Per ricordare Sara non solo il 25 novembre – Di Nadia Clementi
La Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne è stata istituita dal 1999
>
«Anche oggi ho acceso il telegiornale e ho sentito di un uomo che ha ucciso la compagna perché la donna voleva separarsi.
«Sono 70 anni che ci hanno dato il voto, quando ci daranno l'opportunità di dire: io ti voglio lasciare e lasciami viva? Ci riusciremo? Quante Sare dovranno ancora morire?
«Il ritmo è di una donna morta ogni tre giorni. Questo mi preoccupa tanto, è una strage. È una strage di innocenti come mia figlia.»
Sono queste le parole, durissime, di Concetta Raccuia, madre di Sara Di Pietrantonio, la 22enne romana uccisa dal suo ex-fidanzato la notte del 29 maggio 2016.
L’omicidio di Sara è noto soprattutto per la sua efferatezza: Vincenzo Paduano l’ha prima speronata in macchina, poi inseguita a piedi in tangenziale, una volta raggiunta l’ha strangolata e infine ha dato fuoco al corpo della povera ragazza in fin di vita.
In tanti ricorderanno le foto di Sara pubblicate sui giornali, che ci raccontavano la vita appena iniziata di una giovane donna forte, determinata, sicura; i suoi folti capelli biondissimi, occhi languidi e la sicurezza di essere giovane, bella e piena di vita.
Purtroppo il suo percorso si è interrotto a causa dell’amore, o meglio di un amore finito; a causa di un uomo che non ha accettato di essere rifiutato, di vedere quella bella e fiera ragazza proseguire il suo cammino da sola, senza di lui.
Di questo si tratta quando parliamo di «femminicidio», una parola usata dai giornalisti ma troppo spesso non capita, c’è chi addirittura nega che esista.
Eppure la sua spiegazione è tutta racchiusa in quelle terribili parole di mamma Concetta: siamo all’alba del terzo millennio, l’emancipazione della donna è avvenuta e ben avviata, i diritti sono apparentemente garantiti e paritari (anche se nella pratica non è spesso così), eppure ci sono ancora uomini che concepiscono la donna come una loro proprietà, l’amore come un sentimento esclusivo nei propri confronti e che sentono la propria maschilità intaccata da un rifiuto, da un «no», da un addio.
E non si tratta, come erroneamente e frettolosamente si crede, di uomini dalla mente disturbata, di violenti, di psicopatici. Vittorio Paduano viene descritto, dalla stessa madre della vittima, come «un lord», un ragazzo gentile, premuroso, che regala fiori e attenzioni alla propria fidanzata, un po' geloso forse, ma «che amore sarebbe senza un po di sana gelosia?» recita il vecchio adagio; anche la saggezza popolare a volte sbaglia.
Che cosa significa dunque il femminicidio? Perchè utilizzare questo termine quando la vittima è una donna? Gli omicidi non sono tutti uguali?
Facciamo un esempio: se un uomo uccide una donna per ricevere la sua eredità, incassare un’assicurazione sulla vita, o per vendetta, non stiamo parlando di femminicidio in quanto le motivazioni dell’assassino risiedono nel denaro o nell’ottenimento di un beneficio.
Il femminicidio invece è tale quando la motivazione della violenza risiede nel genere femminile della vittima, nella convinzione da parte dell’uomo che una donna non possa abbandonarlo, voltargli le spalle o rifiutare il suo corteggiamento.
Il dizionario lo spiega in questo modo: «Femminicidio è qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte».
Viviamo in un epoca in cui, finalmente, le battaglie delle donne per ottenere non solo pari diritti ma anche una pari dignità e libertà esistenziale, si stanno portando a compimento. Ciò significa che le donne, e soprattutto le ragazze di oggi, sanno che il proprio ruolo nella società non è solo quello di madre e moglie, studiano, fanno carriera, scelgono i propri partner e decidono quando e come legarsi a qualcuno.
