Una preghiera per la Siria, e per i Siriani di buona volontà
Tragedia e speranza nell'incontro con Padre Paolo Dall'Oglio a Pergine, dove il Trentino dà il benvenuto al fondatore del monastero di Mar Musa in Siria
Un gremito teatro don Bosco a Pergine dà il benvenuto in Trentino a Padre Paolo Dall'Oglio, gesuita, fondatore del monastero di Deir Mar Musa in Siria (foto sopra). Sul palco, insieme al missionario, anche Lia Beltrami,
autrice del libro «Sulle vie della speranza, Giuseppe e Miriam ieri e oggi», e Mamadou Sow presidente dell’associazione La Savana.
Una serata davvero speciale con tante persone differenti e diverse storie che si intrecciano.
Il padre gesuita parte dalle pagine di «Sulle vie della speranza, Giuseppe e Miriam ieri e oggi» di Lia Beltrami, libro che a suo dire «non si direbbe scritto da una donna impegnata in politica», e assessore dell'urgenza.
Padre Paolo, fondatore di Mar Musa (convento interreligioso in Siria), definisce il libro della Beltrami come un film spirituale «giocato sul livello autobiografico dell’autrice e sul racconto biblico della parabola di Miriam e Giuseppe».
Un libro che ha il pregio di fotografare la terra d’Israele al tempo di Gesù.
«Un libro – continua Padre Paolo – che lotta contro il negazionismo, una brutta bestia uguale a quella di chi nega la tragedia della Siria.»
Padre Paolo descrive l’opera con grande intimità e sensibilità e ripercorre le tre figure che ne sono protagoniste: un cristiano, una donna ebrea e un musulmano.
Proprio quest’ultimo è seduto vicino al Padre cristiano, che ne ricorda la storia drammatica: la fuga nel deserto del Sahara, le prigioni della Libia, il naufragio nel Mediterraneo, un’integrazione difficile in un nord freddo e chiuso e infine l’incontro con Lia e da allora il volontariato, i viaggi in Senegal come portatore di speranza.
Dopo le poche parole su Mamadou il ricordo di Padre Paolo (foto di fianco) è per un altro amico seduto in Sala «un eroe del bisturi, innamorato degli uomini» come lo definisce, il dott. Carlo Spagnolli, missionario trentino nel lontano Zimbabwe.
Prima di passare la parola all’autrice, il vulcanico padre gesuita intona un canto accompagnato dalle percussioni di Mamadou, e tra Medio Oriente e Africa che si intrecciano nella musica e nella voce una preghiera di pace per i tanti fratelli che ancora chiedono pace e giustizia.
Lia Giovanazzi Beltrami ricorda l’esperienza, appena conclusa, dei 40 ragazzi dell’orchestra Fuori Tempo e del Teatro Portland in Terra Santa. I ragazzi hanno vissuto in un kibbutz per quattro giorni con ragazzi arabi, israeliani, cristiani e drusi, portando in scena due spettacoli uno nel nord della Galilea e l’altro a Gerusalemme.
Gli spettacoli sono stati un successo
«Ma è stata proprio la convivenza sperimentata dai ragazzi, pronti più all’ascolto che al confronto, il vero successo dell’iniziativa.»
È proprio a partire da queste esperienze quotidiane di dialogo che Lia Beltrami trae l’ispirazione e la forza per scrivere e raccontare agli altri gli incontri speciali che hanno riempito di significato la sua vita.
Gli fa eco Mamadou che sottolinea come un uomo che emigra in cerca di Dio è il vero vincente non quello che lo fa per soldi o per il potere.
«L’incontro con Dio nella prigione della Libia ha trasformato il Mamadou violento nel Mamadou buono, che rispetta la gente, non dice bugie e si impegna per il prossimo. Gli incontri speciali hanno cambiato anche me, prima il fedele copto nella prigione, poi Lia che mi ha conosciuto quando ancora facevo l’ambulante e ha creduto in me, dimostrando di avere un cuore grande che non differenzia i colori, l’incontro con lei mi ha fatto il Mamadou che tutti conoscete oggi.»
Dal libro e dalle vie della speranza alla tragedia siriana e all’epopea di Padre Paolo.
Da trent’anni in Siria, è un uomo di dialogo innamorato profondamente dell’Islam.
Un padre cristiano che, nonostante il permesso di soggiorno bloccato e le persecuzioni, resta in Siria e parla di conciliazione, come sta scritto sulla t-shirt grigia che porta sotto la giacca.
Solo tragedia o anche finestre di speranza?
«Trovo speranza nei giovani siriani che si sono levati pagando con la violenza e con la vita. Indottrinati fino dall’infanzia e obbligati a mettere Assad al posto di Dio, torturati finche dichiarano che è il loro signore. Ho visto questi giovani che con accuratezza si ascoltano e si esercitano alla democrazia. Sono giovani speranze nate dal sangue dei loro compagni di scuola uccisi per la strada.»
Dalla speranza dei giovani all’importanza del viaggio di benedetto XVI in Libano e del sinodo dei vescovi del Medio Oriente dove, a pochi mesi dalle rivoluzioni che avrebbero infiammato il nord Africa e il mondo arabo, si sottolineava come le minoranze cristiane volessero essere protagoniste della vita dei loro paesi e da qui la preghiera per la Siria.
«Bisogna vivere insieme, per proteggersi gli uni con gli altri. Non bisogna avere paura gli uni degli altri, ma avere paura gli uni per gli altri.»
Con gli interventi dal pubblico il dibattito si fa molto animato. Padre Paolo affronta la questione della Siria sia a livello geopolitico, riflettendo sui rapporti con Russia e Iran sia a livello religioso, rispolverando una società plurale e tollerante. Non ha alcuna speranza che il governo di Assad possa fare quella transizione democratica auspicata 17 mesi fa all’inizio delle violenze, ma è convinto che il mondo occidentale poteva e può fare di più per evitare che la Siria finisca in un bagno di sangue che è costato la vita fino ad ora a quasi 18.000 persone.
Sulla stessa linea anche l’imam Breigheche, della comunità islamica di Trento, che riporta tutta la tristezza del popolo siriano che non si vuol abituare alle centinaia di morti, ma che è anche rassegnato all’immobilismo delle potenze occidentali: «il mondo potrebbe fare qualcosa, non siamo a favore di un intervento drastico, ma qualcosa di più l’occidente poteva fare. Riporto l’amarezza dei miei fratelli siriani e la convinzione che ci libereremo da soli.»
Dopo più di due ore di incontro, con un pubblico di un centinaio di persone incollato ancora alle sedie del teatro tira le fila Lia Beltrami che ribadisce l’impegno concreto del trentino e della Provincia per aiutare la Siria in questo momento difficile.
«La settimana scorsa abbiamo incontrato il commissario di Croce Rossa Internazionale per sostenere un campo profughi in territorio siriano, e continuiamo a diffondere le informazioni sulla Siria e a portare la testimonianza di Padre Paolo in Trentino: sarà domani pomeriggio a rovereto e in serata a Bolzano.»
Sottolineando il passato della Siria come luogo di convivenza e scambio tra le grandi religioni ribadisce la sua «preghiera dal profondo del cuore che la Siria ritrovi la giustizia, la libertà e la pace».