Sesso e/o amore – Di Nadia Clementi
Ne parliamo col dott. Antonio La Torre, sessuologo e autore del libro «Non solo sesso»
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La sessualità vive un momento di forte schizofrenia nella società moderna. Da una parte i messaggi ipersessualizzati, e l’ansia da prestazione che ne derivano, sono ovunque intorno a noi, televisione, cinema, pubblicità, best seller, riviste, tutto sembra parlarci di sesso e soprattutto di come dovremmo farlo o di come dovremmo essere per risultare desiderabili, o «sexy» come si suol dire.
Dall’altra parte c’è però un grande vuoto, una forte ignoranza che pervade tutti noi, non conosciamo il nostro corpo né tanto meno quello del nostro partner. In Italia l’educazione sessuale è sottovaluta e pochi possono dire di non conoscere le malattie sessualmente trasmissibili, i rischi legati ai rapporti sessuali e i disturbi che possono rendere difficile, se non impossibile, una soddisfacente vita intima.
Di questo e molto altro si occupa un terapeuta specializzato in sessuologia, uno specialista che si occupa della correlazione tra mente, corpo, desiderio, disturbi legati alla sessualità e, soprattutto, della loro soluzione.
Occuparsi di sessualità significa estendere il proprio orizzonte ben oltre i confini fisici per occuparsi della persona nella sua interezza; come abbiamo visto il sesso non è solo l’atto fisico della riproduzione, non solo congiunzione di corpi e organi genitali, ma soprattutto incontro di due mondi emotivi, con la loro storia, cultura e spiritualità, è l’incontro tra due persone, tra due mondi, tra due storie di vita diverse, una vera e propria modalità di comunicazione.
È da queste considerazioni che nasce il libro «Non solo sesso» del dottor Antonio La Torre, medico, psicoterapeuta, sessuologo e specializzato in psichiatria.
Sposato, tre figli, lavora nell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari presso l’ospedale di Rovereto e la sede del distretto Vallagarina.
Autore di numerose pubblicazioni sull’argomento tra le quali c’è anche il volume di cui andremo a discutere con lui; si tratta di un libro dal sottotitolo piuttosto tecnico, «Percorsi di consulenza e terapia delle disfunzioni sessuali», ma che in realtà racconta storie vere di alcuni pazienti del dottor La Torre (i nomi e le situazioni sono state ovviamente cambiati per proteggere la loro privacy).
Il titolo «Non solo sesso» vuole dunque richiamare l’attenzione sulla complessità e sulla specificità di ogni storia umana, che mai può essere ridotta con il semplice sintomo. Il dottor La Torre ha cercato infatti di non ridurre le persone a soli sintomi (come impotenza, eiaculazione precoce, anorgasmia, vaginismo, ecc.), ma occuparsi della loro storia per scoprire le cause, vere e ben più profonde del problema.
Da qui il desiderio di poterne parlare in questo libro con dignità, con un atteggiamento rispettoso dal punto di vista altrui, senza banalizzare, senza ridicolizzare, senza volgarità, evitando facili ironie e cercando di garantire comunque un elevato livello di professionalità; una missione in cui il dottor La Torre è riuscito alla perfezione.
Con lui abbiamo approfondito questo delicato tema con alcune domande sul suo libro.
Dottor La Torre il suo libro si concentra molto sulle «storie» dei suoi pazienti, sul racconto e sul filo conduttore che ne caratterizza l’esistenza. Quanto conta la narrazione nell’affrontare i problemi legati alla sfera sessuale?
«La narrazione è di estrema importanza, per molteplici ragioni. Mi piace citare innanzitutto l’inizio del romanzo autobiografico di Gabriel Garcia Marquez (Vivere per raccontarla, 2002): «La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla». Questo pensiero, da solo, può aiutarci a comprendere l’importanza della narrazione che ognuno fa della propria esperienza.
«Il medico ha il compito di raccogliere l’anamnesi (cioè la storia clinica) del paziente, ma ancora prima deve avere la capacità di ascoltare la narrazione dell’uomo che gli sta davanti. La medicina ha fatto passi da gigante a livello di ricerca scientifico-tecnologica, ma ci si è comunque resi conto che questo non è più sufficiente.
