L’amore è sempre un buon investimento – Di Daniela Larentis
Più delle immense ricchezze di re Salomone e dei preziosissimi doni della regina di Saba
Piero della Francesca, La Regina di saba.
Nella Bibbia si narra l’incontro fra la regina di Saba e il re Salomone (Il libro dei Re 10, 1-13; Libro delle cronache 9, 1-12).
Incuriosita dalla sua fama (egli era ritenuto particolarmente sapiente) la regina decise di recarsi con un ricco corteo di servi, cammelli carichi di aromi, pietre preziose, oro e grandi ricchezze (fra cui legno di sandalo in gran quanità) dal re ebreo a Gerusalemme e di sottoporgli alcuni enigmi, ai quali lui rispose con grande saggezza.
Impressionata dallo sfarzo della corte pare che alzò lodi a Dio prima di lasciare preziosissimi doni e ritornare al suo paese (secondo fonti arabe una zona dell’attuale Yemen, dove peraltro si estendeva l’antico regno etiope); la tradizione vuole che Menelik, capostipite della dinastia salomonica (si narra abbia unificato le popolazioni dell’Etiopia settentrionale dando vita al regno di Axum e assumendo il titolo di “re dei re”) fosse figlio proprio di Makeda, la regina di Saba, e che suo padre fosse niente meno che Salomone stesso.
La figura di Salomone fu idealizzata: il re divenne celebre per la sontuosità del suo palazzo, per l’abbondanza delle sue ricchezze e fu ricordato per il lusso di cui si circondò oltre che per la sua proverbiale sapienza.
A proposito di padri, nella Bibbia era molto importante la figura del padre.
A lui spettava il compito di assicurare il sostentamento dell’intera famiglia, di cui era il capo, ed era sempre lui a proteggerla da eventuali pericoli.
Si occupava direttamente dell’educazione della prole, assumendo quindi il ruolo di educatore, ed esercitava una grande autorità su tutti i membri dell’intera famiglia.
A quei tempi la disobbedienza dei figli era ritenuta una cosa assai grave e il padre poteva decidere di castigare il figlio che lo aveva offeso anche in modo esemplare.
Più che un amico era quindi una sorta di severo padrone, una persona che dettava legge e la cui autorità non veniva praticamente mai messa in discussione: impensabile mancargli di rispetto o ribellarsi, non restava che obbedire.
A proposito dei figli, nel mondo biblico il primogenito, fra tutti i figli, era colui che godeva dei maggiori privilegi quando il padre era vivo, sostituendolo poi dopo la sua morte.
Per quanto riguarda l’eredità, egli aveva diritto a molto più dei suoi fratelli (e non veniva per fortuna sacrificato come capitava ai primogeniti del gregge).
Una considerazione tanto vera quanto scontata: non è affatto facile essere padre né tantomeno essere figlio.
Non lo è mai stato.
Ambedue si sentono talvolta inadeguati e giudicati. Nella nostra epoca, poi, è quasi più difficile indossare i panni del primo anziché del secondo, con tutte le dovute eccezioni.
Difficoltoso è capirsi, soprattutto quando non si riesce a trovare il tempo di ascoltarsi.
Le vite dei padri e dei figli scorrono molto spesso parallele in superficie senza mai incontrarsi nel profondo.
Troppe ansie, troppi sensi di colpa, troppe aspettative a soffocare rapporti compromessi, divenuti improvvisamente insopportabilmente difficili.
Troppa paura di sbagliare.
Forse è proprio questo il punto. Si dovrebbe amare e basta, liberando se stessi dalla paura. A dirla così sembrerebbe la cosa più facile del mondo, ma è così tremendamente difficile invece imparare a farlo!
L’importante è amare, a ogni modo, armandosi di santa pazienza e una gran dose di coraggio, nella convinzione che valga sempre la pena provarci: investire negli affetti è l’unica cosa, in fondo, che dà un senso a questa nostra complicata esistenza.
Daniela Larentis
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