Storie di donne, letteratura di genere/ 269 – Di Luciana Grillo
Nicoletta Campanella: Grandi giardiniere d’Italia. I volti, i luoghi, le essenze e la storia. Signore che si sono dedicate con competenza e amore a giardini e parchi
Titolo: Grandi giardiniere d'Italia.
I volti, i luoghi, le essenze e la storia
Autrice: Nicoletta Campanella
Editore: Nicla 2019
Pagine: 412, illustrato
Prezzo di copertina: € 35
L’inizio è fulminante: l’autrice elenca quanti significati ha la parola «giardiniera», da curatrice di giardini ad automobile o carrozza, a misto di verdure…
In realtà le sue giardiniere sono signore che si sono dedicate con competenza e amore a giardini e parchi, creando nuovi innesti e battezzando le rose con i nomi di persone care.
Sono tante queste signore, anche se Campanella sottolinea che «oggi sono pochi gli autentici appassionati di piante e sono troppi gli architetti del giardino».
Quindi, inizia a raccontare le vite di queste donne che, talvolta accompagnate dagli uomini – un padre, un marito – sanno rendere un giardino gradevole agli occhi, gradito all’olfatto, splendido alla vista.
Lelia Caetani, ad esempio, vissuta a Parigi prima di arrivare a Ninfa (Cisterna di Latina) e di innamorarsi di questo luogo e dell’atmosfera che si sprigiona, pittrice incantevole di piante e fiori, ha dedicato ai giardini la sua vita, come i suoi antenati: «i Caetani non abbandonano le loro terre… non fu difficile acquisire il possedimento di Ninfa, fu invece molto faticoso mantenerselo».
Altra giardiniera da ricordare è Ursula Salghetti Drioli Piacenza, biologa marina, sposata con Guido Piacenza che «negli anni settanta si ritrova a scegliere di essere pioniere e fautore della nascita in Italia di un vivaismo per collezionisti sopraffini».
Ursula, mentre infonde nei figli Francesco e Delfina tutto il suo amore per le piante, sostiene che «il giardino si contraddistingue per una selvaggia informalità che lo fa sembrare una giungla».
A Ventimiglia, dove si sviluppano i Giardini Botanici Hanbury, Ursula diventa segretaria dell’Associazione omonima, presieduta da Alain Elkann, e con dedizione competente, elenca essenze e rose presenti.
Amante in particolare delle rose è Maresa Del Bufalo, che è stata «per un lungo periodo nella Giuria Permanente del Premio Roma, il Concorso Internazionale per rose con caratteri di novità».
Il parco curato amorevolmente da Maresa è in Lazio, sulla via Laurentina, ed è nato dopo una formidabile opera di aratura. Qui emerge chiaramente il fascino antico del territorio. Maresa, tra le rose, ne ama in particolare tre, Monique, Frensham e Rendez vous.
Anche Lavinia Taverna parla del suo giardino con amore rispettoso: «l mio giardino è quello che è, non è certo stupendo, ma è un posto vivo, dove si vive con le piante, dove tante cose stanno sempre succedendo…».
Insieme ad Antonella Fineschi, l’autrice ne presenta il padre che a questa figlia tanto amata dedicò una rosa e trasmise i suoi sentimenti per il verde.
Quando il padre muore, Antonella dice che «si era stroncato come un albero vecchio… L’ultimo saluto doveva essere dato qui, nel suo giardino delle rose».
Ho già scritto che le giardiniere di Nicoletta sono tante, di alcune non si può tacere, come di Emilia Kuster Rosselli, detta Bebe, «prima donna editore nell’Italia del dopoguerra, ha creato le fondamenta del giornalismo femminile moderno».
La sua rivista, Novità, dedicava «ampio spazio ai fiori e al giardinaggio con approfondimenti botanici e divulgativi» senza trascurare problemi sociali, moda, arredamento, arte, antiquariato, letteratura e cucina.
Un’altra giardiniera, fondatrice anche della ricca Collezione d’arte Lauro, Lily, nuora di Achille Lauro, va ricordata per aver scelto di esporre le opere d’arte all’interno del Giardino dei Lauri, al confine tra Umbria e Toscana.
Di Mirella Presot Collavini mi ha colpito la definizione coniata per lei dagli amici: «Umbratile come le viole. Tenace come un’Aspidistra. Inestirpabile come la Miseria».
Infine, un cenno a Colette Rosselli, più nota come «Donna Letizia», moglie di Indro Montanelli.
Davanti a un bonsai che amava, con l’ironia che la contraddistingueva, disse: «Il bonsai continua a deperire… mi capita di sbottare fra me e me che in fin dei conti oltrepassare i cent’anni è da sopravvissuti!»
Luciana Grillo – [email protected]
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