«Accanto alla cosiddetta medicina basata sull’evidenza (EBM: Evidence Based Medicine, cioè che si basa su prove di documentata efficacia), negli ultimi anni si è quindi sviluppata una medicina che tiene conto anche degli aspetti emotivi che caratterizzano la persona ed influiscono, più o meno direttamente, sullo stato della malattia: questo tipo di medicina viene indicato con l’acronimo NBM (Narrative Based Medicine), dove la narrazione della patologia del paziente è considerata fondamentale al pari dei segni e dei sintomi clinici della malattia stessa.
«Il modo soggettivo di narrare la patologia è ancor più importante nel contesto delle problematiche sessuali: se da una parte comunica informazioni che possono apparire inesatte o stravaganti sotto il profilo clinico, dall’altra aiuta a farsi un’idea dell’universo interiore della persona, presupposto necessario per una corretta comunicazione fra medico e paziente.»
Oggi giorno soprattutto tra i più giovani sembra che il rapporto sessuale assomigli sempre di più ad una performance: durata, numero di partner, orgasmo si/orgasmo no.
Lei sottolinea invece la totalità della persona e il suo benessere psico fisico, ce ne può parlare più approfonditamente?
«Se ci concentriamo esclusivamente sul sintomo sessuale, sui tempi, sulla durata, sulla performance, finiamo col perdere di vista la persona nella sua globalità.
«Certamente bisogna approfondire l’aspetto fisico, corporeo, relativo strettamente alla fisiologia della risposta sessuale.
«Lo studio dei fattori biologici, tuttavia, non è sufficiente: la funzionalità sessuale non viene valutata solo in base alla presenza o all’assenza di una performance, bensì in relazione alla persona. L’attenzione è rivolta all’individuo inteso nella sua totalità.
«L’obiettivo è il superamento della separazione tra corporeità e persona: nessun gesto corporeo è solo fisico, ma è sempre un segno che esprime qualcosa dell’interiorità di una persona. Ogni gesto sessuale ha un significato e un senso assolutamente peculiari (e quindi differenti da individuo ad individuo) che non potranno mai essere riconosciuti se l’attenzione viene rivolta esclusivamente alle possibilità meccaniche del corpo.
«Le disfunzioni sessuali sono spesso la spia di un problema più ampio e complesso, in cui sono coinvolti fattori eterogenei ed estremamente diversificati.
«L’attività sessuale diventa facilmente il terreno sul quale si scaricano le tensioni emotive: dietro a sintomi apparentemente circoscritti (quali l’impotenza, l’eiaculazione precoce, il vaginismo, il dolore durante i rapporti sessuali, ecc.) possono celarsi risvolti emotivi spesso inesplorati. Sintomi quasi identici possono inoltre essere l’espressione di problemi di natura diversa.
«Per queste ragioni sono convinto della necessità di cogliere il senso di ogni disfunzione sessuale.
Curare, anche e soprattutto in sessuologia, vuol dire per me andare alla ricerca di un senso.
«Come hanno sostenuto anche altri studiosi, dare un senso agli avvenimenti non significa cercare una verità assoluta: si tratta di un senso per quella persona, solo per lei: non c’è nessuna verità, e i significati possibili sono infiniti. Dare un senso significa dunque rivolgersi ad un universo di significati.
«La persona non cerca semplicemente di recuperare, ad esempio, l’erezione, ma di sentirsi uomo, o di recuperare una virilità/femminilità, o di riconquistare il/la partner, ecc.
«Il sintomo è simbolo o rappresentante di qualcos’altro: questo qualcos’altro è diverso da persona a persona. I sintomi rappresentano simbolicamente quello che non si è in grado di esprimere a parole: sono simbolicamente utilizzati per raccontare (con il corpo) quello che non si è in grado di esprimere a parole.
«Il corpo è il «topos» (dal greco: τόπος), il luogo nel quale, come sul palcoscenico di un teatro, si mette in scena, l’interiorità, si esprime l’anima. Il corpo diventa, in un certo senso, «scenario» dell’animo, del proprio sentire.
