Mario Furlan, felicità al tempo del Coronavirus – Di Daniela Larentis
Il saggio «Felici per sempre» scritto dal fondatore dei City Angels, noto formatore e docente universitario, insegna a superare le difficoltà della vita – L’intervista
Mario Furlan, fondatore dei City Angels.
«Felici per sempre - come affrontare le difficoltà della vita e vivere sereni, qualunque cosa accada» (2019), Ed. Cairo, è un libro scritto da Mario Furlan, fondatore dei City Angels, noto formatore e docente universitario di Motivazione e crescita personale, autore peraltro di numerosi saggi fra i quali ricordiamo: «Vivere da angeli - La vita secondo il fondatore dei City Angels» (2010), Ed. Metamorfosi; «Tu puoi! - Come superare gli ostacoli, vincere le sfide e vivere al massimo» (2013), Ed. Franco Angeli; «Risveglia il campione in te! Come utilizzare al meglio cervello, corpo ed emozioni per ottenere il massimo sul lavoro, nello studio, nella salute, in società» (2015), Ed. Franco Angeli.
Fra i libri sulla difesa personale scritti da Mario Furlan ricordiamo: «Donne. Basta paura» (2009), ed. Sperling & Kupfer; «Basta paura! - Manuale di autodifesa psicofisica per non essere vittime sulla strada e nella vita» (2015), Ed. Franco Angeli, dedicato alla difesa personale non solo femminile, ma rivolta a tutti (è il libro base dell’autodifesa istintiva o Wilding, creata dal fondatore dei City Angels e insegnata da lui e dai suoi coach in varie città).
Stiamo vivendo un po’ tutti un momento di grande vulnerabilità emotiva, causata dalla preoccupazione per un futuro che si prospetta incerto, angosciati per la limitazione della libertà personale e per le misure restrittive adottate dal Governo al fine di fronteggiare l’emergenza Coronavirus, decisioni che hanno e che avranno delle ricadute sulla vita di ognuno di noi, non solo di natura economica.
Si pensi alle distanze di sicurezza che dovremo adottare una volta usciti dalle mura domestiche, alle implicazioni del distanziamento sociale nel lungo termine.
Come verrà modificato il nostro modo di relazionarci, come cambierà la nostra vita sociale? Come potremo superare questa situazione di forte disagio senza venirne sopraffatti?
In un mondo individualista come il nostro si corre il pericolo di sprofondare in un solipsismo esasperato, dimenticandosi degli altri, dei soggetti più deboli, diffidando del prossimo considerandolo un nemico e vivendo nella costante paura del contagio.
Mario Furlan è un formatore esperto e conta al suo attivo una grande esperienza nell’ambito delle relazioni umane, lo abbiamo contattato telefonicamente porgendogli alcune domande.
Il libro intitolato «Felici per sempre» è frutto delle sue ricerche e della sua esperienza personale come coach, formatore e docente universitario di Motivazione e crescita personale. Quali sono i principali aspetti su cui viene focalizzata l’attenzione?
«L’attenzione è focalizzata principalmente sul fatto che la felicità è una scelta. Nei ventisei anni di attività nei City Angels ho conosciuto tante persone in difficoltà, migliaia di emarginati, diseredati, senza tetto, molti sono persone infelici, anche disperate perché soffrono per la situazione che vivono quotidianamente, qualcuno di loro riesce comunque ad essere sereno nonostante tutto, c’è anche qualcuno che conduce questo tipo di vita per scelta.
«Allo stesso modo durante le sedute di coaching, mi capita di relazionarmi con per persone anche facoltose, gente molto ricca che sta quindi molto bene economicamente, alcuni di questi si ritengono felici, altri non lo sono per nulla nonostante abbiano tutto, la villa con piscina, una bella auto ecc. Quindi ho capito che la felicità non dipende da quello che si ha in banca ma dipende da quello che si ha nella testa e nel cuore. È sbagliato pensare io sarò felice quando, io sarò felice se, ponendo quindi delle condizioni, uno può essere felice in qualunque momento se sceglie di esserlo. La felicità è una scelta.»
Ciascuno ha più o meno in mente una certa idea della felicità, è un concetto polisemico che ha a ogni modo a che vedere con la sfera non solo materiale ma spirituale. Come la possiamo intendere volendo definirla?
«La felicità ha molto a che vedere con l’essere grati per quello che si ha. Il suo elemento principale è secondo me un senso di gratitudine. Per sentirsi felici occorre coltivarlo, si può dire grazie al Padre Eterno oppure alla Natura per quello che già si possiede, non dandolo per scontato.
