Salire sull’ARCA... della salute – Di Luciana Grillo

L'associazione ha organizzato un convegno a Trento per affrontare le problematiche generate dai disturbi alimentari

>
Il 15 marzo in Italia si ricorda la lotta contro i disturbi del comportamento alimentare: a Trento l’Associazione Arca, con il patrocinio del Comune di Trento, ha organizzato un convegno su questo tema doloroso e difficile, sempre attuale, anche aggravato dall’isolamento in cui ci ha costretto la pandemia.
Nella bella Sala di Rappresentanza di Palazzo Geremia, ha fatto gli onori di casa l’avvocata Eleonora Stenico, socia di Arca.
Ha dato la parola al Sindaco Franco Janeselli che ha trascorso il pomeriggio con i presenti, ha salutato tutti sostenendo che il fenomeno “disturbi alimentari” non è un fatto privato, ma un fenomeno sociale, aggravato in questi ultimi anni dall’isolamento, dalla mancanza di rapporti veri con i compagni di scuola, i docenti, gli amici.
 
Eleonora Stenico, dopo aver salutato politiche e rappresentanti di Associazioni del territorio, ha coordinato l’incontro sottolineando la necessità che si parli di questi disturbi, diffusi oggi anche fra i maschi.
Rifiutare il cibo o abusarne è una richiesta di aiuto che gli adolescenti rivolgono ai familiari e agli insegnanti.
Ma non bastano risposte dettate dall’affetto, servono interventi mirati, quindi l’Arca, nata nel 1996, già un anno dopo chiedeva all’Azienda Sanitaria l’apertura di Centri per la cura dei disturbi alimentari, Seminari informativi destinati ai ragazzi, ai loro familiari, agli esperti e Corsi di formazione per i volontari.
 
Se gli/le adolescenti rifiutano il cibo o eccedono nel consumo, i genitori capiscono che è un segno di malessere e, non sapendo cosa fare, si sentono in colpa, si chiedono «Cosa non abbiamo capito? Cosa non abbiamo fatto?»
Spesso le madri si autoaccusano di essere troppo presenti, e i padri troppo assenti…
Tutti, dunque, hanno bisogno di aiuto e Arca indirizza chi si rivolge a lei verso il percorso di cura in cui si possano incontrare il pediatra, lo psicologo, il nutrizionista eccetera.
Estremamente interessante è stato l’intervento del dottor Aldo Genovese, Responsabile del Centro per i disturbi alimentari: ha esordito spiegando che non c’è una bulimia o una anoressia, ma bulimie e anoressie diversificate fra loro.
 

 
Spesso si richiedono l’assistenza specialistica, il soggiorno presso comunità residenziali terapeutiche, in casi specifici anche l’assistenza ospedaliera e il ricovero.
I più colpiti, come riconosciuto anche dall’Istituto Superiore di Sanità, sono gli adolescenti la cui età va abbassandosi di anno in anno.
Gli esordi precoci riguardano giovani che non hanno ancora compiuto 12 anni.
Questi disturbi non hanno una causa, esistono però dei fattori di rischio come il bullismo, il cyberbullismo, eventi traumatici e luttuosi, separazione dei genitori.
Sono disturbi psichici o psichiatrici e coinvolgono la manipolazione del corpo e il funzionamento della persona; a volte sono associati ad altri disturbi, come la depressione, ad esempio.
 
Chi è anoressico o bulimico pretende di controllare il suo corpo, con un’ossessiva ricerca di informazioni su cibi, calorie, movimento.
Chi è malato, non pensa di esserlo, dunque crede che non debba curarsi. Invece la cosa più importante è motivare alla cura. Chi vuole, si sforza di capire e segue i suggerimenti del medico, dello psicologo, dello psichiatra.
Il dottor Genovese conclude con i numeri dei giovani in cura: 388 nel 2020, 450 nel 2021.
 
Prende poi la parola Ada Rizzo che parla del suo romanzo «Iris, Ali di vetro».
È la storia di una malattia, il racconto sofferto dei silenzi e delle lacrime, del cibo mangiato e poi vomitato.
La sua attività lavorativa l’ha portata a confrontarsi con questi giovani, dunque ha potuto descriverne stati d’animo e sofferenze.
L’intervento conclusivo è di Martina Wegher, giovane ex malata, che racconta con emozione palpabile la sua esperienza difficile: a partire dai 14 anni, in una società che fa dell’immagine il suo nucleo fondante, Martina comincia a confrontarsi con le altre, e non si sentiva mai bella e brava come loro.
 
Inizia così il suo cammino nel tunnel, i social proponevano modelli irraggiungibili, lei un po’ mangiava (e ingrassava), un po’ rifiutava il cibo (e dimagriva).
Diventa in pratica il simbolo dell’effetto yo yo.
Trova comprensione e aiuto al Centro di Auto Mutuo Aiuto e nella sua famiglia, negli amici più cari.
Ma sa che per guarire deve trovare la voglia in sé stessa. E deve essere capace di chiedere aiuto, senza vergognarsi e senza timori.
Martina è una ragazza forte, è stata aiutata nel modo giusto, e ce l’ha fatta.
Ecco perché il suo racconto chiaro e sincero è stato ascoltato in silenzio religioso e l’applauso conclusivo è stato liberatorio per tutti noi che l’abbiamo ascoltata e ne abbiamo apprezzato il coraggio.
 
Un convegno come questo avrebbe meritato più tempo, chissà quante domande e quante risposte avrebbero ancora una volta messo il dito nella piaga e aiutato chi vive questo dramma.
Buon lavoro, Arca!