«Ritorniamo all’importanza della narrazione: se si vuole accedere all’universo dei significati simbolici, bisogna ascoltare le storie delle persone e le narrazioni che esse fanno di se stesse. Solo dalle storie si può tentare di capire le trame dell’esistenza di ognuno o, più semplicemente, tentare di comprendere i risvolti emotivi correlati al sintomo.»
Il titolo stesso del libro ne racchiude lo stile: non si tratta di solo sesso, troppo spesso si sminuiscono i rapporti banalizzandoli, svalutandoli o addirittura vergognandosene.
Come superare questo blocco? E soprattutto si tratta di un problema culturale?
«Indubbiamente fattori culturali hanno grande influenza sulla sessualità. Basti pensare a come nella società contemporanea si tenda a immaginare la virilità sotto forma di performance o di durata della prestazione.
«Se il sesso fosse concepito come uno spazio (non solo fisico, ma anche e soprattutto emotivo e relazionale) di incontro tra due persone, quello spazio non dipenderebbe certo dall’efficienza del pene, ma dall’equilibrio che si instaura tra due partner, dalla capacità di mettersi in relazione, di mettere in relazione anche i disagi, le incertezze, le ansie, le paure, ecc.
«C’è bisogno oggi più che mai di riscoprire i sentimenti e le passioni che rendono viva ed autentica la vita. La cultura moderna, dominata dai social network, sembra avere dimenticato le umane passioni che la letteratura ha raccontato in modo esemplare.
«Si pensi alle storie di amori celebri come Paolo e Francesca (Dante), Tristano e Isotta (Thomas), Orlando e Angelica (Ariosto), Alfredo e Violetta (Dumas), solo per citarne alcune. Oppure si pensi alle intense passioni incarnate da alcune famose donne protagoniste della letteratura internazionale: Anna Karenina di Lev Tolstoj, Emma Bovary di Gustave Flaubert, Catherine Earnshaw in Cime tempestose di Emily Brontë, Elizabeth Bennett in Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen.
«La sessualità è complessa come complesse sono le persone: non può essere ridotta ad una prestazione, ai tempi della durata, oppure ad una foto da taggare o ad un post su facebook o twitter o su altri social network.»
Se né è in grado può farci un identikit del suo paziente tipo? Si rivolgono a Lei più uomini o donne? Eterosessuali o omosessuali? In una relazione o single? Qual’è il disturbo che si presenta maggiormente?
«È utile elencare innanzitutto le «disfunzioni sessuali», così come risultano nei due manuali più noti a livello internazionale, e cioè l’ICD-X (International Classification of Diseases: Classificazione Internazionale delle Malattie, 10ª edizione a cura dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, OMS) e il DSM5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, 5ª edizione a cura dell’American Psychiatric Association, APA).
«Per un approfondimento sulle classificazioni, rimando a questo link.»
«Probabilmente per motivi culturali, gli uomini chiedono più frequentemente delle donne consulenze sessuologiche.
«Nella personale casistica, che coincide con i dati della letteratura, la disfunzione sessuale maggiormente diffusa è l’eiaculazione precoce, seguita dalla disfunzione erettile (comunemente nota come impotenza), mentre tra le donne il calo del desiderio sessuale è la categoria diagnostica maggiormente rappresentata, seguita dai problemi dell’orgasmo.
«In genere alle visite si presentano le persone individualmente, cioè non accompagnate dal/dalla partner: in realtà una consulenza accurata richiede spesso una valutazione di coppia (quando, ovviamente, il/la compagno/a è disponibile a tale valutazione).
«Nell’80 % circa dei casi, la valutazione della disfunzione sessuale si conclude in due o massimo tre incontri. In un 20 % circa dei casi, è invece indicata una terapia di coppia, che richiede più incontri.
«Tengo a sottolineare, anche sulla base di alcune ricerche pubblicate dal sottoscritto, come siano estremamente comuni le disfunzioni sessuali secondarie all’uso di farmaci (antidepressivi in particolare).»
Il dibattito sull’educazione sessuale nelle scuole italiane è ormai annoso e sembra difficile scorgere all’orizzonte novità incoraggianti.
