«Associazione Castelli del Trentino» – Di Daniela Larentis

Il prof. Gian Maria Varanini il 14 aprile proporrà un excursus critico sulla storiografia e la trattatistica relativa alla presenza di Dante in Trentino – L’intervista

Lo storico Gian Maria Varanini.
 
Il ciclo di eventi culturali organizzati dall’Associazione Castelli del Trentino intitolato «Gli incontri del giovedì», curato dal presidente dell’associazione Bruno Kaisermann e dal vicepresidente Pietro Marsilli, a causa dell’emergenza sanitaria in atto prosegue in modalità online.
Gli interventi di quest’anno si coordinano attorno ad un unico tema: Dante Alighieri, specificatamente nei suoi rapporti con il Trentino.
Gli incontri per il momento non si tengono più il terzo giovedì di ciascun mese nella Sala Spaur di p.zza Erbe a Mezzolombardo, bensì il mercoledì precedente alle 17.00, tramite il collegamento in video-conferenza garantito dall’app «Zoom», grazie anche alla amicale disponibilità dell’Associazione Rosmini di Trento che utilizza la sala virtuale messa a disposizione dalla Fondazione Cassa Risparmio di Trento e Rovereto.
 
Protagonista del prossimo appuntamento online, fissato per mercoledì 14 aprile alle 17.00, il professore Gian Maria Varanini, già professore ordinario di Storia medievale presso le Università di Trento e di Verona, il quale proporrà un excursus critico sulla storiografia e la trattatistica relativa alla presenza di Dante in Trentino.
Segnaliamo il link per accedere alla stanza virtuale, indicato nel sito dell’Associazione.
Si consiglia di collegarsi un quarto d’ora prima e ricordiamo che ci sarà la possibilità di interagire con il relatore tramite questo link.

La registrazione sarà disponibile, sempre sul sito, a pochi giorni dall’evento.
Da oltre trent’anni l’associazione è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, convegni e cicli di conferenze su tematiche storiche e storico-artistiche seguite con attenzione dal pubblico e dalla stampa.
A riprova della stima di cui è circondata, le iniziative godono del patrocinio, fra gli altri, della PAT, dell’Accademia roveretana degli Agiati e della Società di Studi trentini di Scienze storiche e sono riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase.
In anteprima, abbiamo il piacere di rivolgere al professor Gian Maria Varanini alcune domande.
 
Nella conferenza di mercoledì 14 aprile 2021, su quali aspetti focalizzerà maggiormente l’attenzione?
«È significativo che la maggior parte delle lezioni precedenti si sia concentrata sul mito, sugli echi, sulle interpretazioni, sulle strumentalizzazioni: abbia fatto dei discorsi meta-danteschi. È giusto che sia così, perché il Dante storico con il territorio trentino ha abbastanza poco a che fare. Proprio per questo, ho deciso di richiamare alla mente degli ascoltatori quei pochi spunti, e di approfondirli un po’ riferendomi all’esegesi attuale.»
 
Può darci qualche anticipazione in merito a ciò che dirà relativamente ai passi della Divina Commedia nei quali il Sommo poeta accenna al Trentino?
«Non dirò nulla di particolarmente originale, e non mi occuperò solo della Divina Commedia ma anche del De vulgari eloquentia, ove in un celebre passo Dante definisce il dialetto trentino bruttissimo».
 
Può condividere alcuni pensieri sulla «ruina» di Marco di Rovereto di cui parla Dante Alighieri nel Canto XII dell’Inferno?
«Sicuramente dirò qualcosa dei Castelbarco. Prenderò quell’esempio per discutere (come già molti altri studiosi hanno fatto) l’ipotesi secondo la quale la descrizione di quel luogo o di quell’ambiente è così bella, così efficace, così realistica, che Dante non può non essere stato in quel luogo
 
Che cosa emerge, a grandi linee, dagli studi condotti nelle riviste storiche trentine nell'Ottocento e fino agli anni Venti del Novecento?
«Un po’ di filologia (penso per esempio alle ricerche di Giuseppe Gerola su Giuseppe della Scala: Verona è ovviamente importante per i lagarini) e molta ideologia.»
 
Lei conta al suo attivo innumerevoli prestigiose pubblicazioni. Fra queste «Verona e il Concilio Vaticano II. Chiesa e società (2015)».
Il Concilio Vaticano II è l’evento più importante per la Chiesa del Novecento, il timbro di fondo è la riscoperta della Parola di Dio.
In occasione della sua conclusione ai Padri Conciliari fu donata da Paolo VI un’edizione della Divina Commedia: come possiamo leggere questo gesto, che sottolinea il legame fra la Chiesa e Dante, nel contesto sociale della metà degli anni Sessanta?
«La ringrazio di questa domanda, un po’ sorprendente nel contesto, ma che mi piace molto. È vero, mi sono interessato più volte di storia della Chiesa nel Novecento, in riferimento al contesto in cui vivo, cioè la città di Verona; così come mi sono interessato di Dante, pur non essendo né uno storico della chiesa contemporanea, né un dantista.
«Lo spunto da lei colto è validissimo. Diversi papi del XX e XXI secolo intervennero a proposito di Dante, nelle occasioni centenarie: da Benedetto XV nel 1921 a papa Francesco nel 2021, in giorni recentissimi con la lettera apostolica Candor lucis aeternae. Il caso di Montini è però particolare e la coincidenza fra il motu proprio Altissimi cantus (7 dicembre 1965, settimo centenario della nascita di Dante) che si può leggere tramite questo link e la conclusione del Concilio è effettivamente significativa.
«In quella occasione infatti Paolo VI prese anche provvedimenti concreti (come l’istituzione di una cattedra di Studi danteschi all’Università Cattolica) ma ebbe a scrivere esplicitamente (come ha ricordato anche Ravasi sul supplemento del Sole di oggi) che non rincresce ricordare che la voce di Dante si alzò sferzante e severa contro più d’un Pontefice Romano, ed ebbe aspre rampogne per istituzioni ecclesiastiche e per persone che della Chiesa furono ministri e rappresentanti.
«Eppure Dante è nostro, prosegue papa Montini, proprio perché tali fieri suoi atteggiamenti non scossero mai la sua ferma fede cattolica e la sua filiale affezione alla santa Chiesa.
«Uno dei bersagli di Dante è proprio la Curia romana, la puttana sciolta che si guarda attorno in Purg. XXXII 149, pronta a trescare con il suo feroce amante (il re di Francia), a tessere relazioni con i poteri mondani (nel caso specifico).
«E per un ecclesiastico che nella Curia romana aveva vissuto per decenni, come Montini, scrivere quelle parole fu veramente una bella testimonianza della capacità di guardare all’etterno dal tempo (come scrive, appunto, Dante; Par. XXXI), mostrandosi ben consapevole della miseria umana.»
 
Progetti editoriali futuri?
«Ormai sono vecchio, comunque: raccogliere i miei scritti di storia della storiografia; pubblicare una importante fonte della storia scaligera alla quale farò un minimo cenno anche nella conferenza del 14 aprile (un copialettere di cancelleria del 1310 circa, gli anni di Dante….).»

Daniela Larentis – [email protected]