«La semplicità ingannata»: satira per attrice e pupazze sul lusso d'esser donne

Lunedì 25 e martedì 26 marzo il palcoscenico del Teatro «Cuminetti» ospiterà la produzione della Compagnia di Marta Cuscunà e di Centrale FIES

Il calendario della rassegna «Tendenze Prosa», che affianca la Stagione 2012/2013 del Cento S. Chiara arricchendola di una particolare attenzione alla drammaturgia contemporanea, propone per lunedì 25 e martedì 26 marzo il quinto dei sei spettacoli in cartellone.
Sul palcoscenico del Teatro «Cuminetti» di Trento sarà Marta Cuscunà con ««La semplicità ingannata», uno spettacolo di cui l'attrice friulana è anche autrice del testo e regista.
 
Prendendo spunto dalle opere letterarie di Arcangela Tarabotti, filosofa e scrittrice del '600, e dalla vicenda delle Clarisse di Udine, lo spettacolo costituisce la seconda tappa di un progetto teatrale sulle Resistenze femminili in Italia ed è liberamente ispirato al saggio di Giovanna Paolin Lo spazio del silenzio – Monacazioni forzate, clausura e proposte di vita religiosa femminile in Italia nell'età moderna.
Fu durante la lotta di Liberazione che le giovani partigiane ebbero un'intuizione molto importante: considerare la donna una risorsa fondamentale per la società.
 
Questa intuizione, che anticipava la nascita di un vero e proprio movimento femminista, aveva in realtà radici profonde.
Poco si sa, ad esempio, di alcuni importanti tentativi di emancipazione femminile ormai dimenticati, avvenuti in Italia già nel Cinquecento.
«Con questo nuovo progetto teatrale – spiega Marta Cuscunà – ho voluto dare voce alle testimonianze di alcune giovani donne che, in quel periodo, lottarono contro le convenzioni sociali, rivendicando libertà di pensiero e di critica nei confronti dei dogmi della cultura maschile; e soprattutto libertà di inventare un modello femminile alternativo a quello che da sempre gli uomini appiccicavano addosso all'altra metà dell'umanità.»
 
Nel Cinquecento, avere una figlia femmina era un problema: agli occhi del padre era una parte del patrimonio economico che andava in fumo al momento del matrimonio.
E se una figlia bella e sana poteva essere accasata con una dote modesta, una figlia meno «appetibile» comportava esborsi assai più salati.
 
Fu così che quando, in un momento di crisi economica, il «mercato» matrimoniale subì un crollo, alla continua inflazione delle doti si dovette porre rimedio trovando una soluzione alternativa: la monacazione forzata.
Contro questa violenza perpetrata dal potere maschile nei confronti di queste giovani donne, le monache Clarisse di Udine attuarono una forma di resistenza davvero unica nel suo genere.
 
Trasformarono il convento udinese in uno spazio di contestazione, di libertà di pensiero e di dissacrazione dei dogmi religiosi con un fervore culturale impensabile per l'universo femminile dell'epoca.
Anche se l'Inquisizione cercò con forza di ristabilire il controllo sul convento e su quella comunità femminile, le Clarisse riuscirono a resistere per anni creando, dentro il convento di Santa Chiara, un'alternativa sorprendente per una società in cui le donne erano escluse da ogni aspetto politico, economico e sociale della vita.
 
«La semplicità ingannata – scrive Marta Cuscunà – racconta da quali semi è nata la rivendicazione delle donne nel Cinquecento, nel tentativo di ridare slancio a una rivoluzione di cui non sentiamo più il bisogno, e forse non per un caso fortuito, ma per una precisa strategia che, anche se con modalità apparentemente diverse, ci schiaccia ancora sotto lo strapotere maschile.»
 
«Questo spettacolo – argomenta Cuscunà nelle note di regia – implica l'elaborazione di una storia da una prospettiva prevalentemente storica e documentaristica a una visione più artistica e contemporanea, disposta a varcare i confini del conosciuto, del filologico, del politicamente corretto. La semplicità ingannata non è un documentario, ma un progetto artistico dove il teatro è anche la possibilità di tradire il dato certo o quantomeno di considerare il dato certo come un punto di partenza, un trampolino per un racconto che abbia come soggetto principale la società e le donne e gli uomini che la compongono.» 
 
«La scrittura del testo si è rivelata un parto faticoso – aggiunge la Cuscunà – anche per il continuo presentarsi del grande interrogativo: fino a che punto è lecito elaborare i dati senza che questa operazione si trasformi in un mero tradimento della verità storica? In questo progetto ho cercato di elaborare alcuni lati della vicenda realmente accaduta con analogie che li rendessero più contemporanei e vicini a noi spettatori del ventunesimo secolo. 
«Per questo ho cercato di fare in modo che concetti come eresia, dote assumessero anche significati altri, più ampi di quelli letterali e che la «monaca forzata» diventasse simbolo non esclusivo della condizione femminile nel suo complesso. Una condizione che ha ancora bisogno di riscatto. La semplicità ingannata parla del destino collettivo di generazioni di donne e della possibilità di farsi «coro» per cambiarlo.» 
 
Lo spettacolo, co-prodotto da Centrale Fies e Operaestate Festival Veneto è stato allestito da Marta Cuscunà, che ne è anche l'interprete, avvalendosi della collaborazione di Claudio «Poldo» Parrino (disegno delle luci); Alessandro Sdrigotti (disegno del suono); Elisabetta Ferrandino (scene); Antonella Guglielmi (costumi).