Leo Gullotta porta al Teatro Sociale «Prima del silenzio»

Uno spettacolo tagliente e dal ritmo incalzante con una fantastica scena finale, che va in scena giovedì 19, venerdì 20, sabato 21 e domenica 22 febbraio

Foto di Tommaso Le Pera.

Affidato all'interpretazione di Leo Gullotta, attore poliedrico e talentuoso, sarà in scena da giovedì 19 a domenica 22 febbraio al Teatro Sociale di Trento «Prima del silenzio», un testo scritto nel 1979 per Romolo Valli da Giuseppe Patroni Griffi che porta in scena il valore della «parola» intesa quale strumento di sopravvivenza e libertà.
Si tratta di una produzione del Teatro di Roma realizzata in collaborazione con il Teatro Eliseo e «Fuxia contesti d’immagine» per la regia di Fabio Grossi.
A seguito delle vicende che hanno portato alla chiusura della storica sala teatrale romana dell'Eliseo, il Teatro di Roma ha dunque ritenuto doveroso acquisire questa produzione di punta della passata stagione, nata per celebrare il decennale della morte dell'autore.
Potranno così proseguire la vita e il percorso di uno dei suoi testi più rappresentativi, per un omaggio all’uomo e all’artista che ha attraversato sessant’anni di cultura italiana. Drammaturgo, sceneggiatore e regista, Patroni Griffi è conosciuto dal grande pubblico soprattutto per il suo più grande successo, «Metti, una sera a cena», un testo scritto per il teatro (fu rappresentato per la prima volta nel 1967 all'Eliseo di Roma per la regia di Giorgio De Lullo con Rossella Falk e Romolo Valli) dal quale due anni più tardi trasse l'omonimo film, che egli stesso diresse.
 
Protagonista dello spettacolo è un vecchio poeta disilluso e malinconico (Leo Gullotta), amareggiato nei confronti di una società che non riesce più a comprendere.
È deciso a lasciarsi tutto alle spalle – la famiglia, la poesia e la vita stessa – e l’unico legame che sembra essergli rimasto è un giovane affascinante, dinamico e spensierato (Eugenio Franceschini) con cui intraprende una relazione ambigua fatta di attrazione fisica e intellettuale e, al contempo, di differenze e incomprensioni.
In questo scontro generazionale, un uomo maturo e un giovane uomo sono attratti da forze ambigue come amicizia, sesso e amore, dove la necessità diventa quella di testimoniare il valore della parola e il suo fallimento, per rappresentare il binomio tra il mondo degli adulti, che sconta gli errori del passato, e quello dei giovani, che rimane intrappolato nelle paure del futuro.
 
«Scritto negli anni ’70 – annota il regista, Fabio Grossi – il testo risulta ancor vivo per tematiche e concetto. La storia racconta le scelte, pur’anche rivoluzionare per la casta che lo ha inglobato per tutta la sua vita precedente, di un uomo, del quale non ci viene fornito il nome.
«Probabilmente questo poco importa alla risoluzione della vicenda, ma a mio discernimento l’autore, ad arte e tramite l’espediente, ha voluto rendere universale la faccenda.
«Quello che leggo, con gli occhi di un uomo che vive il XXI secolo, era questa di grande modernità, dove la comunicazione, attraverso apparati di nuova costruzione, è molto più facile ed immediata, fa sì che intraveda e consideri, attraverso il protagonista, un disagio sociale legato soprattutto alla comunicazione della parola scritta, della Poesia.»
 
Se il ragazzo considera la parola un limite alla realtà, un ostacolo all’azione, il poeta scorge invece in essa l’unico vero modo per sentirsi ancora vivo, ritenendo necessario dire tutto il possibile «Prima del silenzio», ovvero prima che cada la quiete della morte.
Spinto da questa lotta impossibile tra l’incapacità a usare le parole e il rifiuto a voler creare un linguaggio comune, il poeta esorcizza il confronto-scontro con il ragazzo attraverso l’apparizione in video dei fantasmi della sua vita passata: la famiglia, affrontata attraverso il personaggio della moglie (Paola Gassman), entità vorace e ricattatoria; la casta, rappresentata dal personaggio del figlio (Andrea Giuliano) con i suoi orpelli e contributi piccolo borghesi; il dovere, materializzatosi attraverso il personaggio del maggiordomo (Sergio Mascherpa), espressione di una oppressione che fa leva sul senso di colpa.
Tre fantasmi che ritornano in vita come incubi e fanno da contraltare al rapporto che il poeta ha costruito con il giovane ragazzo, mettendo in discussione le proprie convinzioni, passioni e speranze che lasciano spazio, infine, solo alla forza della parola.
 
«Lo spettacolo – spiega il regista – si svolge attraverso la presenza in scena del protagonista e del suo co-protagonista, mentre gli autori del percorso sensoriale del Nostro LUI, assumono essenza digitale: appartenendo la Nostra rappresentazione ad un’era atta al virtuale, anche l’incubo assume la forma d’un etere affollato di ricordi, passioni, depressioni e angosce.
«Tutti vestono l’essenzialità del ruolo: un Uomo, durante la considerazione della sua vita, abbandona orpelli, inventati per giustificare realtà distorte. Un racconto tecnologico per una sensazione assoluta. Ma la Parola avrà sempre e comunque la sua centralità vivificante.»
Fantastica la scena finale dell’opera, dove il nostro LUI, circondato da pagine di libri, afferra «la parola» che gli svolazza attorno, in una ideale caduta libera, declamandone la realtà, in essa contenuta.
Le apparizioni in video di Paola Gassman, Andrea Giuliano e Sergio Mascherpa sono state realizzate da Luca Scarzella, le musiche sono di Germano Mazzocchetti e  Umile Vaineri ha curato il disegno delle luci; la risoluzione scenica è opera di Luca Filaci e il disegno audio di Franco Patimo.
 
Giovedì 19 febbraio il sipario del Teatro Sociale si alzerà alle 20.30. Sono previste repliche venerdì 20 (ore 20.30), sabato 21 (ore 21.00) e domenica 22 febbraio (ore 16.00).