Giannantonio Manci: Bolzano, 6 luglio 1944 – Trento, 6 luglio 2015
Manifestazione in ricordo dell’anniversario del sacrificio di Giannantonio Manci, medaglia d’oro per meriti della resistenza
La famiglia del conte Manci vanta nobili antenati: consoli della città e risorgimentali come Gaetano, Sigismondo e Filippo Manci che ha partecipato a tutte le spedizioni garibaldine compresa quella dei Mille.
Manci dopo aver frequentato il Ginnasio a Trento, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si trasferisce con la famiglia a Firenze.
Poi completa gli studi a Milano dove frequenta “La Giovane Italia” società segreta risorta sugli ideali di Mazzini.
Nel 1917 frequenta la scuola militare di Caserta dove esce con il grado di sottotenente.
Nel 1919, con l’amico fraterno Gigino Battisti (figlio del martire) si arruola con i legionari di D’annunzio e partecipa alla marcia su Ronchi e alla presa di Fiume.
Nel 1924, sempre con Gigino Battisti fonda La Sezione Libera Italia dell’Ass. Nazionale Combattenti, vigilata e avversata dal fascismo. Inizia un’intensa attività antifascista e in collaborazione con guide alpine come Tita Piaz e Adamello Collini porta in salvo in Svizzera esponenti politici democratici ricercati dal regime.
Dopo l’8 Settembre 1943 fonda il primo Comitato di Liberazione Nazionale unitario con Ottolini, Pincheri, Disertori, Bacchi e De Unterrichter.
Il 28 giugno 1944 cade nella rete della Gestapo per una delazione di un infiltrato che porterà all’eccidio del gruppo partigiano del Basso Sarca e dei rappresenti del CLN a Rovereto con l’uccisione dell’avv. Bettini, in Valsugana e in Val di Fiemme.
L’arresto come ha ricordato la sorella Viola si è svolto nella villa di Povo.
Manci tenta la fuga ma la casa è circondata dalle SS. Poi, imprigionato nella sede della Gestapo di Bolzano, è sottoposto a durissime torture, durante un ennesimo interrogatorio, per non parlare, riesce a siucidarsi gettandosi dal terzo piano della Caserma.
Lascia tre figlie: Giulia di 5 anni, Anna Maria di 3 e Giovanna di solo un anno.
Finita la guerra, la salma sarà trasportata con il treno al cimitero di Trento.
Le figlie ricordano che a ogni stazione era salutata dal popolo e le campane delle Chiese suonavano a distesa.
A Trento un lungo corteo ha accompagnato la salma dal Castello del Buonconsiglio alla Cattedrale con intermanibili ali di cittadini.
Nell’omelia il vescovo Oreste Rauzi esprime la convinzione che «Manci diede la sua vita con un atto nobilmente morale per una causa di giustizia».
La sorella Viola aveva ricordato: «Avevamo una grande confidenza. Io lo incitavo ad andare avanti, a andare in Svizzera dove c’era Gigino Battisti per proseguire la sua missione, ma lui mi ripeteva: Se vado via da casa, casca tutto!»