione animale in ricerca?
«Al giorno d’oggi non esiste sistema in vitro (cioè che non fa uso di animali) o simulazione al computer che possa sostituire a pieno la sperimentazione animale.
«Ci sono sistemi complementari a essa che consentono di raffinare l’uso degli animali, ma una totale sostituzione, soprattutto in casi come lo studio di strutture complesse come il sistema nervoso, non esiste.
«Bisogna pensare come all’interno dell’organismo non si possa ragionare per compartimenti stagni: per esempio, poniamo che un nuovo farmaco sia stato testato solo in vitro su cellule di fegato e abbia dato ottimi risultati nella cura di una certa malattia.
«Questa sostanza potrebbe però essere estremamente dannosa per una altro organo, ma ciò non potrebbe essere osservato se non attraverso il suo studio in un intero organismo.
«Dico “in un intero organismo” e non “in ogni differente tipo di cellule dell’organismo” perché questa sostanza potrebbe diventare dannosa solo dopo essere stata modificata dal fegato o da altri organi. Le possibili variabili sono così numerose che i sistemi in vitro risultano ancora riduttivi.»
«Vorrei puntualizzare inoltre come i ricercatori sarebbero i primi a voler utilizzare metodi alternativi se questi fossero ritenuti affidabili e validi, sia per un motivo etico che economico.
«Mi premerebbe infatti far trasparire dalle mie parole come l’utilizzo di animali nella ricerca non sia solo una necessità, ma una dolorosa necessità, della quale non possiamo fare a meno se vogliamo trovare nuove cure e terapie per malattie che colpiscono l’uomo.
«Inoltre, anche le case farmaceutiche e i centri di ricerca sarebbero felici di usare metodi meno costosi, poiché la sperimentazione animale è molto dispendiosa in termini economici.
«Queste puntualizzazioni sono più che mai necessarie vista l’immagine del “vivisettore crudele e assassino che maltratta gli animali con piacere” che spesso traspare da campagne di disinformazione di molti gruppi contrari alla sperimentazione animale.
«Conosco e ho conosciuto numerose persone nel mondo della ricerca che vogliono bene agli animali, ma che attribuiscono alla vita umana e alla possibilità di salvare molte persone che soffrono un valore superiore.
«Per questo dico che è una dolorosa necessità. E senza dubbio dico che non appena ci saranno sistemi sostitutivi affidabili verranno certamente utilizzati.»
A fronte di queste considerazioni, quali sono le contestazioni che i gruppi animalisti e le persone contrarie alla sperimentazione animale muovono contro la ricerca?
«Premetto subito che per quanto mi riguarda ci deve essere libertà di opinione, a patto che ogni opinione sia supportata da dati provati e sia il risultato di un’attenta documentazione sull’argomento.
«La maggior parte delle contestazioni mosse dai contrari alla S.A. si basa su informazioni non corrette: prime tra tutte che la sperimentazione non abbia alcun fondamento scientifico e che già siano presenti tecniche completamente sostitutive all’uso di animali, le quali però non verrebbero utilizzate poiché la S.A. è motivo di lucro per la ricerca.
«Come detto in precedenza, ma soprattutto come si può trovare in tutti i libri di testo di medicina e di biologia e in siti internet scientificamente affidabili, i modelli animali sono usati data la loro similarità in DNA e processi metabolici e patologici con l’uomo e non sono affatto motivo di lucro per la ricerca.»
«I movimenti di protesta inoltre sostengono come la sperimentazione non sia affidabile poiché la maggior parte dei farmaci testati su animali non è poi approvata sull’uomo. Di questo non ho ancora parlato ma ora spiego meglio la questione.
«Forse non a tutti è noto come il processo per la scoperta e l’approvazione di un farmaco sia una salita lunga (in media dai 10 ai 20 anni) e davvero tortuosa: meno di 1 composto su 100 che è stato testato su animali verrà poi portato alla fase di test clinici sull’uomo, e questa proporzione potrebbe essere anche ottimista!
