La «mia» Via de la Plata (9ª puntata) – Di Elena Casagrande
In Galizia cammino con altri pellegrini, passando dal monastero di Oseira e dalla città di Ourense, mentre Paolo «allunga» diretto a Finisterre
Il bivio di A Gudiña.
(Puntate precedenti)
Quando in paese c’è la fiesta il giorno dopo il bar è chiuso: è la regola. Per cui partenza da A Gudiña senza caffè, nonostante la lunga fila di ristoranti e bar lungo la strada. In centro, al bivio che ci indica Laza o Verín, decidiamo di prendere la via breve, tra le montagne.
Camminiamo nella nebbiolina bagnata (orballo, in galiziano) ed attraversiamo le minuscole località di Venta Bolaño e Venta Teresa, sino all’Encoro das Portas, un bel bacino artificiale coronato da montagne verdi, che si apre maestoso davanti ai nostri occhi.
L’embalse das Portas.
Sullo stile di Grandma Gatewood con noi c'è anche il tirolese Heinz
Solo a Campobecerros mangiamo qualcosa e facciamo la spesa al bar-alimentari, prima di riprendere per Laza. Sul cammino vediamo tanti horreos, i granai in pietra sopraelevati per conservare i cereali, simili a sarcofagi, che testimoniano la storia rurale di questi posti. Arriviamo nel pomeriggio.
L’albergue è gestito dall’esercito e lì incontriamo Heinz, un pellegrino austriaco partito da Mérida. Cammina con una tanica di sidro da 8 litri, portata da casa.
Ma come ha fatto? Con sé non ha cambi, né il sacco a pelo, ma solo un paio di jeans e la camicia a scacchi tirolese che indossa.
C’è anche John, un olandese che cura meticolosamente i piedi, incerottando, ogni giorno, ogni singolo dito.
Io ho l’orticaria sul torso e sul dorso che brucia molto, tra sudore e sfregamento dello zaino.
Per fortuna in paese c’è la farmacia. «Proprio dopo 800 chilometri doveva venirmi?» – Dico alla dottoressa.
Lei sorride e mi dice: «Tranquila, falta poquito» (Tranquilla, manca poco).
Gli Horreos galiziani per i cereali.
Nel bar di Luis, ad Alberguería, firmiamo e appendiamo la conchiglia
Dopo un po’ di chilometri nel nulla ed una salita da paura, raggiungo Alberguería.
Vediamo un bar, il «Rincón del Peregrino»: all’interno è tappezzato di «vieiras» (conchiglie di San Giacomo), uno spettacolo. Ci accoglie Luis, il proprietario.
«Finché non arriva il pane niente panini, né dolci», – ci dice. Finalmente sentiamo il clacson. E’ la furgoneta (il furgoncino) della panetteria ambulante.
Comperiamo due napolitane al cioccolato. Luis ci fa un bel caffelatte, ci porge una conchiglia da firmare e personalizzare e poi l’appende al soffitto.
Neanche il tempo di goderci il momento che è già tempo di ripartire per Xunqueria de Ambía. La raggiungo stanca, per via dei tratti di rettilineo che, dopo la montagna, mi annoiano.
Alla palestra/albergue trovo Luciana e Giuliano, i pellegrini milanesi di A Gudiña. Programmiamo le prossime tappe, dato che Paolo domani allungherà per tentare di arrivare a piedi a Finisterre.
Vengo «affidata» a questa coppia di pellegrini, più grandi di me, simpatici e interessanti. La sera, con Paolo, assisto ad un concerto d’organo nella Chiesa del paese, poi, al Polideportivo, ci salutiamo.
Le nostre conchiglie appese.
Per molti pellegrini la «Plata» comincia a Ourense
Quando lascio l’albergo dei pellegrini Paolo è già partito. Mi manca, ma ho due nuovi compagni con cui camminare. Dopo il paese di Peñelas è tutta discesa verso Ourense.
Molti iniziano da qui la «Via de la Plata» o - meglio - il «Cammino Mozarabico Sanabrese», dato che mancano i 100 chilometri canonici che danno diritto a ricevere la Compostela.