«Oltre alla gratitudine c’è un altro importante elemento che concorre al raggiungimento della felicità, il sentire che si sta dando un senso alla propria esistenza, che si sta facendo ciò per cui si è nati. Ciascuno di noi credo che sia a questo mondo per un motivo.
«Ciascuno di noi ha un percorso da compiere e una missione da svolgere. Tutti abbiamo dei talenti, ognuno in campi diversi. Sentire che stai valorizzando i tuoi talenti, che stai dispiegando le tue potenzialità ti rende felice. Ti senti soddisfatto. Ti senti appagato.
«La felicità è anche questo, il dispiegamento delle proprie potenzialità, se tu vivi una vita di quieta disperazione, una vita in cui non provi soddisfazioni, fai cose che non ti piacciono, senti che non ti stai esprimendo, stai vivendo una vita infelice.»
Come si può non lasciarsi abbattere dalle difficoltà al tempo del Coronavirus? Avrebbe qualche piccolo consiglio da dare a tutti noi?
«Noi tendiamo, come esseri umani, a estremizzare e assolutizzare, cioè a pensare che le cose non torneranno mai più come prima. Quando le cose vanno bene si ha spesso la tendenza a pensare che sarà sempre così.
«Allo stesso modo, quando vanno male succede l’esatto contrario, si pensa che sia finita, che le cose non potranno che peggiorare, invece non è vero, poi si riesce a rialzarsi.
«Bisogna capire quindi che la vita dei singoli e la vita delle nazioni, dell’umanità, non ha un andamento lineare, ci sono momenti positivi e momenti negativi che si alternano; abbiamo avuto nel secolo scorso la Belle Epoque all’inizio del secolo, in cui sembrava che le sorti dell’umanità sarebbero state sempre più positive; poi è arrivata la prima guerra mondiale, è sopraggiunta l’epidemia della spagnola, che è stata ben peggio di quella corrente, con milioni di morti, c’è stato il fascismo, il nazismo e lo stalinismo, il crollo di Wall Street, la seconda guerra mondiale, la Shoah, le bombe atomiche, tragedie immense; dopo è arrivato il periodo del dopoguerra, le ricostruzioni, il miracolo economico, periodi positivi, poi gli anni Settanta, gli Anni di piombo, ma anche gli anni Ottanta del benessere economico; poi con il crollo del muro di Berlino sembrava che ci fosse un'espansione della democrazia, della libertà e anche del benessere del mondo, adesso è un periodo diverso in cui sembra che sia in atto una regressione e un aumento della povertà, c’è l’emergenza ambientale climatica, insomma questo momento effettivamente è molto complicato, non soltanto per il Coronavirus ma per tanti altri fattori.
«Ma se noi consideriamo le cose in prospettiva vediamo che non è l’unico momento della storia così difficile, la storia umana non è mai sempre in salita o sempre in discesa, è a colline, è un sali e scendi continuo; questo è un momento di difesa ma poi ci sarà una nuova risalita.
«Ho avuto occasione di parlare con esperti economici, loro dicono che nel breve periodo la borsa scenderà, ma poi il trend economico nel lungo periodo riprenderà a salire»
Nel volume «Vivere da angeli» lei parla fra l’altro dei tre pilastri della salute: la genetica, lo stile di vita e l’umore. Quanto può incidere il buonumore sul nostro stato di salute?
«Secondo gli ultimi studi incide forse ancora di più rispetto alla genetica e allo stile di vita, perché è vero che se sei nato con DNA forte questo ti aiuta, è vero che se tu hai uno stile di vita sano questo ti favorisce, ma tu puoi mangiare le cose più sane e biologiche di questa terra, andare a letto sempre alla stessa ora, fare sport ecc. ma se dentro di te, nel tuo cuore, hai un’angoscia che ti corrode non puoi mantenerti sano.
«Io sconsiglio fermamente di vivere in modo malsano, di fumare, di mangiare male, ma paradossalmente credo che possa vivere meglio una persona che fa tutte queste cose sbagliate ma che dentro di sé è serena, è felice e si gode la vita, che una persona che fa tutto perfettamente ma che ha il cuore corroso dall’angoscia, dalla rabbia, dal rancore.»
La paura è un’emozione forte che può rivelarsi utile. In «Risveglia il campione in te!» analizza due tipi di paure. Quella distruttiva e quella costruttiva. Come possiamo trasformare la paura del virus in qualcosa di costruttivo?
