La vergogna del fax della Farnesina che «negò l’immunità» ad Alma Shalabayeva
La vergogna di un provvedimento tardivo che le consente di tornare in Italia adesso che è ai domiciliari in Kazakistan
Alma Shalabayeva è la moglie di Mukhtar Ablyazov, dissidente kazako che ha ottenuto lo status di «rifugiato» dalle autorità della Gran Bretagna.
Ma quando l’ufficio immigrazione della Questura di Roma ha chiesto conferma che la donna (e sua figlia di 6 anni) godesse dell’immunità, la risposta (via fax) è stata negativa.
E così è stata rimpatriata (con una solerzia che ricorda i tempi che la Corte di Cassazione si è data con Berlusconi) senza troppi complimenti.
Visto che è moglie di un rifugiato politico kazako, era evidente che una volta tornata in patria le venisse quantomeno limitata la libertà.
Ma allora come è possibile che un ministero retto da una donna garantista come Emma Bonino abbia commesso una leggerezza del genere?
E come è possibile che il provvedimento sia stato eseguito senza che i vertici dell’Interno ne venissero informati?
La nostra impressione è che qualche struttura riservata del nostro Paese avesse concordato la restituzione di Alma Shalabayeva e figlia. Cosa che è avvenuta, pragmaticamente.
Le domande che ci poniamo sono due.
La prima è che vanno trovati i responsabili della vicenda. Non i ministri, che da tutto ciò ne escono comunque con la brutta figura di non sapere che cosa accada nei loro dicasteri, ma coloro che hanno preso la decisione di portare a termine l’operazione senza confrontarsi con gli organi politici competenti.
La seconda è che il nostro Paese riesce a operare segretamente sul filo della legalità per trasferire persone comode o scomode, mentre non siamo ancora capaci di portare a casa i nostri Marò, il cui caso è ben più lampante di quello di Alma Shalabayeva.