Visitiamo la città, con le sue fonti termali di acqua calda, il ponte romano sul fiume Miño, la Cattedrale con un portico della gloria dipinto (simile a quello di Santiago de Compostela) e il bel centro storico.
All’albergo dei pellegrini, che è nell’ex Convento di San Francesco, incontro di nuovo Heinz e John, quest’ultimo tutto preoccupato per l’uscita dalla città.
Le fonti termali di Ourense.
A Cea sfornano il pane più buono della regione
Il giorno dopo, con Luciana e Giuliano, scegliamo la via est e, così, arriviamo a Cea – capitale del pane galiziano – molto tranquillamente. Non va così bene a John, che sbaglia e che si trova ad uscire da Ourense su una strada che dire erta è poco.
Oggi è in ansia perché a Donsión non ci saranno alimentari! A Cea, al rifugio, ci sono anche tre amici di Barcellona, che fanno il cammino in bici, ma seguendo i chilometri delle nostre tappe a piedi, per stare più giorni in vacanza. Si stanno cucinando un chilo di ragù.
Io mi faccio una doccia, perché voglio fare una deviazione per visitare il Monastero di Oseira e dicono che lì ci sarà solo un rifugio di fortuna.
I milanesi vengono con me, con una bella pagnotta nello zaino.
Monumento al pan de Cea.
Il commovente incontro con Frate Luis all’Escorial di Galizia
Vedere il monastero, sbucare alla fine di una lunga strada su asfalto tra i boschi, mi commuove. E’ chiamato l’Escorial de Galicia.
Lo visitiamo con Fray Luis, un tempo decoratore e poi professionista della moda a Londra, oggi frate di Oseira.
Parla perfettamente italiano, «per dono dello Spirito Santo», afferma sicuro.
È semplicemente trascinante e tutto è meraviglioso: dalla Chiesa di Santa María la Real, alla Sala del Capitolo (o de las Palmeras, per le colonne a forma di palma), alla scalinata, ai due refettori, ai tre chiostri.
Il Monastero di Oseira.
La magia e il silenzio di queste pietre intagliate
Queste pietre intagliate, nel silenzio, mi parlano di fede e trasudano serenità. Alloggiamo nell’antica hospederia «a sala», con un bellissimo soffitto a botte di pietra, del tutto simile ad una Chiesa.
Ci vengono offerti un giaciglio e l’officio religioso, proprio come ai pellegrini medievali. È molto suggestivo assistere ai vespri con i monaci cistercensi.
Fray Luis mi regala una piccola icona dipinta da lui: il suo regalo per i pellegrini. È un pittore meraviglioso e ha riempito il monastero di quadri.
Mi arriva un sms da Paolo, dove scrive che ci ha ripensato: vorrebbe raggiungerci! Ma non se ne fa niente.
Purtroppo… «cicca» il bivio a Castro Dozón.
I quadri di Frate Luis.
Corsi e ricorsi del cammino: ritrovo Paolo. Manca poco a Santiago
Che nottata! Per me la più bella dormita di tutto il cammino. Con Luciano a Giuliano si cammina molto
piacevolmente.
Mi raccontano dei loro cammini. Ne alternano uno spagnolo con uno francese ogni anno. Nel paesino di A Gouxa una signora ci apre il bar e intanto penso che fra poco saremo a Laxe-Bendoiro, dove ieri ha dormito Paolo.
«Chissà se mi aspetterà.»
I miei compagni ne sono sicuri, io un po’ meno.
«Così, finalmente, potrai farti un bel menù!», – mi dicono, dato che a loro basta una minestrina scaldata in albergue.
All’arrivo, giusto il tempo di lavarmi, uscire dal bagno e… chi mi trovo davanti? Paolo.
Ci abbracciamo forte. Sono davvero felice. Non solo per la cena, ma perché questo è il nostro cammino e in fondo, lo sappiamo, dobbiamo finirlo insieme!
Manca poco a Santiago. E Finisterre… beh…Finisterre può attendere!
Elena Casagrande.
(La decima puntata de «La Via de la Plata» sarà pubblicata mercoledì 1 giugno)
Indicazioni giacobee sul cammino.