I Jihadisti decapitano il capo del sito archeologico di Palmyra

Si chiamava Khaled Asaad e ha lottato fino all’ultimo per salvare la cultura dell’umanità – E noi stiamo qui a vietare la preghiera dell’Alpino

Palmyra, il tempio di Baal. - Foto di Seledi per Wikipedia.
 
La storia è sempre intervenuta con un tempismo unico.
È di questi giorni la polemica sulla preghiera dell’Alpino, che un sacerdote veneto non ha voluto fosse recitata nella sua chiesa, solo perché ad un certo punto recita «…rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana».
Noi avevamo trovato intempestivo l’intervento, effettuato in un momento in cui i cristiani vengono crocifissi nell’altra sponda del Mediterraneo, in un momento in cui dei fanatici islamici minacciano di uccidere il papa e i cristiani e di rapire le loro donne.
Noi, come gli alpini, siamo sempre stati contrari a qualsiasi guerra. Ma questo non significa che dobbiamo arrenderci di fronte alla violenza altrui. Anzi, invochiamo da tempo l’intervento armato del Mondo Occidentale e di quello Cristiano affinché venga posta fine agli omicidi fatti nel nome di un improbabile dio intollerante, permaloso e che ha paura della satira. 
 

Palmyra, il Teatro Romano - Foto di Seledi per Wikipedia.
 
Francamente non crediamo che possa essere avviato un dialogo con persone così assetate di sangue come i cialtroni del cosiddetto «Stato Islamico».
Purtroppo abbiamo avuto la prova che in paesi come Iraq e Libia dovessero esserci le dittature, evidentemente le uniche forme di governo che non danno spazio neanche ai fanatici religiosi che si credono inviati da Dio.
E non passa un giorno che non accada qualcosa di raccapricciante, e non sentirsi in qualche modo in colpa ci sembra davvero cinico.
L’ultimo fatto di sangue che dovrebbe far meditare tutto il mondo civile è la barbara uccisione del capo del sito archeologico di Palmyra, l'82enne Khaled Assad (foto), che per 50 anni è stato il responsabile delle antichità della città di Palmyra. Ha lottato fino all’ultimo per salvare la cultura dell’umanità.
È stato decapitato con un coltello davanti alla folla. Poi il suo corpo è stato appeso a un semaforo.
Naturalmente è comodo girarsi dall’altra parte, ma noi restiamo del parere che è giunto da tempo il momento di pregare affinché vengano rese «forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana».