Associazione Castelli del Trentino – Di Daniela Larentis

Alessandro Paris giovedì 16 gennaio 2020 parlerà di ospitalità a Trento in età moderna. L’intervista

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Prosegue il seguitissimo ciclo di serate predisposte dall’Associazione Castelli del Trentino denominato «Incontri del giovedì», organizzato dal presidente dell’associazione Bruno Kaisermann e dal vicepresidente, il giornalista, storico e critico d’arte Pietro Marsilli.
Il primo appuntamento del nuovo anno è fissato per giovedì 16 gennaio 2020 alle 20.30, come sempre a Mezzolombardo nella prestigiosa Sala Spaur di p.zza Erbe.
 
Protagonista dell’incontro sarà Alessandro Paris, ricercatore presso la Fondazione Bruno Kessler, il quale parlerà di ospitalità a Trento in età moderna.
È lui ad anticipare che nel periodo considerato la città era caratterizzata da una mobilità rilevante. Nei suoi spazi urbani ospitava una coesa comunità tedesca, motore delle attività artigianali e monopolista dell’ospitalità alberghiera, le osterie costituivano i luoghi privilegiati dell’ospitalità cittadina.
 
Ricordiamo che da oltre trent’anni l’Associazione Castelli del Trentino è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, convegni e cicli di conferenze su tematiche storiche e storico-artistiche che vengono seguiti con attenzione dal pubblico e dalla stampa.
Ricordiamo che le iniziative proposte godono del patrocinio, fra gli altri, della PAT, dell’Accademia roveretana degli Agiati e della Società di Studi trentini di Scienze storiche e sono riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase.
 
Alessandro Paris conta al suo attivo una laurea triennale in Scienze Storiche (110 e lode) con tesi su Cristoforo Madruzzo (2003), premio «G. Onestinghel» della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche (2006);una laurea specialistica in Storia della Civiltà Europea (110 e lode) su poteri aristocratici e questione religiosa nel principato vescovile trentino di metà Cinquecento (2007), premio «C. Demattè» della Banca di Trento e Bolzano (2008); borsista presso l’Università degli Studi di Trento, Facoltà di Sociologia, Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, dottorato di ricerca in Studi Storici con un progetto sulla storia della crisi religiosa e dei poteri d’inquisizione nel principato vescovile di Trento di XVI e XVII secolo (2007-2010); premio miglior tesi specialistica della Facoltà di Lettere e Filosofia per l’anno accademico 2006/2007 (Università degli Studi di Trento, 2009); dal 2018 è ricercatore presso la Fondazione Bruno Kessler; è fra l’altro autore di una gran serie di studi e saggi scientifici, interventi a convegni e contributi in volumi miscellanei.

Abbiamo avuto il piacere di porgergli alcune domande.
 

Jacopo da Ponte detto Bassano (1510 ca-1592), Cena in Emmaus.

Su quali aspetti verrà maggiormente focalizzata l’attenzione durante l’incontro di giovedì 16 gennaio?
«La serata sarà dedicata ai temi della mobilità nella città di Trento in età moderna. La mobilità degli individui in ambito urbano è ormai da tempo un ambito di ricerca frequentato anche dagli storici dell’età moderna.
«Chi si spostava da una località all’altra, indipendentemente dalla lunghezza del tragitto che compiva, dall’estrazione sociale e dalla cultura, dai motivi professionali dei suoi spostamenti, dalla lunghezza e periodicità delle emigrazioni, doveva far fronte anche in antico regime all’esigenza di trovare accoglienza e stabilire in loco nuove relazioni per garantirsi l’accesso alle risorse economiche.»
 
Quali sono i tratti che caratterizzavano l’ospitalità a Trento in età moderna?
«Nel corso del Cinquecento la popolazione di Trento all’incirca raddoppia, giungendo a sfiorare gli 8.000 abitanti, sulla spinta dell’ospitalità prolungata del Concilio tra 1545 e 1563, ma grazie anche ad agevolazioni fiscali comunali, destinate ad attrarre manodopera specializzata e nuovi investimenti.
«Le osterie di Trento per l’intera età moderna sono di proprietà o date in gestione a esponenti della comunità immigrata di lingua tedesca. Sono concentrate nel quartiere di S. Pietro, in particolare lungo via Suffragio, conosciuta allora come la Contrada delle osterie tedesche perché caratterizzata dalla presenza di una decina di insegne (a fronte di sole tre o quattro nei rimanenti tre quartieri).»
 