«Di quelli che passano, meno di 1 su 10 verrà certificato come farmaco e messo in commercio. Il processo può essere semplificato come un serie di setacci che mano a mano escludono i composti dannosi in modo da arrivare alla sperimentazione sull’uomo con meno probabilità possibili di nuocere alla salute.»
«I motivi di esclusione di una molecola dal processo possono essere numerosi e principalmente nei test su animali si studia l’efficacia, la tossicità, la dose e la reazione dell’organismo.
«I paletti che delimitano il “via libera” allo stadio successivo sono molto stretti e se quindi un farmaco viene escluso un motivo serio c’è: pensate all’assenza del passaggio pre-clinico. Significherebbe testare sull’uomo centinaia di molecole il cui uso apporta più svantaggi che vantaggi all’organismo, rischiando di danneggiare la salute di chi lo assume. Una cosa pericolosa non trovate?
«Parlando di economia invece saprebbe indovinare il costo medio di un farmaco, nella sua progettazione e sperimentazione, per una casa farmaceutica?
«La stima più accreditata è di 800 milioni di dollari per farmaco che ha successo, per non parlare poi di tutte le possibili molecole che sono testate senza successo. Di per sé la progettazione di un farmaco è un investimento ad alto rischio!
«La sperimentazione animale gioca un ruolo di primo piano nella ricerca e nello sviluppo dei farmaci e le case farmaceutiche, così come gli istituti di ricerca di base, sarebbero più che felici di eliminarne l’alto costo a favore di tecniche sostitutive.»
Cosa ne pensa della direttiva europea 2010/63/eu e dell’articolo 13 del ddl S.587 che tanto ha creato scompiglio nella comunità scientifica italiana?
«La direttiva europea 2010/63/eu, scritta dal Parlamento Europeo, contiene le istruzioni per il trattamento degli animali in ambito medico-scientifico ed stata redatta con un bilanciata partecipazione della comunità scientifica e dell’eurogruppo per gli animali.
«L’articolo 13 del ddl S.587 è invece parte di un emendamento che il senato ha firmato il 3 luglio per il recepimento della direttiva europea 2010/63/eu.
«Questo testo ha un impatto ampiamente peggiorativo e restrittivo rispetto alla direttiva ed è una grave minaccia alla ricerca biomedica italiana, come potrete facilmente capire.»
Le principali restrizioni previste dal testo sono le seguenti
• Obbligare l’utilizzo di anestesia per operazioni che comportano un qualsiasi dolore all’animale.
Questo significherebbe che pure un semplice prelievo di sangue, anche fatto a scopo veterinario, necessiterebbe di anestesia.
Molti di noi sanno come non sia piacevole riprendersi da un trattamento anestetico e questa regola rischierebbe di andare addirittura a sfavore del benessere dell’animale.
• Il divieto di praticare xenotrapianti.
Gli xenotrapianti rappresentano tutte le operazioni e gli esperimenti che comportino il trasferimento di materiale biologico tra esseri appartenenti a specie diverse. Queste pratiche sono fondamentali per la biomedicina.
Per fare un esempio, lo studio di tumori umani mediante trasferimento di cellule in topi è un metodo importante per lo studio del comportamento della malattia e per capire come affrontarla.
Tecniche sempre più promettenti stanno venendo continuamente migliorate per portare alla crescita di organi funzionanti e compatibili con l’uomo in animali: in Italia l’attesa media per un trapianto è di 7-8 anni. E, per citare una categoria, 42.000 persone praticano costantemente dialisi in attesa di un rene compatibile. Queste ricerche potrebbero portare un giorno alla risoluzione del problema dei trapianti!
