Dalla crisi siriana si levano venti di guerra – Di G. de Mozzi

Gli USA stanno valutando un intervento armato per via dell’impiego dal regime di Assad di armi di sterminio di massa

La guerra civile siriana attualmente in corso nel paese mediorientale è un conflitto che vede contrapposte le forze governative e quelle dell'opposizione, riunite nella Coalizione nazionale siriana e che si inserisce nel contesto più ampio della Primavera Araba.
Il conflitto è iniziato il 15 marzo 2011 con dimostrazioni pubbliche, che si è sviluppato in rivolte su scala nazionale, per poi divenire guerra civile vera e propria nel 2012.
Secondo l'ultimo bilancio delle Nazioni Unite 90.000 persone sono state uccise dall'inizio del conflitto.
Le proteste, che hanno assunto connotati violenti sfociando in sanguinosi scontri tra polizia e manifestanti, avevano l'obiettivo di spingere il presidente siriano Bashar al-Assad ad attuare le riforme necessarie a dare un'impronta democratica allo stato.
Secondo il governo invece miravano a creare uno Stato islamico radicale, vista la presenza nel Consiglio nazionale siriano dei Fratelli Musulmani e altri gruppi legati all'Arabia Saudita ed al-Qa'ida.
 
In virtù di una legge del 1963 che impediva le manifestazioni di piazza (solo dopo diverse settimane di scontri formalmente revocata), il regime ha proceduto a sopprimere, anche ricorrendo alla violenza, le dimostrazioni messe in atto dalla popolazione, provocando un numero finora imprecisato di vittime tra i manifestanti e le forze di polizia.
Nella primavera 2011 il governo siriano spiegò le forze armate siriane per reprimere le rivolte. Molte città furono assediate e venne ordinato ai militari di aprire il fuoco sui civili.
I civili e i disertori dell'esercito iniziarono così a formare unità di combattimento e si riunirono nell'esercito siriano libero, combattendo in modo sempre più organizzato. Il governo siriano definisce i rivoltosi un «gruppo terroristico armato».
Secondo varie fonti, incluse le Nazioni Unite, sono state uccise fino a 30.000-37.000 persone, di cui circa metà sono civili, inclusi i combattenti armati di entrambe le parti, tra cui circa 1.900 manifestanti dell'opposizione.
Secondo l'ONU, circa 1,5 milioni di siriani sono sfollati all'interno del paese. Per fuggire alle violenze, decine di migliaia di siriani si sono rifugiati nei vicini Paesi, tra cui la Turchia, la Giordania, il Libano e il Kurdistan iracheno.
 
Le organizzazioni internazionali hanno anche accusato le forze governative e i miliziani di Shabiha di usare i civili come scudi umani, di puntare intenzionalmente le armi su di loro e di adottare la tattica della terra bruciata.
Anche i ribelli anti-governativi sono stati accusati di abusi dei diritti umani, incluse torture, sequestri, detenzioni illecite e esecuzioni di shabiha e soldati.
La Lega Araba, gli Stati Uniti, l'Unione Europea, gli Stati del CCG e altri paesi hanno condannato l'uso di violenze contro i manifestanti.
Russia e Cina hanno più volte posto il veto a risoluzioni Onu che avrebbero condannato le azioni di Assad con sanzioni, obiettando che avrebbero potuto favorire un intervento straniero, ma questo ha anche portato alla nascita degli «Amici della Siria», un gruppo di oltre ottanta nazioni che si riuniscono periodicamente per discutere della crisi.  
La Lega Araba ha sospeso la Siria per la risposta del governo alla crisi e ha inviato nel dicembre 2011 una missione di osservatori, come proposta di una risoluzione pacifica della crisi. 
 
Un ulteriore tentativo di risolvere la crisi è stato intrapreso con la nomina di Kofi Annan come inviato speciale dell'Onu. Il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon aveva ripetutamente ammonito che il conflitto siriano si poteva intensificare in una vera e propria guerra civile.
Il 15 luglio 2012 il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha definito la crisi siriana un «conflitto armato non internazionale», applicando così una legge umanitaria internazionale, sotto le Convenzioni di Ginevra.
La Provincia autonoma di Trento, su richiesta dei gesuiti siriani in contatto con quelli trentini, ha fornito 2.500 pasti caldi al giorno per un certo numero di mesi. Le forze governative siriane, tuttavia, non si sono fatti problemi a bombardare anche le masse di poveri disgraziati che stavano in fila mendicando quei misericordiosi pasti caldi, scambiati per masse di rivoltosi.
Una vergogna che ha richiamato i fatti di sangue addebitati al Bava Beccaris del 1898, quando anche lui fece sparare col cannone sulla folla di poveracci in attesa di una ciotola di minestra.
 
In questo scenario, si è affacciata ora una nuova minaccia, quella dei gas nervini.
Quello che getta una luce sinistra sulla Siria non è tanto l’uso dei gas di sterminio, che si condanna da sé, quanto invece la reazione degli USA, che hanno sempre minacciato un intervento armato nel caso dovessero venire impiegate armi di distruzione di massa.
La Russia e la Cina, da sempre contrarie a qualsiasi operazione militare straniera, nel caso di un intervento fatto in questa logica, si troverebbero costrette a limitare il proprio intervento in una vibrante protesta.
Il fatto che la Siria confini con l’Iraq, rende tutto ancora più sinistro in questo momento di stress internazionale. Il ritiro programmato delle forze Nato dall’Afghanistan potrebbe risultare alla fine un semplice trasloco…
Insomma, ancora una volta si sentono alzare venti di guerra, a fronte di una palese incapacità di trovare soluzioni di pace, solo perché gli orizzonti che si profilano con una guerra sono appetibili per i potentati della terra.
 
Guido de Mozzi