Ugo Zannoni, «LA MANO CHE CREA» – Di Daniela Larentis

La mostra è visitabile alla Galleria d’Arte Moderna Achille Forti di Verona fino a gennaio – Intervista di approfondimento alla storica dell’arte Elisabetta G. Rizzioli

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Dallo scorso 26 giugno, a Verona è in corso alla Galleria d’Arte Moderna Achille Forti (Palazzo della Ragione) un’interessante mostra dal titolo «LA MANO CHE CREA|La galleria pubblica di Ugo Zannoni (1836-1919) scultore, collezionista e mecenate», a cura di Francesca Rossi.
Quella che i Civici Musei di Verona propongono fino a tutto gennaio 2021 è un omaggio a uno dei maggiori scultori dell’Ottocento veronese, un artista che visse una lunga carriera all’insegna di relazioni artistiche tra Verona, Milano e Venezia, animata dall’impegno civile a favore della cultura e dei musei cittadini.
Zannoni è famoso soprattutto come autore del monumento a Dante Alighieri in piazza dei Signori, un’opera eseguita nel 1865 in occasione del sesto centenario della nascita del Poeta.
 
Non tutti sanno che lo scultore – attivo tra i seguaci dello stile realista di Vincenzo Vela (Mendrisio, 1820-1891) – si distinse anche come collezionista e mecenate dei musei cittadini, contribuendo, accanto ad Achille Forti e ad altri illustri personaggi veronesi, alla formazione e all’ordinamento delle collezioni civiche e a creare le premesse per l’istituzione della Galleria d’Arte Moderna a Verona.
La mostra è impreziosita da un esaustivo catalogo curato da Francesca Rossi, il primo studio approfondito sulle vicende della collezione personale che l’artista Ugo Zannoni raccolse e donò al Museo Civico veronese; grazie a lui il museo entrò in possesso di un corpus rilevante di opere di importanti autori, fra cui «S’avanza» di Angelo Morbelli, uno dei capolavori assoluti dell’arte di fine secolo.
Troviamo particolarmente interessante la comparazione fra alcune opere esposte di Ugo Zannoni, la «Leggitrice» di Pietro Magni e la «Fanciulla intenta a scrivere» di Giovanni Spertini, elaborata dalla storica dell’arte Elisabetta G. Rizzioli, alla quale rivolgiamo alcune domande di approfondimento.
 

Fig. 1 - Ugo Zannoni, Studio e lavoro.
 
La fama di Ugo Zannoni è legata a diverse opere fra cui la celebre statua di Dante Alighieri che si trova al centro di piazza dei Signori. Potrebbe fare qualche altro esempio di sculture conosciute e meno conosciute realizzate dall’artista, da lei giudicate di particolare interesse?
«Fra il 1905 e il 1918 Zannoni dona ai Musei Civici veronesi la sua cospicua collezione di opere d’arte (le proprie opere autografe e la sua raccolta), contribuendo così a gettare le basi per la costituzione di una Galleria d’Arte Moderna cittadina; grazie al suo impegno civile e culturale, testimoniato dalla donazione, agli inizi del Novecento il Museo Civico rivolge dunque la propria attenzione all’arte allora contemporanea; in ordine ad una sistematica campagna di ricognizione le circa 200 opere donate sono state e sono tuttora (si pensi ai gessi restaurati e restaurandi) oggetto di ricerche, interventi conservativi, documentazione fotografica e schedatura.
«La collezione un tempo privata annovera artisti che Zannoni frequenta e altri animatori di ricerche scultoree e pittoriche significative del secondo Ottocento, fra realismo, umori risorgimentali e nuove poetiche della luce, quali Domenico Induno, Mosè Bianchi, Filippo Carcano, Leonardo Bazzaro, Julius Lange, Luigi Nono, Angelo Morbelli; fra i veronesi - ove in ordine ai soggetti rappresentati spiccano i generi figurativi del paesaggio e del ritratto, - Angelo Dall’Oca Bianca, Francesco Danieli e il cugino dello scultore, Giuseppe Zannoni.
«Emerge testimonianza esemplare e tutta di particolare interesse in ordine al mondo del collezionismo d’arte ottocentesco, con la rievocazione dell’atelier dello scultore e la riproposizione dell’ordinamento della prima esposizione civica d’arte moderna nelle cosiddette Sale Zannoni (ove sono riuniti 83 esemplari della sua collezione), allestita in tre sezioni nel Museo Civico a Palazzo Pompei dal 1908 al 1938 (con opere di Ugo e Giuseppe Zannoni, e di artisti veronesi e forestieri).»
 

Fig. 2 - Ugo Zannoni, Il futuro artista.
 
Lei ha fatto un’interessante comparazione fra alcune opere esposte di Ugo Zannoni, la «Leggitrice» di Pietro Magni e la «Fanciulla intenta a scrivere» dell’allievo Giovanni Spertini. Cosa ha evidenziato nella sua disamina?
«In ordine alla sua produzione scultorea sia monumentale che di soggetti di genere appaiono evidenti i rapporti con altri interpreti che parimenti partecipano alle grandi esposizioni nazionali ed internazionali quali Vincenzo Vela (1820-1891), Pietro Magni (1817-1877) ma anche Giovanni Spertini (1821-1895) e Pietro Bernasconi (1826-1912).
«Di mano di Zannoni si considerino ad esempio alcune opere donate ai Musei Civici nel 1905 come Studio e lavoro (marmo, cm 102,5 x 40,5 x 48, 1872, inv. 6045-4C792), che ritrae una bambina su uno sgabello intenta a leggere un libro posato sul ginocchio mentre cuce [fig. 1], Il futuro artista” (marmo, cm 106 x 46 x 45, 1885, inv. 6043-4C790) [fig. 2], che raffigura un bambino seduto su un tronco nell'atto di scolpite una testa di cane su di un bastone, mentre un cagnolino è accucciato ai suoi piedi, o i due Busti femminili rispettivamente con scialle (marmo, cm 60,5 x 30,5 x 24,5, 1876, inv. 23226-4C1624) [figg. 3] e con velo (marmo, cm 60,5 x 34 x 33, c. 1875-1885, inv. 23227-4C1625) [fig. 4], ritraenti rispettivamente una giovane donna con uno scialle (o un velo ricamato) che copre il capo e le spalle. In ordine a qualche associazione e tangenza stilistica si comparino per confronto con la Leggitrice (marmo, cm 111 x 62 x 81, 1864 [terza variante], inv. 442, depositato dalla Pinacoteca di Brera nel 1902) di Pietro Magni e con la Fanciulla intenta a scrivere (marmo, cm 122 x 60 x 80, firmato e datato sulla base a destra «SPERTINI FECE / 1866», inv. 512, ostenso a Brera nel 1872 ed entrato nella Galleria nel 1902 come deposito della Pinacoteca di Brera) dell’allievo Giovanni Spertini, esposte nella Villa Reale di Milano sede della Galleria d’Arte Moderna (GAM) [figg. 5; 6], entrambi fra i principali esponenti della Scuola di Milano - assieme a Magni, Vela, Strazza e Barzaghi - che predilige temi tratti dalla vita domestica borghese con prevalenza di soggetti infantili e femminili che permettono di trattare in modo naturalistico abiti, carni e ambienti e che richiedono la partecipazione emotiva dello spettatore, nonché intesa a rompere con le regole del classicismo in ordine ad un prossimo pittoricismo di superficie, dato da dettagli e chiaroscuri.»
 

Fig. 3 - Ugo Zannoni, Busto femminile con scialle.
 
«Un’altra versione autografa della Leggitrice (marmo, 1864) è conservata al Museo Bottacin [fig. 7], al secondo piano di Palazzo Zuckermann a Padova - acquisita dal commerciante Nicola Bottacin a Trieste per la propria collezione che annovera anche alcune opere di Ugo Zannoni -, replica cui si affianca a pendant per volere dello stesso committente nel 1873 la Disegnatrice [fig. 8], risalente agli inizi degli anni Sessanta; secondo la descrizione che Magni invia a Bottacin, ha l’aspetto di una giovane studentessa d’Accademia: «La statua della disegnatrice è seduta; di seta vestita, tiene nella sinistra appoggiato un album dove con la destra, impugnando la matita e con il volto diretto alla cosa o alla persona che deve copiare, cerca di incidere su quel foglio di carta la vivente impressione della natura». La grazia patetica della statua in lettura cede, a dire di Roberta Parise (2004) nell’altra in disegno a un linguaggio più manierato, nel forse troppo accurato dettaglio dell’ampia scollatura sottolineata dalle trine, nella fissità dei lineamenti e nel ’eccessiva simmetria della capigliatura quasi irreale (e ripresa da una figura tombale di Lorenzo Bartolini). Quanto ancora alla Fanciulla intenta a scrivere, si tratta di una scultura che segna - come informa Carmelo Calci nel Dizionario Biografico degli Italiani vol. XCIII (2018), s.v.; si veda dello stesso Dal gesso al marmo. Giovanni Spertini, scultore e patriota, Dunp, Roma 2016; ma anche L. CARAMEL, C. PIROVANO, Galleria d’Arte Moderna. Opere dell’Ottocento. N-Z, Electa, Milano 1975, p. 675, n. 2342 e tav. 2348 - una tappa fondamentale nel suo percorso artistico che gli ascrive molta notorietà.»
 

Fig. 4 - Ugo Zannoni, Busto femminile con velo.
 
«L’opera viene destinata all’Esposizione Universale di Parigi del 1867 e ammessa dalla commissione fra le sculture più rappresentative; Spertini tuttavia ne sospende l’invio per il repentino mutamento del clima politico in Francia nei confronti dell’associazionismo operaio che si manifesta quando il primo Congresso cooperativo, convocato a Parigi in concomitanza dell’Esposizione, viene prima concesso e poi proibito paventando possibili disordini. La scultura è comunque presentata a Brera, a Firenze, ove è una delle opere più ammirate, a Milano all’Esposizione Permanente di Belle Arti, e nel 1869 ridenominata La fidanzata italiana alla Prima Mostra Internazionale di Monaco di Baviera. Riproposta a Brera nel 1872 per la seconda Esposizione Nazionale, viene acquistata dal Ministero della Pubblica Istruzione ed ostensa alla GAM [fig. 6]; nel 1878 all’Esposizione Universale di Parigi viene presentata una replica (forse quella firmata e datata sul pavimento «Gio. Spertini f. / 1874»), mentre un esemplare in gesso del 1867 è conservato ai Musei Civici di Pavia.
«Nella Fanciulla intenta a scrivere la lavorazione del pavimento, la decorazione del tavolino, l’elegante sgabello e il leggero pizzo dell’abito servono a sottolineare la diversa estrazione sociale della fanciulla raffigurata, una borghese; la giovane scrive una lettera, forse all’amante, a cui potrebbero corrispondere le iniziali «V V» ricamate sul fazzoletto di seta che stringe fra le mani. Attraverso i concetti di realismo, riproduzione e multiplo pare dunque di spostarsi dalle qualità senza tempo del classicismo ideale ad un nuovo impegno con il mondo contemporaneo.»
 

Fig. 5 - Pietro Magni, La leggitrice (GAM).
 
Quando venne consacrato l’impegno di Magni nel campo della scultura monumentale?
«L'ambito in cui Magni primeggia è sicuramente la scultura d'ispirazione intimista e di genere, anche se il suo impegno nel campo della scultura monumentale è consacrato nel 1858 con la vittoria al concorso per l’esecuzione del Monumento a Leonardo da Vinci in piazza della Scala a Milano, inaugurato nel 1872. L’artista milanese manifesta doti di «espressività semplice e veridica» anche in altre opere di destinazione pubblica, come il duplice Monumento a Enrico Mylius e Antonio Kramer del 1860, i busti di Gioacchino Rossini alla Scala e di Luigi Sabatelli nel palazzo di Brera, e la statua di Camillo Cavour nella Galleria Vittorio Emanuele a Milano, o ancora il busto del mecenate Pasquale Revoltella, che acquistava anche il ritratto del tenore Carlo Negrini.»
 

Fig. 6 - Giovanni Spertini, La fanciullla intenta a scrivere (GAM).
 
A proposito della «Leggitrice», potrebbe ricordare brevemente le principali vicissitudini legate all’opera e alle repliche che furono in seguito realizzate?
«Della Leggitrice - risposta alla Preghiera del mattino (marmo, 1846) di Vincenzo Vela che attraverso quest’opera prende le distanze dall’idealizzazione allegorica classica per un maggiore coinvolgimento del pubblico al cospetto di un atto quotidiano carico di risonanze sentimentali - esistono (almeno) altre due repliche con alcuni particolari diversi, l’una conservata alla National Gallery di Washington che presenta al collo un medaglione-ritratto rappresentante Garibaldi, a cui l’autore si avvicina nel periodo di studi a romani, sposando l'ideale di un'Italia unita (la versione padovana, più patetica, contiene l'incisione, sulle pagine del tomo di pietra, del brano manzoniano dei Promessi Sposi riguardante l’episodio della madre di Cecilia, cap. XXXIV; la fanciulla reca al collo un medaglione raffigurante la Madonna dolente del Sassoferrato, mentre una lacrima le si forma all’angolo dell’occhio), l’altra, meno nota e databile intorno al 1861 alla Cadbury Research Library presso l’Università di Birmingham che, come informa Claire Jones, indossa un’analoga chemise a maniche corte con cuciture a vista, orli, arricciature e pieghe mentre la vestaglia pesante è appesa allo schienale della sedia che fa da leggio; al collo pende una banda di corda con un medaglione-ritratto.
«Nella versione alla GAM indossa invece una banda di corda con appesa una croce rotta, - se questa lacuna non fosse dovuta ad un danno successivo si potrebbe leggere come simbolo della fede spezzata nei valori risorgimentali. - In tutte le tre repliche successive all’esemplare del 1856 è presente lo sguardo perso nel libro, tanto che la fanciulla, seduta su una sedia di paglia mentre legge in una posa anticlassica non si accorge di un seno scoperto; sulla pagina si vede una piega per tenere il segno; sullo schienale della sedia, utilizzata come leggio, sta l’abito di stoffa pesante, tolto prima di andare a letto, ciò che indica che questa giovane si sta dedicando ad una lettura serale, riprendendola da dove l’aveva lasciata, segnando la pagina con una piega all’angolo; la sua concentrazione, come si può cogliere dallo sguardo, è tale che non si accorge dell’aprirsi della camicia da notte che rivela il suo corpo da adolescente.»
 

Fig. 7 - Pietro Magni, La lettrice (Museo Bottacin).
 