Crede che i problemi sessuali derivino anche da una scarsa conoscenza del sesso e del suo funzionamento? Manca un’educazione «sentimentale» seria e strutturata?
«L’educazione alle emozioni è un tema assai complesso e spesso affrontato con superficialità, con la conseguenza che nel bambino, nell’adolescente e spesso perfino nell’adulto non si crea l’abitudine all’ascolto interiore e alla riflessione rispetto al proprio sentire.
«Il rischio è che le persone, fin da bambini, finiscano semplicemente con l’abituarsi a manifestare tutto ciò che sentono senza un processo interno di analisi e di verifica.
«Ogni emozione ha il suo peso e il suo valore, ma tante persone non sono state abituate a cogliere queste differenze: l’educazione sessuale è efficace quando consente all’individuo di compiere le scelte che sono in linea con il proprio mondo emotivo.
«Su questo aspetto sono possibili ed auspicabili molti miglioramenti sul piano strettamente educativo.»
Nel suo sito, la pagina di presentazione del libro è correlata da bellissime immagini di baci storici della cinematografia mondiale.
In che modo i media e la società dei consumi influenzano la nostra visione della sessualità?
«L’influenza dei media è oggi particolarmente pressante e insistente nel condizionare i canoni dell’aspetto fisico ideale e i comportamentali sessuali.
«Le immagini pubblicitarie contribuiscono infatti a definire una sorta di modello ideale a cui ispirarsi: tale modello mette al centro dell’attenzione la performance intesa come valore da perseguire. In altre parole, la virilità quanto la femminilità vengono intese come efficienza e sono fondate sul potere della prestazione.
«Virilità e femminilità diventano incapaci di integrare dimensioni dell’esistere quali l’affettività e la capacità di relazionarsi.
«Un modello dunque orientato all’efficienza del fare (per cui non solo l’uomo, ma anche la donna sono esperti, attivi, conoscitori delle tecniche amatorie), ma carente del sentire proprio e del/della partner.
«La società in cui viviamo –ha scritto Cristopher Lasch nel suo ancora attuale La cultura del narcisismo - è quella dell’apparenza, della maschera: devo apparire aggressivo, forte, vincente, senza debolezze, con caratteristiche fisiche precise, capace di performances strepitose, eccezionali.
«Il Leitmotiv della società contemporanea suona più o meno così: «Devo essere un super-man (o una super-women): non importa se non lo sono realmente. Mi devo mettere il costume di super-man (o super-women) e devo provare a diventarlo(a).»
«Secondo questo modello, il corpo viene percepito e considerato come compito, come dovere.
«Scrive in proposito Zygmunt Bauman: seguire l’ultima novità in fatto di cura del corpo e cercare di sottrarsi ad ogni pericolo per la salute sono ormai gli indicatori principali di cultura elevata e buon gusto. Entrambi sono diventati il dovere primario nell’incessante compito della costruzione del sé.»
«Enfasi viene posta dunque su un forte senso del dovere nei confronti del nostro corpo.
«Questa medicalizzazione del corpo fa si che ogni disfunzione fisica (ma soprattutto sessuale) venga percepita e considerata come infortunio autoinflitto, di cui si ha piena responsabilità non solo fisica, ma anche morale.
«La persona pensa quindi più o meno così:
«Non sono all’altezza di raggiungere l’obiettivo della prestazione sessuale: insegnami, step by step (-proprio in questi termini si è espresso un mio paziente-) come si ottiene la prestazione. Tu, che sei l’esperto devi dirmi come si fa a raggiungere l’obiettivo che io devo raggiungere e che io ti chiedo».
«Insomma, il corpo è diventato un progetto che va realizzato, un compito che va eseguito sotto la propria personale e individuale responsabilità.
«Secondo questa (a mia avviso distorta) logica, il corpo diventa una macchina sempre più perfettibile grazie all’esperto: pensate in particolare agli imprenditori della salute (tra cui dietologi, cosmetologi, chirurghi estetici, gli stessi sessuologi, ecc.) presenti su quasi tutte le moderne riviste, ma specificatamente su quelle maschili e femminili.
