Drodesera Festival: le anticipazioni artistiche – Di S. Matuella
Il significato delle sei teste mozze di adulti (per ora) disposte su due file come trofei di caccia, su sfondo nero, contro la violenza di genere e di età
Foto di Alessandro Sala. La foto di copertina è simile a quella di ieri merita essere ripresa anche oggi.
Si è conclusa domenica, alla Centrale Fies, l’edizione numero 35 di Drodesera: Motherlode (vena-madre) era il tema guida del festival, che alludeva al filone di una ideale miniera di creatività, da portare alla luce: vena che si è rivelata quanto mai fruttifera per la ricerca a tutto tondo, unita all’ innovazione artistica e ad un pubblico sempre più numeroso e partecipe.
Dopo la sezione «Live Works» dedicata all’evoluzione della performance che ha aperto il festival, anche la conclusione di Drodesera era all’insegna delle novità, con la presentazione di ben quattro anticipazioni teatrali: si tratta di quattro lavori ancora in fase di studio, ma già pronti per un primo confronto col pubblico.
«You can (not) Advance» di Mara Cassiani è un lavoro di teatro danza esteticamente molto curato, caratterizzato da una gelida atmosfera fiabesca: pochi rami secchi e delle foglie ricreano un bosco dove, in una nebbiolina rarefatta, appare un enorme lupo nero mentre una donna-angelo si aggira per lo spazio, due bambine giocano e alcuni uomini che indossano delle tute bianche, come quelle di chi analizza una scene del crimine, fotografano tutto.
Filippo Andreatta con il gruppo OHT, dopo «Squares do not (normally) appear in nature», l’onirico teatro meccanico, senza attori, dedicato agli artisti del Bauhaus, ha presentato «Debolezze», ispirato alla ricerca circa le relazioni umane nell’ambiente urbani, del sociologo americano Richard Sennet: come ha spiegato l’artista poco prima dello spettacolo, in questo lavoro intende «esporre le proprie debolezze in uno spazio pubblico» che, specifica, si trova a Parigi.
Andreatta ritorna qui ad un’idea di teatro tradizionale, con tre attori intensi che si muovono in una scenografia realista, dove predominano i colori rosso e bianco, con panchina, una cabina del bagno pubblico, un cesto da basket: lo spazio è recintato da una rete di ferro, coperta da una tela a strisce rosse e bianche.
In questa ambientazione ordinaria, tre personaggi decisamente alienati da troppe teorie e filosofie nichiliste, richiamano i tempi e le pose propri del teatro dell’assurdo con alcune aperture al surreale, come l’allucinata irruzione dei supereroi Batman e Robin.
Un programma radiofonico con la forma di uno spettacolo teatrale è la sintesi ben riuscita realizzata da Matteo Angius e Riccardo Festa per «O della nostalgia», in cui i due attori quarantenni, in bilico tra due fasi sempre più fluide della vita come la giovinezza e la maturità, recuperano alcuni oggetti della nostalgia (una vecchia maglia della Juventus, un quaderno di Heidi, un diario, una radiolina) che fungono da madeleine proustiane per una ricerca del tempo passato che invita a fare il punto sulla propria vita e quello di un’intera generazione.
Tempi comici ben calibrati, capacità di interazione con gli spettatori, appropriati interventi danzati, originali soluzioni illuminotecniche e sonore: già da questo primo assaggio alla Centrale Fies, il lavoro di Angius e Festa si preannuncia come uno spettacolo coinvolgente che conquisterà di sicuro un grande pubblico.
«Sorry, boys» il nuovo lavoro dell’attrice e regista friulana Marta Cuscunà, debutterà nel febbraio 2016 a Trento, nell’ambito della stagione teatrale del Centro Santa Chiara, e poco dopo in quella di Bolzano.
Sei teste mozze disposte su due file come trofei di caccia, su sfondo nero: sono teste di adulti (nella versione definitiva ci saranno anche sei teste di giovani) che, a diverso titolo, commentano la vicenda delle 18 minorenni che nel 2008, in una scuola superiore americana, rimangono incinte contemporaneamente, forse in seguito ad un patto segreto di maternità per crescere insieme i bambini in una specie di comune femminile.
A livello tecnico, in questo lavoro Marta Cuscunà rinnova in maniera davvero originale la tradizione del teatro dei burattini, grazie al suo virtuosismo vocale che le consente di dare voce ai vari personaggi, in una sorta di doppiaggio multiplo.
Tutto questo insieme alla sua abilità nell’animare le straordinarie maschere realizzate da Paola Villani, che hanno sembianze più che umane, e che vengono illuminate di volta in volta, creando una sorta di montaggio di primi piani, con un ritmo sostenuto, senza mai un calo di tensione.
Questo studio di Marta Cuscunà è stato accolto da un lungo applauso convinto e caloroso: applauso che non ha nulla di scontato dal momento che il pubblico di Drodesera è particolarmente critico ed esigente, e non si lascia andare a facili entusiasmi.
«Sorry, Boys» riprende una storia femminile così radicale che in futuro, in occasione dello spettacolo di Marta Cuscunà, meriterebbe un ulteriore approfondimento vista l’importanza del tema. La stessa attrice, al termine dell’esibizione, ha spiegato al nostro giornale il perché della sua scelta:
«Questa storia risveglia qualcosa di potente nell’inconscio, una delle 18 ragazze americane, infatti, disse che decise di rimanere incinta a seguito di un femminicidio che la toccò da vicino: non a caso, si è scoperto che molte donne rimaste vittime della violenza maschile, reagiscono a questo atto che costituisce la negazione della vita, affermandola fermamente attraverso il potere proprio della donna, di generare la vita stessa.»
Sandra Matuella – [email protected]