«Associazione Castelli del Trentino» – Di Daniela Larentis
Walter Landi e Marco Bettotti con Italo Franceschini il 21 marzo converseranno di castelli, signori e sudditi, in un incontro sulle signorie rurali – L’intervista
Walter Landi, Marco Bettotti e Italo Franceschini.
Il ciclo di serate predisposte dall’Associazione Castelli del Trentino denominato «Gli incontri del giovedì», organizzato dal presidente Bruno Kaisermann e dal vicepresidente, il giornalista, storico e critico d’arte Pietro Marsilli, prosegue con l’appuntamento di giovedì 21 marzo 2019.
La conferenza, dal titolo «Castelli, signori e sudditi: conversazione sulla signoria rurale», si terrà come sempre alle 20.30 a Mezzolombardo, Trento, in Sala Spaur, Piazza Erbe, Corso del Popolo 17.
Si tratta di un incontro diverso dai precedenti, un vivace dialogo in cui noti esperti in materia solleveranno alcune tematiche che connotano la signoria, con un maggior coinvolgimento del pubblico rispetto al solito.
I protagonisti della serata saranno: Walter Landi, Ph. D. in Studi Storici, archivista e docente di Diplomatica Archivio di Stato di Bolzano; Mauro Bettotti, Dottore di ricerca in Storia sociale europea, docente di Scuola Media Superiore, e Italo Franceschini, laureato in Lettere Moderne presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trento, bibliotecario presso la Fondazione Biblioteca San Bernardino di Trento.
Quest’ultimo è socio ordinario della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche e redattore della rivista «Studi Trentini. Storia»; è inoltre socio collaboratore del Centro Studi Judicaria e autore di diversi saggi, articoli e pubblicazioni, fra le più recenti ricordiamo «Un mondo in salita. Il maso di Antraque sul monte di Roncegno (XIII-XIV secolo)», Trento, Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, 2017, con Sandra Boccher, Emanuele Curzel.
Come ci aveva anticipato in una precedente intervista, fa parte di un gruppo di lavoro che si sta occupando della schedatura delle varie signorie rurali operanti sul territorio, tra il XIV e XV secolo, un importante progetto a respiro nazionale promosso da varie università, tuttora in fase di sviluppo, con una ricaduta anche locale.
I due studiosi chiamati a partecipare alla serata in qualità di relatori sono molto noti, li presentiamo brevemente prima di passare all’intervista.
Marco Bettotti è nato a Trento nel 1966, si è laureato in lettere presso l'Università di Trento nel 1990.
Docente di ruolo nella scuola media superiore dal 1992, nel 1995 ha ottenuto il titolo di dottore di ricerca in Storia sociale europea (VI ciclo) presso l'Università di Venezia.
Nel biennio 1997-1999 ha frequentato il corso di post-dottorato in Medievistica presso l'Università di Trento.
Nel 1998 ha preso parte al progetto di ricerca di interesse nazionale relativo all'edizione del Codex Wangianus.
Nel 1999 è stato nominato cultore della materia per l'insegnamento di Storia medievale presso l'Università di Trento.
Dal 2000 al 2007 è stato redattore della rivista «Reti Medievali».
Nel 2003 ha preso parte al progetto di marcatura XML di documenti dell’Archivio Principesco Vescovile di Trento, finanziato dal Miur.
Dal 2012 è socio della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche e dal 2014 è membro del Comitato redazionale della rivista «Studi Trentini, Storia».
Attualmente insegna materie letterarie e latino presso il Liceo scientifico G. Galilei di Trento.
Davvero lungo l’elenco delle sue pubblicazioni, fra queste ne segnaliamo una, «La nobiltà trentina nel medioevo (metà XII - metà XV secolo)» edito da Il Mulino.
Walter Landi è nato a Bolzano nel 1976, ha compiuto i propri studi a Freiburg i.Br e a Trento, dove nel 2002 si è laureato in Lettere moderne con una tesi in Storia medievale, conseguendovi poi, nel 2006, il Dottorato di ricerca in Studi storici.