«Il monitoraggio continuo e soprattutto l’autocontrollo come dovere personale viene ricordato attraverso inviti (che in alcuni casi suonano come imperativi) espliciti quali: telefona ai nostri esperti, scrivi all’esperto, ecc.
«I mass media tendono a suggerire esplicitamente comportamenti sessuali e a delegare (anche e soprattutto in campo sessuale!) a terze persone (all’esperto di turno, appunto) e/o alle mode del momento la responsabilità di scelte personali.
«Questi messaggi incentivano una sessualità trasgressiva, senza limiti e tabù, facile da mettere in atto, proponendola come un semplice gesto fisico tra i più ovvi e spontanei per la cui realizzazione sono sufficienti due corpi, trascurando tuttavia completamente altri aspetti (tra cui in primis quello emotivo e relazionale) che sono spesso alla base delle disfunzioni sessuali.
«Mi è capitato di avere in cura persone avventuratesi in relazioni sessuali che non corrispondevano affatto al proprio modo di essere e di sentire, bensì ai messaggi come quelli di cui sopra, col risultato di una vita sessuale ed affettiva fonte di sofferenza, deludente e per nulla appagante rispetto ai paradisi di felicità promessi.
«Per molti, la sessualità si riduce allo svelare i segreti del corpo o del come farlo meglio. Qualche anno fa i mass media hanno dato, ad esempio, risalto alla notizia che il cosiddetto Punto G (che sarebbe localizzato tra il primo ed il secondo terzo della vagina e che sarebbe responsabile del piacere nelle donne) è stato fotografato dai professori Emanuele Jannini e Andrea Lenzi (vedasi la copertina di una nota rivista).»
«La sessualità che oggi viene «proposta» è spesso lontana dal proprio modo di essere.
Il modello proposto dai mass media induce infatti l’idea:
1) di essere affetti da una patologia se non si seguono i dettami che vengono suggeriti,
2) di dovere medicalizzare la sessualità,
3) che sia necessario assumere (solo) farmaci efficaci, immediatamente disponibili, da assumere quanto prima, che non facciano pensare e che risolvano i problemi senza tanti sforzi.
Questi concetti risultano particolarmente evidenti nelle prossime 3 copertine, in cui il messaggio implicito è quello dell’esaltazione non solo della sessualità, ma anche della virilità intesa come capacità di realizzare prestazioni e performances. Il messaggio può essere sintetizzato più o meno così: «sei debole se non ti adegui alle mode ed ai canoni pre-costituiti».
Figura 1 Si noti il contrasto tra le dimensioni gigantesche della mano femminile e quelle del corpo maschile. Le dimensioni dei genitali (implicitamente) insufficienti vengono utilizzate per alludere ad una «crisi» non solo sessuale degli uomini (nel testo si legge infatti «uomini in crisi» e «sesso debole»). |
Figura 2 Una gigantesca torre simbolica fatta da pillole richiama l'idea della forza, della consistenza e della solidità. Il contrasto tra le dimensioni della torre e quelle minuscole dell’uomo sembra sottolineare la fragilità di quest’ultimo. |
Figura 3 1) A partire dalle dimensioni dei genitali che implicitamente vengono mostrate come inadeguate, ritorna il concetto della debolezza riferita al genere maschile, che qui diventa «sesso ex-forte». 2) L’espressione denigratoria della ragazza (che sembra ridere delle dimensioni dei genitali) sottolinea l’inadeguatezza maschile. |
«In sintesi, si tratta di un modello che non aiuta ad interrogarsi su di sé né suggerisce l’importanza di cercare un proprio sistema valoriale.
«Un modello che propone una sessualità insignificante sul piano dei valori e che la riduce ad oggetto e strumento.
«Soprattutto oggetto e strumento di guadagno: penso in particolare alla pubblicità che sfrutta il sesso per far vendere tutto ciò che è vendibile.»
«Per un approfondimento sull’argomento, rimando a quanto ho già scritto sull’argomento tramite questo link.
