Aldo Pancheri, ultima mostra in Giappone – Di Daniela Larentis

L’artista ha chiuso in bellezza un anno ricco di soddisfazioni, il 2019 sarà un anno altrettanto impegnativo su più fronti – L’intervista

Aldo Pancheri, Cieli senza scala - 2017 - Pastelli, acrilici e timbri su tela.

Aldo Pancheri, affermato artista trentino di adozione milanese, sempre molto attivo e apprezzato sia in Italia che all’estero, ha chiuso in bellezza un anno ricco di soddisfazioni, esponendo alcune sue opere nel Paese del Sol levante, nella città di Osaka (è visitabile fino al prossimo 10 gennaio).
Dagli anni Cinquanta ad oggi conta al suo attivo numerosissime e prestigiose mostre; ne ricordiamo una fra le tante, quella tenutasi a Milano presso il Palazzo della Permanente nel 1990, dal titolo «Gino, Aldo, Renato Pancheri. Una casa di pittori».
 
Nipote del noto pittore Gino, morto nel 1943 a seguito dell’esplosione causata dallo scoppio di una bomba nel quartiere della Portela a Trento, e figlio di Renato, altro stimato artista del panorama trentino vissuto fino all’età di 98 anni, Aldo Pancheri ha respirato l’arte fin da bambino.
Una mostra dedicata al padre è stata in tempi recenti allestita nelle splendide sale del Grand Hotel Trento e un’altra, in occasione del decimo anno della sua scomparsa (Renato Pancheri è morto nel 2009) è in previsione a Trento, in uno dei bellissimi palazzi storici della città.
Aldo Pancheri è l’ideatore dell’Arte timbrica, una nuova forma espressiva che rende l’utilizzo del timbro un elemento centrale dell’esecuzione dell’opera.
Abbiamo avuto il piacere di porgergli a riguardo alcune domande.
 

Aldo Pancheri, A ferro e fuoco - 2017 - Pastelli, acrilici e timbri su tela.
 
Un pensiero sull’Arte timbrica: in un mondo globale e multiculturale come il nostro che valore può essere attribuito a questa forma espressiva che vede vari artisti «uniti nella diversità»?
«Come Lei sa meglio di me il motto dell’Europa è per l’appunto Unità nella diversità. In un mondo globalizzato e multiculturale come il nostro la diversità è determinata dal fatto che ogni artista inventa un proprio timbro, per cui può dialogare con gli altri ma rimanere se stesso.
«Come sappiamo l’uso dei timbri risale a più di dieci mila anni fa, in questo caso però ogni artista potrebbe fare del proprio segno un copyright, magari usandolo poi in modo diverso come ha fatto l’inventore della pittura emblematica, ovvero Giuseppe Capogrossi.»
 
Che cosa rappresenta per lei l’azione di apporre un timbro sull’opera finita?
«Il timbro viene apposto quando l’opera è solo apparentemente finita: si aggiunge poi una diversa dimensione, il fattore segnico modifica l’opera stessa e quindi possono essere aggiunti altri colori e pennellate, tutto quanto l’artista ritiene espressivo in rapporto al tema.
«Nella nostra epoca in effetti è l’artista che deve dichiarare finita l’opera in quanto, in rapporto a tutta l’arte dei secoli precedenti, escluse naturalmente l’arte moderna e contemporanea, l’osservatore capiva se l’opera era conclusa o meno.»
 
Nel 2018 ha partecipato a diverse mostre sia nazionali che internazionali. Ne ha già in agenda per il 2019?
«La prima apparizione in pubblico dovrebbe essere a Matera nel 2019 a cura di Artiservice, dove la stessa organizzazione assocerebbe il mio nome a quello di Luciana Matalon, scultrice e promotrice culturale di adozione milanese.
«Nello stesso anno dovrebbero essere esposte le mie opere di Arte timbrica in un palazzo storico di Trento anche con le opere di mio padre, che non riguardano per nulla l’Arte timbrica, quale omaggio alla sua attività artistica a dieci anni esatti dalla sua scomparsa.»
 

Aldo Pancheri, Il silenzio chiama - 2017 - Pastelli, acrilici e timbri su tela.
 
Nello Spazio Arte dell’Istituto Italiano di Cultura ad Osaka lei è stato invitato ad esporre alcune sue opere. Di che mostra si tratta?
«Si tratta della prima esposizione a livello internazionale di Arte timbrica che aveva avuto inizio nel 2014 con la partecipazione di dodici artisti alla Biblioteca Civica G. Tartarotti e Archivi Storici Rovereto.
«Fra gli stessi vorrei ricordare Sergio Dangelo, Lome( Lorenzo Menguzzato), Silvio Cattani, Paolo Tomio, Rudolf Haas e Walter Valentini e l’artista giapponese Shuhei Matsuyama.
«Quest’esposizione ad Osaka è basata fondamentalmente su un trittico che avevo creato per l’esposizione collettiva Guerre o Pace che si era svolta in Palazzo Trentini, sede della Presidenza del Consiglio della Provincia Autonoma di Trento, con la collaborazione del Centro d’Arte La Fonte di Caldonazzo.
«L’esposizione è tutt’ora in corso e si conclude il 10 gennaio 2019.»
 
Quali opere ha esposto?
«Le opere sono fra di loro collegate visivamente e anche psicologicamente da un’armonia di contrasti. Cieli senza scala e Il silenzio chiama sono basate su una tonalità fondamentalmente azzurra e come sappiamo l’azzurro è il colore della lontananza.
«In un certo qual modo si possono intendere anche come qualcosa che riflette il sogno in cui tutte le variazioni colorate danno un senso di armonia e di pace.
«A queste due si contrappone A ferro e a fuoco che suggerisce non più un sogno ma l’incubo della guerra. La tonalità scura di base è lacerata da colori rossi e tonalità violacee.
«Delle esplosioni color fuoco e della pasta acrilica bianca danno il senso di una frantumazione esasperata. I timbri che, come negli altri due dipinti, partecipano al tessuto dell’opera evidenziano ancora maggiormente la diversa atmosfera psicologica. Queste tre opere sono quindi anche esempio di un nuovo stilema Arte timbrica».
 
Ritornerà in Giappone con i suoi quadri?
«Mi auguro proprio di sì in quanto Artiservice è proiettata essenzialmente sulla proposta di opere di arte contemporanea in rapporto alla Cina, Corea e Giappone.»
 
Daniela Larentis – [email protected]