Ci sono anche malattie rare della pelle – Di Nadia Clementi

Ne parliamo con lo specialista dott. Riccardo Balestri

Nadia Clementi.

Quando parliamo di malattie rare ci riferiamo a patologie che hanno una prevalenza nella popolazione generale inferiore ad una data soglia. L’Unione Europea ha stabilito che tale soglia equivale allo 0,05% della popolazione, ossia ad un caso ogni 2.000 abitanti.

L’Italia si attiene a tale definizione, mentre altri paesi possono adottare parametri leggermente diversi.
Ad esempio negli USA si considera rara una malattia che si presenta con meno di 200.000 casi, quindi equivalente a circa lo 0,08% della popolazione.
Il che non è comunque poco, se si pensa che il Trentino con 500.000 abitanti potrebbe avere 250 casi. Ma che per la scienza non è abbastanza da stimolare una ricerca sistematica.
Ed è per questo che il principale problema inerente alle malattie rare è la difficoltà della diagnosi e, molto spesso, della cura.
In pratica, è proprio a causa della scarsa frequenza con cui si verificano alcune di queste patologie se sono ignorate dai medici e se non esistono conoscenze scientifiche adeguate.
Per la maggior parte di esse, ancora oggi, non esiste una soluzione. Tuttavia appropriati trattamenti possono migliorare la qualità e la durata della vita delle persone colpite da queste malattie.
Progressi spettacolari sono già stati realizzati per alcune patologie, dimostrando che non bisogna arrendersi ma, al contrario, perseguire e intensificare gli sforzi di ricerca medica così come di solidarietà sociale.
Per saperne di più abbiamo intervistato il dott. Riccardo Balestri, che collabora con l’ambulatorio «Malattie Rare» della Clinica Universitaria di Bologna e con quello dell’U.O. di Dermatologia dell’Ospedale S. Chiara di Trento.
Da più di un anno lavora presso il Centro Servizi Sanitari della città.

 Chi è il dott. Riccardo Balestri?
Nato a Cesenatico il 10/12/1980, il dott. Riccardo Balestri si è laureato con lode in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Bologna nel 2006. Ha conseguito con lode il diploma di specializzazione in Dermatologia e Venereologia presso la stessa Università nel 2011.
Dal 2012 ad oggi segue il Dottorato di Ricerca in Scienze Chirurgiche presso l’U.O. di Dermatologia, Ospedale S. Orsola Malpighi (Università di Bologna), e si occupa di attività assistenziale nell’ambito delle Malattie Rare Dermatologiche e della Dermatologia pediatrica.
Il dott. Balestri ha lavorato anche presso l’U.O. di Pronto Soccorso Medicina d’Urgenza e del DEA del Presidio Ospedaliero di Riccione nell’ambito del Dipartimento di Emergenza Urgenza ed ha frequentato a scopo didattico il Centro Grandi Ustionati dell’Ospedale Bufalini di Cesena, il reparto di Chirurgia Plastica dell’Ospedale S. Gerardo a Monza; la sezione ORL e chirurgia ricostruttiva del distretto cervico-facciale dell’Ospedale di Circolo a Busto Arsizio (VA).
Dal 2011 esegue visite dermatologiche presso l’Associazione Nazionale Tumori (ANT) nell’ambito del progetto «Prevenzione Melanoma», mentre dal 2012 svolge attività assistenziale nell’ambito delle Malattie Rare Dermatologiche e della Dermatologia pediatrica presso l’U.O. di Dermatologia, Ospedale S. Orsola Malpighi (Università di Bologna).
Dal 2012 collabora con l’APSS di Trento e dal 2013 a fini di dottorato con l’ambulatorio di malattie rare del reparto di Dermatologia dell’Ospedale S. Chiara di Trento.
Il dott. Balestri è inoltre autore di più di 100 pubblicazioni di carattere scientifico (di cui 54 su riviste internazionali indexate sull’Index Medicus), coeditore e coautore di diversi testi dermatologici.

Dott. Riccardo Balestri, quali sono le principali malattie rare della pelle?
«Nella mia esperienza clinica, le malattie che seguo in numero più cospicuo sono la Neurofibromatosi e la Sclerosi Tuberosa, due patologie genetiche in cui manifestazioni cutanee sono accompagnate da alterazioni neurologiche più o meno severe.
«Il Lichen sclerosus et atrophicus, malattia che si caratterizza per la perdita di elasticità della cute. Le Ittiosi, un gruppo di affezioni che si caratterizzano per una marcatissima secchezza cutanea, e ovviamente le malattie immunobollose, quali il pemfigo e il pemfigoide, che rappresentano il mio campo di ricerca principale.


Sclerosi tuberosa.

Di queste, quali sono le malattie rare genetiche?
«È ipotizzabile che una larga parte delle malattie rare cutanee, se non virtualmente tutte, abbiano una base genetica che può essere più o meno conosciuta.
«Per alcune, probabilmente causate da un’interazione fra ambiente e attività di più geni, vediamo una predisposizione più che una trasmissione vera e propria, che si eredita attraverso le generazioni.
«Altre malattie, invece, sono causate dall’alterazione di un singolo gene ed a queste ci riferiamo con il termine di genodermatosi
 

Pemfigoide bolloso.
 
In particolare Lei si occupa del Pemfigoide Bolloso, vuole spiegarci di cosa si tratta e quali sono le cause?
«Si tratta di una malattia autoimmune, cioè di una patologia in cui si verifica un’anomala produzione di anticorpi (proteine deputate alla difesa del nostro organismo) che, anziché attaccare qualcosa di estraneo (es: batteri, virus, funghi), colpiscono il nostro stesso corpo, nello specifico una sostanza della pelle che ha lo scopo di tenere le cellule cutanee unite tra di loro.
«Quando viene a mancare questa sostanza cementante, abbiamo lo stesso risultato che potremmo avere togliendo il cemento da un muro: i mattoni si staccano. Dal distacco si viene a formare una cavità che si riempie di liquido, ovvero la bolla.
«Il pemfigoide bolloso è la più comune fra le malattie bollose autoimmuni nei paesi Occidentali, ma si tratta pur sempre di una patologia rara con una prevalenza che è stata valutata essere di circa un caso ogni 100.000 persone all’anno.»
 

Pemfigo Bolloso.
 
«Per quanto riguarda le cause, non è possibile determinarne una con assoluta certezza. Quello che sappiamo è che si tratta tipicamente di una patologia dell’età avanzata (>60anni) ed è caratterizzata da un rapido incremento di incidenza con il passare del tempo.
«Si pensi che è stato stimato un rischio 300 volte maggiore nei pazienti ultranovantenni rispetto a quello dei soggetti di 60 o meno anni.

Pemfigoide delle mucose.

«Sono stati inoltre riportati casi in letteratura che dimostrano in maniera incontrovertibile come esistano alcune forme associate all’assunzione di determinati farmaci o secondarie all’insorgenza di neoplasie solide o ematologiche (leucemie).»
 
Tra le malattie rare Lei presta particolare attenzione anche al pemfigoide delle mucose, come si manifesta, quali sono le cause e come si cura?
«Si parla di pemfigoide delle mucose quando la malattia si localizza in modo prevalente a livello delle mucose (cavo orale, congiuntiva, naso, genitali).
L«’esordio ed il decorso sono spesso insidiosi, con ritardi diagnostici che possono dipendere da manifestazioni iniziali spesso di entità modesta, sottovalutate dal paziente, scambiate per afte e misconosciute da vari specialisti. Nella nostra casistica bolognese abbiamo visto un ritardo medio di circa tre mesi, con due casi in particolare in cui la diagnosi è avvenuta dopo quattro anni.
«La manifestazione classica è rappresentata dalla cosiddetta gengivite desquamativa, ovvero da un’infiammazione delle gengive, che appaiono rosse e prive dello strato superficiale (come se si fosse verificata un’ustione da ingestione di liquido bollente).
«L’osservazione di bolle non è frequente a differenza di quanto invece si apprezza sulla cute, in quanto queste presentano spiccata tendenza alla rottura.»
 
Le malattie rare sono in aumento rispetto al passato?
«Essendo malattie rare non esistono studi di prevalenza. Possiamo dire che sono migliorate le nostre capacità diagnostiche e che condizioni spesso descritte come casi isolati hanno trovato una loro classificazione, hanno ricevuto un nome ed è stata scoperta la base genetica causativa.»
  
Come si effettua la diagnosi delle malattie rare?
«Esiste una regola, non scritta ma palese: si fa diagnosi solo di ciò che si conosce. È determinante studiare ed essere sempre aggiornati, non avere fretta di formulare una diagnosi alla prima visita, instaurando un dialogo con gli assistiti e spiegando loro che da una visita presso un ambulatorio dedicato alle malattie rare non ci si può sempre attendere una risposta immediata.
«È altrettanto opportuno ricordare che molte di queste patologie, pur avendo manifestazioni cutanee, devono essere inquadrate all’interno di una sindrome (cioè un insieme di affezioni che coinvolgono più organi ed apparati), pertanto è determinante che ci sia un dialogo ed una collaborazione multidisciplinare. Quello che per un dermatologo è evidente, per forza di cose non può esserlo per un altro specialista e viceversa.

Pemfigoide.