Per diversi anni collaboratore di ricerca in Storia medievale e assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Filosofia, Storia e Beni culturali dell’Università degli Studi di Trento, dal 2014 lavora come archivista presso l’Archivio Provinciale di Bolzano.
Socio ordinario della Società Italiana degli Storici medievisti e dell’Accademia Roveretana degli Agiati di Scienze, Lettere ed Arti, dell’Istituto Italiano dei Castelli, dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana, della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, del Tiroler Geschichtsverein, così come membro dei consigli direttivi del Südtiroler Burgeninstitut e del Museumsverein Bozen.
All’attivo ha numerose pubblicazioni in Italia, Austria e Germania, dedicate soprattutto alla storia del territorio trentino-tirolese fra X e XIII secolo, alle dinastie comitali di area alpina fra alto e basso medioevo, al fenomeno dell’incastellamento, alla storia ecclesiastica locale, nonché a singoli aspetti della storia dell’arte regionale. Segnaliamo un saggio da lui scritto intitolato «Il Codice Brandis come fonte per lo studio dei castelli di area tirolese». In:(a cura di): U. Kindl, A. Baccin, Il Codice Brandis. I castelli del Burgraviato, della Val Venosta e dell’Alta Valle dell’Inn. p. 41-47, Edizioni Osiride.
Abbiamo avuto il piacere di incontrare anticipatamente i tre protagonisti della serata e di porgere loro alcune domande generiche, con l’intento di non rivelare troppo sull’argomento che affronteranno.
Approfittando della disponibilità di Marco Bettotti e Walter Landi, abbiamo rivolto loro anche qualche domanda attinente a lavori pubblicati.
Su quali aspetti verrà focalizzata maggiormente l’attenzione?
Franceschini: «Si partirà da un tentativo di definizione di che cosa sia la signoria rurale, si parlerà del rapporto di questa modalità di gestione del territorio con le persone che sul territorio vivevano e con le risorse che il territorio poteva offrire, in un dialogo aperto anche con il pubblico.»
A proposito della schedatura delle varie signorie rurali operanti sul territorio, chiamiamolo impropriamente dell’attuale Trentino e Tirolo tra XIV e XV secolo, a che punto è il progetto?
Franceschini: «Si tratta di un progetto nazionale molto vasto, localmente non è gestito direttamente dall’università ma su base volontaria. Lunedì 25 febbraio a Verona c’è stato un primo seminario in cui sono stati esposti dei primi risultati sulla ricerca condotta a livello trentino e tirolese, in cui si sono analizzate alcune signorie rurali legate a particolari territori. Il progetto, poi, auspicabilmente si evolverà nella direzione della pubblicazione di questi risultati, presumibilmente le schede delle signorie verranno ospitate in una piattaforma online e forse verrà pubblicato anche un volume.»
Chi vi è coinvolto e a che titolo?
Franceschini: «L’iniziativa parte dal prof. Gian Maria Varanini dell’Università di Verona, il quale ha insegnato per molti anni anche all’Università di Trento, e alcuni suoi ex studenti ed ex dottorandi, che si sono resi disponibili alla realizzazione di questo progetto. Fanno parte del gruppo oltre al sottoscritto, Marco Bettotti, Walter Landi, Franco Cagol e Marco Stenico.»
Domanda a Marco Bettotti. Lei è autore del volume intitolato «La nobiltà trentina nel Medioevo (metà XII – metà XV secolo)», edito da Il Mulino. Potrebbe procedere a una breve rassegna dei fatti principali del medioevo trentino, per inquadrare l’argomento?
Bettotti: «Il punto di partenza è l’investitura del 1027, che concede ai vescovi di Trento i diritti di conti su un territorio che poi in realtà non corrisponde all’attuale Trentino.
«Per quel che riguarda la storia delle famiglie aristocratiche, il punto di partenza è più tardo, in quanto la maggior parte di queste famiglie emergono da documentazione fra la metà e la fine del XII secolo.
«Il momento significativo è il vescovado di Federico Vanga, perché è il momento in cui viene messo insieme il Codex Wangianus che, dal punto di vista documentario, è un po’ al centro di questa emersione delle famiglie aristocratiche, recuperando la documentazione anche dei secoli precedenti.