Parlando di possibilità disponibili nel presente invece, forse non tutti sanno che l’utilizzo di valvole cardiache di origine bovina e suina è comunemente impiegato per sostituire valvole umane danneggiate. Rispetto a quelle artificiali, quelle di origine animale hanno una durata e un’efficacia maggiore, non costringono alla somministrazione di anticoagulanti orali e diminuiscono il rischio di ictus e trombi nei pazienti.
• Divieto di impiego di animali nelle ricerche su sostanze d’abuso.
Il problema delle dipendenze è una vera e propria piaga sociale e le modalità che sottostanno all’instaurarsi del meccanismo della dipendenza non sono ancora perfettamente chiare.
L’utilizzo di animali nello studio di questi meccanismi è fondamentale.
Il non utilizzo dei modelli animali impedirebbe la messa a punto di farmaci efficaci che aiutino il recupero dei pazienti.
In aggiunta, la ricerca su alcune sostanze d’abuso sta producendo ricadute interessanti sulla ricerca di malattie gravi, quali l’Alzheimer. Impedire questo tipo di ricerche costituirebbe un importante danno al possibile sviluppo di terapie.
• Divieto di allevamento sul territorio nazionale di gatti, cani e scimmie da utilizzare a scopo scientifico.
È chiaro come questa restrizione, più che per la ricerca, sia dannosa in primo luogo per gli animali stessi. Un viaggio dalla Germania per arrivare ad esempio all’Università della Sapienza di Roma non sarebbe certo una passeggiata! Per poi aggiungere il costo di trasporto e l’inquinamento prodotto.»
Cosa ne pensa della situazione mediatica riguardante la sperimentazione animale?
«Questo è purtroppo un tasto dolente. Nel nostro paese l’opinione pubblica è spesso influenzata da campagne disinformanti pubblicizzate da persone poco competenti (e non solo nel caso della sperimentazione animale).
«Vengono tenute in considerazione le informazioni che si trovano su social network e blog senza fonti affidabili piuttosto che informarsi più accuratamente con una ricerca indipendente e fidarsi di chi ha dedicato la carriera e gli studi lavorando con la materia in questione.
«Sempre più frequentemente in rete si vedono foto dal forte contenuto decontestualizzate e descritte come “ciò che accade nei laboratori”, quando un’osservazione accurata svela facilmente come quelle immagini non provengano da un contesto di ricerca scientifica.
«E molti slogan sono facilmente confutabili leggendo i primi capitoli di un qualsiasi testo di medicina, genetica e biologia.»
«Un ulteriore problema è che questi disinformati, oltre che sull’opinione pubblica, hanno una forte influenza su cariche del governo che poi prendono decisioni che riguardano tutti i cittadini, primo esempio l’emendamento del Senato di cui ho parlato prima.
«Vorrei far notare inoltre come sul territorio italiano gli animali utilizzati in ricerca costituiscano una percentuale bassissima di tutti gli animali impiegati per la produzione di carne e altre attività. È assurdo demonizzare la sperimentazione animale.»
«È indubbio che il vedere animali e pensarne l’utilizzo in ricerca provochi una risposta emotiva forte in un osservatore, ma sono fermamente convinto che un giro nella corsia di oncologia (per fare un esempio), soprattutto pediatrica, provochi reazioni molto più intense, magari immaginando che al posto di quei pazienti potrebbe un giorno esserci un nostro caro.
«Impedire alla ricerca l’utilizzo di un metodo ancora fondamentale come la sperimentazione animale significa diminuire le possibilità di poter trovare in un vicino futuro una cura per molte delle patologie che colpiscono l’uomo. È una cosa che riguarda tutti noi.»
«Per concludere vorrei invitare i lettori ad informarsi bene su questo argomento e, se poi lo riterranno opportuno, a firmare la petizione on-line sul sito:
www.salvalasperimentazioneanimale.it, che ha come obiettivo la richiesta al Senato di revisionare l’emendamento sopracitato chiedendo l’aiuto e il parere della comunità scientifica.»
Nadia Clementi - [email protected]
Dott. Nicola Cornella - [email protected]