Le emozioni in rete – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista
È tempo ormai di domandarsi dove stiano le nostre emozioni quando siamo in rete e come vengono espresse
Dovremmo chiederci se con la tecnologia digitale la comunicazione è facilitata o confusa, se ha migliorato la nostra comprensione o ce l’ha complicata. Non è facile, né semplice, rispondere a questi interrogativi. Forse abbiamo ancora bisogno di tempo per capire dove siamo e dove ci sta portando la rivoluzione tecnologica e l’uso massiccio che facciamo dei vari dispositivi, primo fra tutti lo smartphone.
Intanto proviamo a riflettere: comunichiamo più a parole o per iscritto?
A guardare la mole impressionante dei messaggi che circolano con la messaggistica istantanea, sembra che prevalga la scrittura.
Ma in realtà scriviamo come parliamo, senza troppo badare a errori lessicali o grammaticali.
Poi però, per quanto riguarda il significato di un messaggio, la sua coloritura emotiva e affettiva, non avendo modo di trasmettere l’intonazione vocale né l’espressione fisica di quello che diciamo, abbiamo introdotto le emoticon, che dovrebbero aiutarci.
Ma è davvero così? Anche qui è complicato rispondere.
Prima perché nulla ha mai un solo una «faccina» ovvero un’unica espressione e poi perché le emozioni, che sono tante, forse infinite, hanno un suono, una intonazione, un corpo fisico e un volto.
Se online questo viene a mancare va perso il colore di quello che diciamo e le nostre relazioni diventano sbiadite e più povere.
Forse una fatica in più per i rapporti umani nonostante la diffusione e la frequentazione di quelle piazze virtuali dove ci incontriamo in ogni momento del giorno e dove condividiamo tutto a suon faccine.
Ci siamo addirittura inventati la «Giornata Mondiale delle emoticon», promossa dall’ONU per il 17 luglio, e non so se questa sia una giornata di festeggiamenti.
Anche perché quando, per lavoro, incontro a scuola bambini e ragazzi e chiedo loro cosa provano se navigando si imbattono in scene o notizie positive e negative, trovo una grossa fetta di loro che non sa come esprimere quello che prova.
In sostanza sono analfabeti cioè incapaci di dire con le parole un dolore o un godimento, una sofferenza o un piacere.
Magari preferirebbero usare le emoji, ma se ne stanno in silenzio.
Ammutoliti, sembrano incapaci di riferire quello che sentono. viceversa, senza accorgersene, capita che mettano in atto le emozioni e le agiscano con comportamenti sia virtuali che reali. E questo riguarda i teenager come gli adulti.
Alcune ricerche dimostrano che la lettura di post con parole negative o positive può influenzare in maniera significativa il comportamento.
Uno studio della Cornell University sostiene che fatti o lamentele, eventi o emozioni negative pubblicate sulla bacheca dei contatti virtuali scatenano reazioni contagiose e l’esposizione anche solo passiva può cambiare l’umore e condizionarlo per giorni.
Forse una ragione in più per riflettere e educare noi stessi ma anche i minori all’utilizzo attento dei social.
Giuseppe Maiolo
Università di Trento
www.officina-benessere.it