«Un’altra tappa potrebbe essere la fine del Duecento, quando la situazione viene scompaginata dalla presenza nel territorio trentino di Mainardo II da Tirolo, che cerca di spostare verso sud i confini della contea e crea quindi anche un terremoto all’interno del sistema delle famiglie dell’aristocrazia trentina.
«Questa situazione trova un parziale equilibrio all’inizio del Trecento. Un’ulteriore tappa potrebbe essere il 1363, quando con le cosiddette compattate si stabilisce un rapporto di federazione fra la contea e il principato vescovile.
«Questa fase del secondo Trecento è poi quella che divide in maniera più o meno chiara le competenze sul territorio tra la contea e il principato vescovile.
«All’inizio del Quattrocento un’altra tappa importante è la ribellione della città di Trento guidata da Rodolfo Belenzani, importante in quanto è il momento in cui Trento come città si avvicina a un ruolo comunale, con notevole ritardo rispetto al resto d’Italia.»
Che famiglie sono state prese in considerazione nello studio da lei condotto?
Bettotti: «In quello specifico studio le famiglie considerate sono state quelle della nobiltà vescovile, ovvero famiglie che devono la loro fortuna prevalentemente alle relazioni che hanno stabilito con la corte vescovile.
«Non sono state considerate in quella trattazione, per esempio, le famiglie più grandi della nobiltà trentina, quelle che hanno avuto relazioni con i poteri dell’Italia settentrionale.
«Sono rimasti fuori i Castelbarco, i D’Arco, i Lodron, i Thun, gli stessi Caldonazzo, perché lo scopo è stato quello di concentrare l’attenzione su uno strato intermedio dell’aristocrazia trentina (anche perché trattare queste famiglie avrebbe richiesto un’indagine documentaria che sarebbe fuoriuscita dai confini non solo regionali ma anche nazionali).
«Al contrario, nel progetto che stiamo seguendo adesso queste famiglie hanno un ruolo più importante, in quanto sono titolari di signorie con diritti canonizzati (famiglie che nel mio lavoro io non ho considerato direttamente). In questo progetto, le famiglie dell’aristocrazia vescovile di cui accennavo prima hanno un ruolo marginale, nessuna di esse, salvo alcune della val di Non e della val di Sole, viene considerata.»
Potrebbe condividere con noi una riflessione molto generale sulla storia della nobiltà trentina di quel periodo?
Bettotti: «Tenendo conto delle tappe prima delineate, c’è un’origine documentaria comune che risale a questa seconda metà del XII secolo; poi, a seconda del territorio di affermazione, alcune famiglie si evolvono approfittando proprio della possibilità di avere relazioni con l’area padana, ed è l’esempio dei Castelbarco, oppure con l’area lombarda, potremmo citare i Lodron, o l’area dell’Alto Garda con i D’Arco, oppure ancora la Bassa Valsugana; altre famiglie rimangono più legate alla corte vescovile, alcune di loro hanno residenze nel territorio, più tardi acquistano palazzi in città.
«Altre sono legate molto all’ambito urbano. C’è poi l’elemento tirolese, per cui alcune famiglie di origine altoatesina si insediano nel territorio trentino svolgendo attività di funzionari del conte; un esempio potrebbe essere quello degli Spaur, ma non sono i soli.
«Nel Quattrocento comincia a formarsi un’aristocrazia che alcuni storici definiscono territoriale, cioè riguarda sia famiglie trentine che famiglie tirolesi trasferitesi nel territorio trentino, soprattutto attraverso la politica matrimoniale, tendono ad assumere una posizione che non ha più il vescovo come riferimento, ma la contea, quindi particolarmente gli Asburgo e le loro politiche.
«Le famiglie più legate al vescovo un po’ alla volta esauriscono la loro presenza da un punto di vista biologico, in certi casi; le famiglie che tra il XII e il XIII avevano trovato collegamenti con i poteri signorili più importanti della pianura continuano; le famiglie vescovili che sopravvivono sia alla selezione fatta al tempo di Mainardo che all’arrivo di famiglie tirolesi formano questa aristocrazia territoriale quattrocentesca composta dai Thun, gli stessi Spaur, i Madruzzo e altri, muovendosi su uno scacchiere centroeuropeo, potremmo dire.»