Quali erano le funzioni delle osterie?
«Le osterie, tanto quelle cittadine quanto quelle poste lungo le vie di comunicazione, forniscono sia vitto che alloggio, costituiscono luoghi di incontro e di discussione per mercanti, diplomatici e pellegrini, rappresentano spazi economici di concessione di prestiti e di mercato per i venditori ambulanti, ospitano contrattazioni politiche e sanciscono accordi matrimoniali.
«Si tratta di spazi pubblici e caratterizzati da una spiccata multimedialità: qui infatti individui e merci sostano, transitano, vengono scambiate o vendute, e in tali spazi si mescolano oralità e scrittura, musiche e immagini. Gli stessi osti svolgono un importante ruolo di intermediazione: diffondono le scritture ufficiali (i bandi erano affissi anche all’interno degli esercizi), ma raccolgono al contempo le voci più disparate circolanti in città.
«Le osterie offrono infine un’esperienza di vita collettiva, dato che offrono nella maggior parte dei casi spazi comuni sia per mangiare che per dormire.
«Tuttavia, anche nella città di Trento esistevano verosimilmente altre tipologie di ricettività alberghiera, come quella costituita dagli affittacamere, rivolta tanto a forestieri in transito o quanto ad arrivi straordinari come in età conciliare.»
 
Chi erano principalmente i forestieri che arrivavano in città?
«La più consistente comunità di immigrati presente nella città di Trento tra medioevo e età moderna – come hanno dimostrato da tempo gli studi di Serena Luzzi – è quella costituita da individui di lingua tedesca, proveniente in particolare dai territori meridionali dell’Impero asburgico (Tirolo, Vorarlberg, Carinzia, Baviera e Svevia), tanto da realtà rurali, quanto da città sovrappopolate come Augusta e Norimberga.
«Sin dal XIII secolo, la comunità tedesca introduce a Trento le corporazioni di mestiere, accede alla rappresentanza politica, dispone di chierici di madrelingua nella chiesa di S. Pietro.
«Tra Quattrocento e Cinquecento sono altresì documentati molti forestieri in transito o in cerca di nuova urbanizzazione provenienti dagli stati dell'Italia settentrionale, dai territori governati dalla Repubblica di Venezia e dalle valli lombarde.»
 
Quali erano i cibi e le bevande tipiche proposte?
«Alcuni viaggiatori ci hanno lasciato interessanti annotazioni di cibi e bevande servite nelle osterie della città del Concilio. La legislazione cittadina prescriveva agli osti di poter vendere solo vino proveniente dal distretto urbano, mentre il pane era fornito esclusivamente da forni autorizzati dal podestà.
«A proposito di cibo, Michel de Montaigne, nel suo Viaggio in Italia alla fine del Cinquecento, parla per l'area trentina e cittadina di arrosti e di selvaggina, di frutta, di olive e di pesce di lago, di lumache e di tartufi.
«Riguardo il bere, invece, pare che a Trento si trovasse, oltre al vino, anche una buona birra, come testimonia qualche viaggiatore dell’Europa settentrionale.»
 
Che ruolo ricoprivano gli osti?
«Anche a Trento gli osti svolgono funzioni molteplici, oltre a quelle connesse alla gestione e alla manutenzione dei loro esercizi. In taluni casi hanno l'incarico di ufficiali postali, col divieto di nascondere o aprire le lettere in viaggio.
«Hanno soprattutto il compito di verificare la registrazione presso l’ufficio del podestà degli stranieri presenti in città e il pagamento da parte loro della bolletta, la tassa urbana di soggiorno.
«Devono infine limitare giochi d’azzardo, schiamazzi e intemperanze notturne all’esterno delle loro insegne e incorrono in multe salate se trovati a servire cibo a banditi e forestieri non registrati, nonché a cittadini non autorizzati a trattenersi in osteria oltre la mezzanotte.»
 
Lei è autore di una gran serie di studi e saggi scientifici. A cosa sta lavorando attualmente? Progetti futuri?
«Continuo a indagare la storia moderna del principato vescovile di Trento, con particolare attenzione a temi di storia urbana, agli spazi della mobilità e dell’ospitalità.
«In questi giorni sono via di pubblicazione un mio contributo sui bandi cittadini che disciplinano forestieri e osterie e un altro sulla diffusione della Riforma a Trento nel corso del Cinquecento.
«Nel corso del 2020 su questi temi curerò ulteriori pubblicazioni.»
 
Daniela Larentis – [email protected]