«Ci sono due tipi di paura o di stress. Quella distruttiva, distress, e quella costruttiva, eustress. Quella positiva ti aiuta a evitare i pericoli e quindi è utile.
«Faccio un esempio banale: mentre stai camminando per strada noti una buca, hai paura di caderci dentro e la eviti. La paura serve per tutelarci dai pericoli.
«La paura distruttiva, invece, non è riferita a un evento particolare ma riguarda la globalità della nostra vita. Le persone che vivono questo tipo di paura hanno timore di tutto, vedono minacce e pericoli ovunque. La paura del Coronavirus, secondo me, se non diventa un’angoscia che impedisce di vivere serenamente, è una paura sana perché chi la prova tenderà a lavarsi più spesso le mani, andrà in giro con la mascherina, rispetterà le regole restando a casa, manterrà la distanza sociale; la persona che non teme il Coronavirus corre il rischio di essere pericoloso per sé e per gli altri, assumendo comportamenti non corretti. Se tu pensi di non farcela, di morire, se ti convinci che moriranno i tuoi cari e poi che ci sarà la recessione, che perderai tutti i tuoi soldi ecc. provi una paura distruttiva che non ti aiuta a proteggerti, a salvarti.
«Quindi, in conclusione, possiamo dire che se la paura è qualcosa che serve a proteggerti da una reale minaccia è positiva, se la paura invece non serve a proteggerti da un pericolo ma è qualcosa che ti tormenta costantemente, ti sveglia di notte, diventa un chiodo fisso è una paura distruttiva, logorante.»
C’è un modo per scacciarla?
«Io credo che la saggezza orientale sia sempre utile. C’è un detto orientale che recita così: hai un problema che puoi risolvere? Bene, se lo puoi risolvere perché ti preoccupi? Hai un problema che non puoi risolvere? Bene, allora perché ti preoccupi? Accettalo!
«Quindi si fa tutto quello che si è in grado di fare e poi ci si affida al destino, ci si mette nelle mani di Dio. Le persone che credono, di qualunque religione si tratti, sono persone che riescono ad affrontare meglio le prove della vita, perché sentono che accanto a loro, sopra di loro, c’è una entità soprannaturale, una forza superiore che li protegge, non si sentono sole. Non serve necessariamente credere in una religione, ma anche credere nella natura, credere che ci sia una forza universale che ti aiuta.
«Ci rendiamo conto, soprattutto in un tempo come quello dell’attuale pandemia, di quanto noi esseri umani siamo piccoli e fragili, un minuscolo virus ha mandato all’aria tutte le nostre certezze: non sappiamo quando ripartiremo, di quanto ci impoveriremo, viviamo in un mondo di totale incertezza ora come ora.
«Penso che ci aspettino altre prove del genere, pensiamo per esempio ai cambiamenti climatici in atto: quando le città in pianura e sulle coste incominceranno negli anni a venire a essere invase dall’acqua allora si scatenerà nuovamente la paura.»
Lei in Risveglia il campione che c’è in te parla anche del linguaggio non verbale e della prossemica. Le distanze di sicurezza imposte dall’emergenza cambieranno a suo avviso anche il modo di relazionarsi?
«Sicuramente sì, il distanziamento sociale cambierà le relazioni, soprattutto se questa necessità di mantenere le distanze proseguirà nel tempo.
«Finché si tratta di un paio di mesi non in maniera significativa, ma se dovesse perdurare più a lungo cambierà il nostro carattere, il nostro modo di relazionarci, di percepire noi e gli altri, in quanto l’essere umano ha bisogno di avere contatto fisico con gli altri esseri umani: puoi salutare qualcuno stando a distanza ma non si crea lo stesso tipo di rapporto che si creerebbe dandosi la mano o dandosi il braccio o un bacio sulla guancia.
«Alla distanza fisica a lungo andare potrebbe corrispondere anche la distanza psicologica.»
Lei è il fondatore dell’associazione di volontariato City Angels. Come è nata, chi sono i «City Angels» e come intervengono?
«Ho fondato i City Angels nel lontano 1994 con l’idea di dare vita a un’associazione particolare, diversa dalle altre. La nostra è l’unica associazione di volontari di strada di emergenza che sulla strada opera a 360 gradi. Aiutiamo anzitutto i senzatetto, li aiutiamo sulla strada in centri di accoglienza.
«Ma non facciamo solo quello. Noi siamo pronti ad aiutare chiunque ne abbia bisogno, dalla vecchietta con la borsa della spesa al turista che chiede informazioni, prestiamo soccorso all’animale ferito, abbandonato e maltrattato, aiutiamo la ragazza che chiede di essere scortata a casa perché teme di fare brutti incontri ecc.