Domande a Walter Landi. In «Castelli di carta. Il Codice Brandis come fonte per lo studio dei castelli di area tirolese», lei parla dei disegni a matita, realizzati nel XVII secolo, che compongono la preziosa raccolta. Che cosa rappresentano?
Landi: «I disegni ritraggono prevalentemente complessi castellari, ma anche monasteri, città, chiese e singoli paesaggi dell’antico territorio tirolese. Rappresentano un centinaio di castelli della contea tirolese, di una porzione ben determinata, ovvero dalla zona delle Prealpi Bavaresi, Alta Valle dell’Inn, alta Val Venosta, Bassa Engadina, e scendendo la porzione della Bassa Atesina, quindi fin giù nel Bolzanino, nell’odierno Trentino con i castelli della Val di Non, delle Giudicarie, della Valle dell’Adige, lasciando fuori tutto il resto del territorio della contea tirolese.»
Quando e da chi venne realizzato il codice?
Landi: «Il codice Brandis venne realizzato probabilmente nel secondo decennio del XVII secolo, fra il 1607 e il 1618, a disegnarlo si pensa sia stato lo stesso conte Jakob Andrä von Brandis, studioso di storia locale in quei decenni; lui è uno di quei personaggi collocati nell’olimpo degli eruditi tirolesi di prima metà Seicento, assieme a due altri studiosi dell’epoca, Marx Sittich von Wolkenstein e Mathias Burglechner.»
Perché sono considerati così importanti?
Landi: «Sono testimonianze storiche e iconografiche importantissime, nella maggior parte dei casi costituiscono le primissime vedute di questi castelli.
«Di alcuni castelli esistono delle vedute più antiche, per l’area altoatesina basti pensare per esempio a quelle di Castel Roncolo e Castel Ried, risalenti alla fine del Trecento, o quelle di castelli trentino-tirolesi realizzate da Albrecht Dürer a fine Quattrocento, e per molti aspetti più precise degli schizzi realizzati dal Brandis stesso, come quelle riguardanti Castel Segonzano, il Castello di Arco ecc.; un altro esempio è costituito dagli affreschi del Ciclo dei mesi del Castello del Buonconsiglio di fine XIV e inizio XV secolo, e altre.
«La preziosità di questa raccolta, tuttavia, consiste anche nella sua quantità. Sono ritratti prevalentemente complessi castellari, la quasi totalità dei disegni riguarda castelli, singole vedute per singolo castello ma anche vedute da due prospettive diverse. Il codice contiene anche vedute della città di Merano, ma anche della città di Trento, di Rovereto e altre, sono tutti schizzi realizzati sul posto, a matita e poi ripassati in una seconda fase a china dallo stesso disegnatore.»
A quale scopo sono state realizzati i disegni?
«Per cosa sia stata realizzata questa raccolta non è chiaro, probabilmente per interesse particolare dell’autore stesso, forse a corredo di una storia della contea tirolese che lui voleva eseguire; potrebbe anche essere stata una raccolta da presentare presso il governo di Innsbruck sullo stato delle fortificazioni, delle fortezze che difendevano la contea tirolese.
«Sono vedute che sono state riordinate in un secondo momento, fogli sciolti che si ritiene siano stati successivamente suddivisi in una serie di sezioni nel XVIII secolo, secondo un ordine topografico ben preciso.»
In conclusione, la serata si prospetta essere molto interessante, un appuntamento assolutamente da non perdere. Ricordiamo come sempre che tutti gli incontri fissati in calendario godono del patrocinio della Regione Trentino Alto-Adige, della Provincia Autonoma Trento, della Comunità Rotaliana-Koenisberg e del Comune di Mezzolombardo e della collaborazione dell’Accademia degli Agiati di Rovereto, della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, del Museo degli Usi e Costumi della gente Trentina. Sono, inoltre, riconosciuti da IPRASE e validi ai fini dell’aggiornamento del personale docente della Provincia Autonoma di Trento.
Daniela Larentis – [email protected]