«Osservando attentamente i segni cutanei ed associandoli ad altre manifestazioni sistemiche, si formulano una diagnosi o un’ipotesi diagnostica che poi possono essere suffragate da biopsie, da controlli evolutivi nel tempo (non sempre, infatti, tutte le manifestazioni si verificano nella medesima epoca di vita) o da indagini genetiche mirate.
«Il futuro è rappresentato proprio dalla genetica medica, almeno per quanto concerne le patologie causate dall’alterazione di un singolo gene. Purtroppo i geni conosciuti ed analizzabili sono solo una piccolissima parte e spesso queste indagini presentano costi proibitivi, risultando appannaggio di pochissimi laboratori al mondo.


  
Quali sono i farmaci a disposizione e quali le terapie consigliate?
«Nel caso delle malattie immunobollose la terapia si basa su farmaci immunosoppressori e sul cortisone, che rappresenta il farmaco di prima scelta. È infatti necessario ridurre l’attività immunitaria per riportare la condizione alla normalità.
«Si tratta di terapie che possono durare anche diversi anni, ma che in genere risultano efficaci. Una volta spenta la fase acuta, vengono poi introdotti farmaci che hanno il compito di ridurre i dosaggi di cortisone, permettendo al contempo il controllo della malattia.
«Nel caso del pemfigo esiste anche una terapia che si avvale di un farmaco biologico, o per meglio dire biotecnologico, con un’azione molto più mirata, ma che per via dei costi ed effetti collaterali è da riservarsi solo ai casi più gravi.
«Per molte altre malattie invece non esistono cure, ma solo trattamenti sintomatici, ovvero terapie atte a minimizzare il disagio derivante dalla condizione di base (è il caso, ad esempio, dell’utilizzo degli emollienti nelle ittiosi).
«Ci sono poi un ristretto numero di patologie che beneficiano di farmaci, detti orfani, che non sono in commercio in quanto non avrebbero un mercato sufficiente per ripagare le spese del suo sviluppo.
«Nelle genodermatosi la terapia del futuro è rappresentata dalla terapia genica, ovvero la possibilità di sopperire alla carenza del prodotto del gene difettoso, portando un gene sano all’interno della persona malata.»
 
Nel caso di malattie croniche ed invalidanti, quali sono le specifiche esigenze assistenziali e sanitarie?
«Per quanto concerne le malattie riconosciute dal nostro sistema sanitario esistono specifiche esenzioni che permettono agli affetti da malattia rara di avere cure continue. Questo è particolarmente vero in campo pediatrico. I bimbi con una malattia rara godono di una sorta di ombrello protettivo che permette diagnosi, controlli evolutivi e terapia.
«I problemi maggiori si verificano in età adulta. Al momento ci sono grosse lacune per quanto riguarda la presa in carico dei pazienti con età superiore ai diciott’anni. Ovviamente i reparti di pediatria non possono più seguire questi ammalati ed una rete assistenziale mirata non esiste.
«Uno dei compiti che ci siamo prefissati presso i nostri ambulatori è proprio quello di gestire, ove possibile, la prescrizione di visite specialistiche a cadenza periodica ed il rilascio dei piani terapeutici nei pazienti adulti che non hanno punti di riferimento per essere seguiti nella loro malattia.»
 
A che punto è la ricerca?
Purtroppo la malattia rara, proprio per la sua natura di affezione interessante una ristretta fetta della popolazione, è afflitta da una intrinseca difficoltà nell’essere studiata in modo adeguato, nella scarsità dei fondi che le vengono dedicati ed in un certo disinteresse da parte delle case farmaceutiche.
Parlo purtroppo per esperienza personale, vivendo tuttora una difficile situazione con una nota multinazionale farmaceutica che non vuole aiutarci nello sviluppo di un promettente farmaco per il trattamento della sclerosi tuberosa.
La ricerca in questo campo, essendo di fatto priva di possibili introiti, si deve basare sul lavoro di piccoli gruppi che agiscono spinti dall’entusiasmo e privi di ogni tornaconto.
 
Vuole parlarci del suo progetto di collaborazione con l’ospedale universitario di Bologna?
«Il mio progetto di dottorato è incentrato sulla gestione terapeutica delle malattie immunobollose. Infatti, in concomitanza con l’inizio di questa esperienza accademica, è stato instaurato un ambulatorio, chiamato amichevolmente Ambulatorio Bolle, in cui ci dedichiamo esclusivamente di queste malattie.
«Tuttavia la mia attività è rivolta alla diagnosi e trattamento di tutte le malattie rare ad interessamento dermatologico. In tal senso mi preme sottolineare come, oltre a gestire settimanalmente un ambulatorio dedicato ad esse, presso l’Università di Bologna sia in atto una collaborazione attiva con l’ambulatorio malattie rare dell’U.O. di Dermatologia del S. Chiara, dove condivido la mia esperienza con quella delle dottoresse Laura Rizzoli, Giulia Rech e Stefania Termine.
 
Nadia Clementi - [email protected] - Precedenti
Dott. Riccardo Balestri – [email protected]
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