«Siamo l’unica associazione di volontari che fanno anche un’attività di prevenzione e contrasto alla criminalità in collaborazione con le forze dell’ordine. Sono previsti corsi di formazione al termine dei quali c’è un esame, chi lo supera può entrare nei City Angels. Chiunque lo può fare una volta formato, basta che sposi i nostri valori.
«Chiaramente deve essere una persona con il carattere giusto, io credo che il carattere sia il nostro destino, ovvero che il destino derivi dal nostro carattere. Del resto è molto difficile cambiarlo, magari si possono smussare gli angoli ma sostanzialmente resta quello.
«Noi fondamentalmente cerchiamo persone che abbiano un buon carattere, persone buone d’animo. Il volontario deve avere determinati requisiti, deve essere una persona che crede nei nostri valori ma che abbia anche il carattere giusto perché deve saper gestire le criticità. In questi giorni per esempio le forze dell’ordine ci chiedono la nostra collaborazione per controllare la presenza di eventuali assembramenti.»
In quante città siete operativi?
«Siamo operativi in 21 città italiane e due svizzere. In Italia a Milano, Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Monza, Varese, Busto Arsizio, Gallarate, Torino, Novara, Parma, Albenga, Savona, Roma, Campomarino, Lecce, Cagliari, Palermo; in Svizzera a Lugano e a Chiasso.»
Come stanno vivendo i senzatetto e gli emarginati l’emergenza Coronavirus?
«La stanno vivendo male, molti centri di assistenza sono chiusi e quindi c’è meno assistenza per loro, meno mense aperte, meno docce, sto parlando a livello globale italiano. Stanno soffrendo perché le mense dei poveri chiudono per il divieto di assembramenti, al massimo viene dato loro un sacchetto con del cibo; ci sono meno volontari che li aiutano sulla strada, i volontari hanno loro stessi paura di ammalarsi, i senzatetto che sono nei centri devono rimanerci, alcuni di loro vorrebbero andare in giro a chiedere l’elemosina, ma non lo possono fare. Noi siamo pienamente operativi, fra l’altro portiamo anche la spesa e i farmaci a domicilio ecc.»
Questa emergenza potrebbe in qualche modo provocare uno stigma sociale e innescare atti discriminatori nei confronti delle persone più emarginate e quindi più a rischio, a suo avviso?
«Non lo sto notando per fortuna, non mi pare ora come ora che la gente abbia paura dei senzatetto considerandoli degli untori, piuttosto noto l’esistenza di due atteggiamenti opposti.
«La situazione richiede di mantenere la distanza di sicurezza, di andare in giro con la mascherina, stare a casa, e questo va bene: da una parte però c’è una piccola porzione della popolazione che se non rispetta le regole, che non ha paura del virus, che assume degli atteggiamenti poco responsabili; dall’altra c’è una fascia della popolazione, secondo me più ampia della precedente, che ha una paura eccessiva, c’è gente paranoica che vede pericoli dappertutto.
«Faccio un esempio; a me è capitato di sentire mentre stavo andando alla messa dei Francescani qui a Milano, passando sotto a un balcone (indossavo sopra la felpa dei City Angels un giaccone anonimo), una signora pronunciare epiteti poco edificanti, poi appena mi sono presentato si è scusata.
«Quello che voglio dire è che ho il sospetto che questa pandemia ci possa peggiorare, facendo emergere il lato più aggressivo di noi. Io vorrei che ci migliorasse, che ci rendesse persone più consapevoli, che facesse emergere lo spirito comunitario, invece temo che possa prevalere, come già sta accadendo in politica, uno spirito di fazione.
«Succederà che ci impoveriremo, perché ci sarà la recessione, e quando le persone stanno male, sono preoccupate, sono angosciate, diventano più cattive, non diventano più buone. Vedono nell’altro il nemico, cercano il capro espiatorio e questo è pericoloso.»
A cosa sta lavorando?
«In questo momento sto puntando a far crescere i City Angels, ad aprire nuove sedi in altre città italiane»
Ha in programma di aprire una sede anche a Trento?
«Mi piacerebbe molto, approfitto per lanciare un appello alle persone di buona volontà, per aprire una sede in una nuova città occorre trovare un nuovo leader. Chi volesse sposare la causa ritenendo di possedere capacità di leadership per fare nascere una sezione ci può scrivere all’indirizzo email: [email protected].»
Daniela Larentis – [email protected]