I giornalisti trentini verso l’informazione che verrà

L’assemblea dei Giornalisti si è riunita ed è stato fatto il punto della situazione: dopo la crisi i giornali non sarano più gli stessi, ma i giornalisti sì

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Sabato c’è stata l’assemblea annuale dei giornalisti del Trentino Alto Adige, il cui presidente Fabrizio Franchi ha letto la relazione che dipinge la situazione della stampa nella nostra regione.
Dal punto di vista occupazionale, il comparto è sempre in crisi. I giornali cartacei, che rappresentano l’ossatura dell’informazione, perdono ogni anno qualche lettore, mentre la pubblicità è caduta verticalmente.
Come i nostri lettori sanno, perché ne parliamo spesso, alla fine di questa crisi nulla sarà più come prima, perché se la pubblicità recupererà in parallelo all’economia, le vendite difficilmene potranno tornare ai livelli pre crisi. Purtroppo le abitudini di lettura sono difficili da modificare.
Il dato nazionale, come dice il Presidente, dimostra che l’interesse per l’informazione è e rimane ai massimi livelli: il 90% dei cittadini vuole sapere. Purtroppo però, pochi sanno distinguere l’autorevolezza di un mezzo di comunicazione da  un altro. Le notizie che corrono nella rete, ad esempio, hanno tutt’altra credibilità e autorevolezza a seconda che vengano da un social network o da un giornale.

Il presidente Fabrizio Franchi.

Come abbiamo scritto qualche giorno fa riportando un estratto del rapporto del Censis (vedi), il 71% degli italiani naviga su internet, l’85,7% dei giovani under 30 usa lo smartphone, il 36,6% il tablet.
La tv è ancora la regina dei media, prosegue l’analisi, ma sul web si cercano informazioni socializzando. Il 50,3% dell’intera popolazione (sic!) è iscritto a Facebook (il 77,4% degli under 30), il 42% di utenti apre YouTube (il 72,5% degli U30) e il 10.1% usa Twitter.
Ed è qui che si deve fare formazione per aiutare i giovani a distinguere le notizie dalla bufale. E' qui che devono entrare in gioco i giornalisti. Come sappiamo, il sistema fa formazione da solo, purché ci sia il modello da seguire.
 
Noi, che produciamo un giornale online, troviamo migliaia di commenti assurdi apposti agli articoli che rimbalziamo su Facebook, mentre quelli che arrivano in redazione dimostrano che la gente apprezza la verità, le spiegazioni e la moderazione del linguaggio.
Quest’ultimo è stato un tema affrontato dal presidente Franchi, che ha lamentato il giornalismo sensazionalistico. Un difetto che noi non abbiamo ma che i lettori trovano su altre testate.
Vale la pena ricordare un fatto che risale a quando il nostro giornale compì 8 anni di vita. Le autorità ci inviarono i loro complimenti, apprezzando il nostro rispetto per la gente, la voglia di spiegare la natura delle cose che accadono, l’amore per la nostra Autonomia speciale, ma soprattutto la moderazione con cui ci esprimiamo. Quest’ultim complimento ci fu fatto proprio dal comandante provinciale dei carabinieri. Noi lo apprezzammo particolarmente, perché sappiamo che il sensazionalismo fa vedere di più e quindi ci costa essere corretti. Non è un’ipotesi: lo dicono i dati di lettura rilevati articolo per articolo.
Noi resistiamo alla tentazione, perché comunque l’aumento di lettori è costante indipendentemente da tutto. E poi, come abbiamo detto più volte, i termini e il clamore va tenuto da parte per quando ci sarà davvero necessario usarlo.
 

Il presidente dell'Ordine con il direttore dell'Alto Adige e due decani del giornalismo trentino.

Il problema dell’autorevolezza sta anche (e forse più) nella portante della pubblicità. «La pubblicità non va demonizzata», scrive Franchi sulla sua relazione. Il singolare è che c’era bisogno di dirlo…
Mai come in questo periodo i giornalisti hanno capito quanto il loro posto di lavoro si legato alla pubblicità, Eppure ci fu un tempo in cui i quotidiani locali sparavano a zero contro l’ente pubblico che spendeva troppo in pubblicità, «una spesa inutile».
Senza pubblicità, i giornali cartacei devono ridurre la pagine o scrivere di più. E soprattutto devono ridurre le collaborazioni per ridurre i costi.
Per capirlo c’è voluta la crisi, quella giusta.
L'Adigetto.it vive di pubblicità. Per ottenerla dobbiamo dimostrare di avere qualche bel numero in più, non tanto dei giornali cartacei, quanto dei social network, che - come abbiamo visto - raggiungono quasi l'intera popolazione in rete.
E anche in questo caso riferiamo come la pubblicità viva di credibilità esattamente quanto le notizie. La pubblicità ha bisogno di essere creduta, da sempre. L’inserzionista che si avvale di un quotidiano online è tutt’altra cosa rispetto a chi si accoda a un blog. Prima di fare pubblicità, infatti, il nostro lettore ci deve leggere. Deve capire che siamo seri.
Come accadeva un tempo con il cartaceo, più il giornale online è credibile e più ottiene pubblicità.
   