Per chiudere l'intervista, l'argomento affrontato ci rimanda alla Giornata dedicata al Femminicidio dello scorso 25 novembre. Le chiediamo quindi una sua osservazione riguardo a questo tema.
Nel XX secolo il ruolo della donna ha subìto profondi mutamenti, questa emancipazione è stata supportata e istituzionalizzata con importanti conquiste.
Come mai, questa sorta di «riscatto culturale» non si traduce in un effettivo rispetto da parte dell’uomo nei confronti della donna, rispetto che quindi si concretizza in forme di violenza?
«La violenza nei confronti delle donne è purtroppo un fenomeno ancora oggi molto diffuso che ha radici antiche e variegate, le cui cause sono talmente complesse e numerose da richiedere uno spazio molto più ampio di quello riservato a questa intervista.
«Basti qui ricordare che la violenza sessuale non è stata giudicata sempre con la stessa severità. A titolo di esempio, vorrei ricordare che la Legge 66 contro la violenza sessuale è stata approvata in Italia solo vent’anni fa: in altre parole, si è dovuto attendere il 1996 perché lo stupro, da reato contro la moralità pubblica e il buon costume, diventasse delitto contro la persona.
«Nella speranza di poter contribuire ad eliminare lo sconcertante fenomeno del femminicidio, credo sia importante individuare i segnali premonitori di possibili situazioni di pericolo.
«Premesso che non ho alcuna pretesa di essere esaustivo, gli eventi di cronaca sembrano fornire alcuni suggerimenti utili per l’incolumità delle donne:
1) non accettare mai situazioni di ricatto emotivo riassumibili in espressioni quali: se mi lasci mi/ti uccido, oppure sei mia o di nessun altro;
2) non accettare mai un ulteriore ultimo appuntamento;
3) non illudersi di poter cambiare il carattere del partner;
4) non esitare a denunciare gli uomini violenti e a rivolgersi a professionisti che facilitino l’uscita da situazioni di sottomissione psicologica.»
Per un approfondimento sulla violenza contro le donne, si vedano anche:
http://www.antoniolatorre.it/art.violenzaalledonne.html
http://www.antoniolatorre.it/art.passionifatali.html
Sul tema della dipendenza affettiva, si veda invece:
http://www.antoniolatorre.it/art.dipendenzeaffettive.html
Nadia Clementi - [email protected]
Dott. Antonio La Torre - [email protected] - http://www.antoniolatorre.it/
Per ulteriori approfondimenti:
Bibliografia sulle disfunzioni sessuali da farmaci.
1. “Sexual dysfunction related to psychotropic drugs: a critical review. Part I: antidepressants". La Torre A., Giupponi G., Duffy D.M.U., Conca A., Pharmacopsychiatry, 46, 191-199, 2013 DOI: 10.1055/s-0033-1345205
2. "Sexual dysfunction related to psychotropic drugs: a critical review. Part II: antipsychotics". La Torre A., Conca A., Duffy D.M.U., Giupponi G., Pompili M., Grözinger M., Pharmacopsychiatry, 46, 201-208, 2013 DOI: 10.1055/s-0033-1347177
3. "Sexual dysfunction related to psychotropic drugs: a critical review. Part III: mood stabilizer and anxiolytic drugs". La Torre A., Giupponi G., Duffy DM., Pompili M., Grözinger M., Kapfhammer HP., Conca A., Pharmacopsychiatry, 47, 1-6, 2014
DOI: 10.1055/s-0033-1358683
4. "Sexual dysfunction related to drugs: a critical review. Part IV: cardiovascular drugs". La Torre A., Giupponi G., Duffy D., Conca A., Catanzariti D. Pharmacopsychiatry, 48, 1, 1-6: 2015; DOI: 10.1055/s-0034-1395515
5. “Sexual dysfunction related to drugs: a critical review. Part V: α-blocker and 5-ARI drugs”. La Torre A, Giupponi G, Duffy D, Conca A, Cai T, Scardigli A. Pharmacopsychiatry, 49, 1: 3-13, 2016. Article first published on line: 16 NOV 2015. Pharmacopsychiatry, 49, 1, 3-13, 2016
DOI: 10.1055/s-0035-1565100.