«È noto che la Leggitrice, esposta per la prima volta a Brera nel 1856 viene considerata creazione minore e relegata al novero delle graziose figure femminili della «Scuola di Milano» e che si deve aspettare l’esposizione a Firenze del 1861 per una rivalutazione dell’opera; il successo è tale che Magni decide di realizzarne tre repliche di cui una del 1864 è acquistata dal Ministero della Pubblica Istruzione per Brera che la lascia poi in deposito alla GAM. Ma Silvia Silvestri nel Dizionario Biografico degli Italiani, vol. LXVII (2006), s.v. - si veda anche F. TEDESCHI, La Leggitrice di Pietro Magni. Vicende e problemi storico-critici, in «OttoNovecento. Rivista di storia dell’arte» 3/1 (1998), pp. 5-12; L. CARAMEL, C. PIROVANO, Galleria d’Arte Moderna. Opere dell’Ottocento. F-M, Electa, Milano 1975, p. 343, n. 1365 e tav. 1359, ove si legge: «La prima versione dell’opera fu esposta a Brera nel 1856; dal catalogo dell’esposizione del 1864 sappiamo che il Magni esponeva due ‘ripetizioni’ dell’opera per due committenti di Londra e un’altra simile per commissione del R. Ministero di Istruzione Pubblica, che la destinò in dono a questa R. Acc. Di Belle Arti.
«L’esemplare della Galleria [….] / forse è lo stesso esemplare che andò a Dublino ed Oporto nel 1865 (come documenta il catalogo dell’esposizione del 1866) ed a Parigi nel 1867; una variante dell’opera si trova in una collezione privata a Bergamo» -, informa che l’opera del 1856 ha una complessa sequela di repliche ed esposizioni: inviata alla prima Esposizione Nazionale di Firenze nel 1861 viene acquistata dal Ministero della Pubblica Istruzione, che la destina a Torino e ne ordina una copia da donare all'Accademia di Brera. Questo esemplare, ora conservato nella Galleria d'Arte Moderna di Milano, viene esposto di nuovo a Brera nel 1864 con altre due repliche per committenti inglesi.»
 

Fig. 8 - Pietro Magni, La disegnatrice (Museo Bottacin).
 
«La prima versione è esposta a Londra nel 1862 e a Dublino nel 1865, in due copie. L'opera è anche alle Esposizioni di Parigi nel 1867, di Vienna nel 1873, di Santiago del Cile nel 1875 e di Filadelfia nel 1876. Attualmente si segnalano oltre a quelle sopra menzionate in raccolte pubbliche (l'esemplare di Milano, le versioni di Padova, Washington e Birmingham) altre due in collezioni private a Bergamo e a Firenze (quest'ultima proveniente dalla villa della contessa Fiorella Favard de l'Anglade), mentre due copie sono state segnalate sul mercato antiquario di Vienna e di Como. Dal punto di vista stilistico Magni unisce elementi puristi come l’ovale del volto e le mani affusolate con elementi realistici come l’acconciatura scomposta, i piedi che spuntano dalla camicia da notte, il rustico lastricato e la sedia scolpita nel dettaglio anche sul retro; altro punto di riferimento per questa scultura è la Meditazione dipinta da Francesco Hayez nel 1850. Al pari di Zannoni, Magni e Spertini scolpiscono piccoli segni nel marmo, imitando le pieghe nei tessuti quanto le cuticole intorno alle unghie o la paglia dei copricapo; il rendering dettagliato di oggetti materiali e corpi viventi caratterizza il nuovo realismo scultoreo che emerge in questo torno di tempo, ovvero il virtuosismo tecnico impegnato nella mimesi accurata, quasi già iperreale, di superfici, dettagli e stati d’animo; un virtuosismo tecnico inteso ad offrire nuovi modi radicali di interagire con il mondo moderno.
«Se le attività dello scrivere e del leggere e del disegnare sono strettamente complementari dato che il senso di ogni opera letteraria si realizza compiutamente nel connubio fra chi scrive e chi legge - l’opera dello scrittore mai irrevocabilmente conclusa con il punto finale continua idealmente nelle sensazioni provate e nei giudizi espressi a posteriori dal lettore - rimane invero solo il silenzio della visione percettiva ad imprimere l’emozione e il ricordo.
«Nell’osservare le statue romantiche qui proposte per confronto, il libro di Magni e la penna di Spertini (con rimando alle variazioni sul tema e alle diverse versioni), emerge la sospensione in un’atmosfera cristallizzata dall’immaginare il momento preciso che questi soggetti stanno vivendo, ciascuno rapito ed assente dal mondo che lo circonda e totalmente inteso alla propria occupazione.»

Daniela Larentis – d.larentis©ladigetto.it