Maria Rosa Cutrufelli e «Il giudice delle donne» – Di Daniela Larentis
La scrittrice ha da poco presentato il romanzo a Trento, nell’incontro organizzato il 7 giugno dalla Commissione provinciale per le Pari Opportunità
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Scrittrice, autrice di radiogrammi per la Rai, Maria Rosa Cutrufelli ha pubblicato vari romanzi, tradotti in francese, inglese, tedesco e portoghese, uno dei quali, «Il giudice delle donne», è stato presentato recentemente a Trento, a Palazzo Trentini, in un incontro organizzato il 7 giugno 2016 dalla Commissione provinciale Pari Opportunità tra donna e uomo, per partecipare alle celebrazioni per il 70° anniversario del suffragio femminile (ricordiamo che nel 1946 il diritto di voto venne esteso anche alle donne).
Sono intervenute Giovanna Covi, docente del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, e Simonetta Fedrizzi, presidente della Commissione, la quale ha sottolineato l’importanza di introdurre nella legge elettorale provinciale azioni positive per riequilibrare la presenza delle donne nei luoghi decisionali della politica.
A impreziosire l’incontro le letture di Maddalena Primo Carrozzini.
Uno dei suoi romanzi, «Complice il dubbio», era stato inserito dalla scrittrice e giornalista Luciana Grillo nel suo saggio intitolato «Costruire Letteratura con mani di donna - Scrittrici italiane del ’900 e oltre» (edito da Curcu e Genovese).
Leggiamo a pag 37: «Una sorta di giallo è il romanzo Complice il dubbio di Maria Rosa Cutrufelli, un romanzo in cui un suicidio rischia di passare per un omicidio e due giovani donne si sentono, benché innocenti, coinvolte. Sembrano piuttosto indipendenti, all’inizio non parlano di famiglia, di affetti: l’una – Anna – è un medico, separata dal marito, l’altra – Marta – è una studentessa; le loro vite si incontrano per una strana circostanza e per entrambe il rapporto casuale che nasce diventa un reciproco aiuto, un sostegno, una curiosa attrazione […]».
L’ultimo romanzo della Cutrufelli parla sempre di donne ed è intitolato «Il giudice delle donne» (Edizioni Frassinelli).
Narra una storia tanto sorprendente quanto singolare, un fatto storico realmente accaduto che l’autrice ha saputo romanzare in maniera straordinaria e commovente.
L’idea le è venuta in occasione di una vacanza, quando si accorse dell’esistenza di una targa, affissa sul muro del municipio di Senigallia, che commemorava le «prime elettrici d’Italia»: dieci maestre, le quali a inizio secolo (era il 1906), nelle Marche, chiesero per prime il diritto al voto, ottenendolo, anche se solo per un anno.
Le dieci coraggiose donne, dopo una lunga battaglia, conquistarono l’iscrizione alle liste elettorali e fu un giudice di Ancona, Lodovico Mortara, presidente della Corte di Appello, a dover prendere la decisione.
Un episodio epocale, anche se poco conosciuto, che ha segnato l’inizio della nostra «modernità», come è stato evidenziato durante la presentazione, e che testimonia quanto sia importante battersi per i propri sogni, per i propri ideali.
Come ha sottolineato l’autrice «i romanzi nascono dalle emozioni» e non possiamo che essere d’accordo con lei. Questo è sicuramente un libro che emoziona, ogni donna dovrebbe avere la curiosità di leggerlo.
Abbiamo incontrato Maria Rosa Cutrufelli e, sapendo che lei è da sempre attenta ai problemi della condizione femminile, le abbiamo posto un paio di domande riguardo alla vecchiaia delle donne.
Lei è da sempre attenta ai problemi della condizione femminile: parliamo di vecchiaia. Nella letteratura e nel cinema l’età anziana della donna diventa una delle fasi della vita, pensiamo alla «vecchia indegna» del racconto di Bertolt Brecht del 1948.
Secondo lei, la prospettiva assunta dalla letteratura e dal cinema sulla vecchiaia come momento in cui vi è l’abbandono dei precedenti ruoli sociali e l’assunzione di nuove modalità dell’essere è assunta anche da un media quale la televisione?
«Non mi sembra proprio. Mi sembra che su questo la nostra televisione sia molto indietro. Telefilm, programmi, serie con figure femminili lontane dagli stereotipi in voga pare siano ancora pochi. La vecchiaia delle donne mi sembra ancora un tabù, un vero e proprio tabù.»
Quello che, in generale, si evince guardando proprio la televisione è che se esiste una frontiera di genere che segna la differenza tra gli uomini e le donne non più giovani, questa è senz’altro il corpo.
L’immaginario che viene presentato intorno alle donne mature o anziane tende a farle scomparire uniformando i loro volti dietro una pretesa di eterna giovinezza: lei è d’accordo?
«Certo. C’è l’obbligo dell’eterna bellezza e le donne sono spinte a uniformarsi a questo modello, all’ideale di eterna bellezza. Questo è un vero peccato, perché è una maniera di negare quella che è una stagione della vita.
«Gli uomini anziani hanno charme, mentre la donna anziana è quasi invisibile, in qualche modo. Esistono pochi ruoli, specie in televisione, per donne di una certa età; quando le attrici invecchiano o non lavorano o devono mostrarsi giovani, questo svilisce la bellezza della vita stessa.
«Ogni stagione ha il suo fascino, la sua immagine, e, quindi, una donna vecchia non per questo è una donna brutta o insignificante: no, è ciò che è stata, come diceva la Magnani».
Daniela Larentis – [email protected]