Mart, i mediatori museali mandati a casa da gennaio

Legittima la loro domanda: «Al Muse adottata la clausola sociale. Qui no, perché?»

Sono 21 i collaboratori dell’Area educazione del Mart che, col titolo di «mediatori museali», conducono le attività didattiche: laboratori con le scuole, visite guidate, progetti ad hoc.
I loro contratti da collaboratori (co.co.co.) sono in scadenza col primo gennaio 2017 e, per le normative vigenti, non possono essere più rinnovati.
Assieme a Gabriele Silvestrin, segretario del NiDil Cgil (sindacato che tutela i lavoratori atipici), fin dagli inizi del 2016 chiedono risposte chiare ma, finora, c’è stata poca condivisione.
Il 18 novembre è giunta la conferma che le attività da loro svolte verranno esternalizzate e si registra con rammarico che si è atteso fine anno per informarli.
È stato anche chiarito che il Mart ha scelto di indire una gara a inviti, rivolta a 5 soggetti, per integrare il personale.
 
La prima domanda che i precari rivolgono è: «Perché non è stata scelta la strada adottata dal Muse, che si trova nella stessa situazione? Là si è sfruttata la possibilità prevista dalla legge provinciale 2/2016, che consente di inserire la clausola sociale: in pratica, il nuovo vincitore dell'appalto può essere costretto ad assumere i lavoratori attualmente in forza».
Si tratta di una norma che il Trentino ha scelto per salvaguardare il più possibile i posti di lavoro e le competenze di chi ha ricoperto per tanto tempo le funzioni oggetto di esternalizzazione.
 
«Noi - spiegano i lavoratori - operiamo nel settore Area educazione da parecchi anni, abbiamo contribuito a far crescere l’apprezzamento da parte di chi si avvale di questa attività, sviluppando una rete territoriale con le scuole e altri soggetti, impegnandoci con professionalità e dedizione. Ora scopriamo che non abbiamo un futuro nel Mart e dovremo ricostruirne uno altrove; per questo vogliamo denunciare anzitutto la mancanza di attenzione etica del Mart nei confronti dei propri collaboratori. Secondo: la mancanza di corretta informazione nei confronti del nostro sindacato, che ha cercato la massima collaborazione con un approccio pragmatico e serio, ma ciò non è servito a nulla: da febbraio 2016 ha cercato un dialogo per trattare la questione dell'esternalizzazione, rimanendone però sempre all'oscuro. Terzo: la scelta di non utilizzare la clausola sociale, che ci avrebbe consentito di continuare a operare nel museo, garantendo anche continuità.»
 
Riguardo a quest’ultimo punto: «Chiediamo all’assessore alla Cultura e ai vertici provinciali se questa scelta sia stata da loro condivisa, perché non riusciamo a comprendere come si possano seguire due strade diverse nei due principali musei trentini, per la stessa area. Auspichiamo un intervento chiarificatore e risolutivo che ci consenta di continuare a lavorare.»