Quanto alla libertà di un giornale che vive di pubblicità, lasciatecelo dire, non c’è alcun legame tra mercato e libertà di stampa.
Forse qualcuno pensa che la pubblicità che ci dà la Provincia autonoma di Trento ci obblighi a scrivere una cosa piuttosto che un’altra. Bene, non è così. Primo, non abbiamo mai (mai) ricevuto pressioni di sorta; secondo i nostri ricavi provenienti dall’ente pubblico sono inferiori a quello che un giornalista in forza all’Ufficio stampa prende in un mese.
Certo a volte fa comodo sparare contro l’Ente Pubblico per vendere di più, ma come abbiamo detto, noi non cerchiamo il clamore, quanto piuttosto spiegare perché è stata presa una delibera, quali sono le conseguenze, quale il contesto, quali gli effetti.
Senza citare irriverentemente il sistema socratico della maieutica, con la chiarezza si aiuta il lettore a trovare da solo la verità.
 
L’Ordine dei Giornalisti ha il compito principale di garantire la correttezza professionale delle notizie che pubblicano. L'Ordine tutela i lettori che sfogliano un giornale iscritto in tribunale, non coloro che frequentano un social.
E l’Ordine ha sospeso anche quest’anno qualche collega che è andato alla ricerca del clamore a tutti i costi, superando le «regole di ingaggio», diremmo anche noi in termini militari.
In quattro sono stati sospesi per questi motivi. Ovviamente non facciamo nomi, ma qualcuno è andato ben più in là del divieto di pubblicare il nome o la foto di un minorenne.
In proposito in assemblea c’è stato un breve dibattito sull’opportunità o meno di pubblicare qualcosa di più puntuale sui minorenni.
«I minorenni sono tali per definizione anagrafica!» Ha precisato Alberto Folgheraiter. Non c’è interesse giornalistico che possa superare questo concetto.
Noi lo condividiamo in pieno, anche se anticipiamo che se un giorno dovessimo fotografare (o ricevere la foto) di un terrorista minorenne che uccide un essere umano con il kalashnikov, la pubblicheremmo. Punto.
 

Guido de Mozzi riceve dal Presidente dell'ordine la medaglietta dei 40 anni di iscrizione.

 
È stato riportato anche un episodio sconcertante accaduto di recente a Pergine.
In una conferenza stampa organizzata da un uomo politico, un collega si è sentito dire di non essere gradito e di andarsene dalla sala.
Il collega, educatamente, se ne è andato.
Purtroppo noi non c’eravamo e nessuno si è adoperato per far sì che tutti i giornalisti in sala se ne andassero.
Il punto è che il collega può anche essere antipatico, può pensarla diversamente, può appartenere alla più spietata concorrenza, ma in questi casi ci si deve battere affinché tutti vengano trattati alla stessa maniera.
Il principio di libertà di stampa è noto a tutti (meno che al politico in questione): «Non condivido nulla di quello che scrivi, ma mi batterò al tuo fianco affinché tu possa continuare a farlo».  

Nel corso della seduta sono stati anche premiati i giornalisti iscritti all’ordine da 40 anni. Tra questi c’è anche il sottoscritto.
«Eppure, – come ho detto al presidente che mi ha consegnato la medaglietta d’oro – sembra ieri che ho cominciato a scrivere…»
In sala, oltre ai giornalisti anziani, a ricevere attestati c’erano anche le matricole. Quelli appena entrati a far parte dell’Ordine dei giornalisti, tra i quali anche dei nostri collaboratori.
La conclusione di questo articolo la dedichiamo a essi.
Se avranno anche loro le soddisfazioni che noi abbiamo avuto in questi quarant’anni, sappiano che li aspetta una vita felice. La conoscenza e la libertà sono un patrimonio che nessuno potrà mai portarti via.
 
Guido de Mozzi