Il fatto che le giovani scelgano di vivere la propria vita come meglio preferiscano e si comportino esattamente come si sono sempre comportati i loro coetanei maschi, non va a genio a tutti, specialmente a certi uomini che si trovano ad affrontare relazioni sentimentali a cui non sono preparati, dove la propria donna si sente libera di andarsene quando le cose non funzionano.
Apparentemente un comportamento ovvio, normale, ma che per qualcuno è un vero e proprio affronto alla propria virilità, un attacco alla propria persona, perchè «una donna non può permettersi di trattarmi in questo modo».
È un atteggiamento subdolo, sottile, che matura anche nelle menti più brillanti ed insospettabili, residuo di una società maschilista dove la vita delle donne è proprietà dei padri e dei mariti.
Sara è morta per questo, insieme a lei ne sono morte tante altre e, purtroppo, ne moriranno ancora.
Oggi, per trattare il caso di femminicidio, abbiamo scelto volutamente il suo caso che tra i tanti è senza dubbio un omicidio di rara e atroce ferocia, eseguito con lucida pianificazione, aggravato oltremodo dall’accanimento post mortem dell’assassino.
Ad occuparsene è l'avvocato di Perugia Nicodemo Gentile, penalista ed esperto in Diritto dell'Immigrazione e volto noto della trasmissione televisiva Quarto Grado di Rete Quattro.
Da più anni impegnato in delicati processi di livello nazionale, e già conosciuto in questa rubrica al link: www.ladigetto.it/permalink/41326.html
Vista la sua esperienza, ci siamo rivolti direttamente a lui per farci rilasciare un suo parere personale riguardo i casi di femminicidio e più in particolare a quello di Sara.
Quello di Sara Di Pietrantonio è l'ennesimo, non ultimo, femminicidio Ormai pressoché quotidianamente ci arriva dalla cronaca la notizia di uomini che uccidono donne, non donne qualunque, la moglie, la fidanzata, la compagna, numeri da bollettini di guerra, che non accennano a diminuire, purtroppo. Si tratta molto spesso di uomini fragili, incapaci di accettare che una storia può finire, incapaci di metabolizzare un abbandono, incapaci di incassare un no. Una debolezza, questa, che si trasforma in rabbia, in ossessione, in desiderio di distruzione, che obnubila la mente e cancella ogni sentimento non solo di amore, ma persino di umana pietà, o che, altrettanto spesso, non fa che disvelare la vera natura prevaricatrice dell'uomo. Sara Di Pietrantonio, poco più che ventenne, è stata uccisa dal suo ex fidanzato, il ragazzo che diceva di amarla e che voleva tornare con lei. Ad ogni costo. Di fronte alla consapevolezza che Sara stava davvero voltando pagina, che non si sarebbe più voltata indietro, che per lei Vincenzo Paduano era destinato a rimanere il suo ex, si è scatenata la reazione brutale e violenta di costui, quella che tutti, nemmeno lei, si sarebbero mai aspettati. Seguita, appostata, spiata, braccata per giorni, Sara non ha avuto scampo: dopo aver provato ad appiccare un incendio alla macchina del ragazzo con cui Sara si stava frequentando, è stata inseguita di notte e costretta a fermarsi in un luogo isolato della periferia romana. Ha provato a scappare Sara, a sottrarsi alla morte, ma ancora una volta è stata raggiunta da Vincenzo, che l'ha stretta in una morsa fino a strangolarla e, quando ormai giaceva a terra senza vita, ancora non domo, ha appiccato il fuoco al suo cadavere e alla sua auto, nel tentativo, forse, di cancellare le tracce e di farla franca. Dopodiché è tornato al lavoro Vincenzo, come se nulla fosse accaduto. È una storia simile a tante altre storie, ma emblematica dell'orrore più profondo di cui può essere capace l'essere umano, così piccolo, ma in grado di ergersi, in preda ad un delirio di onnipotenza e di disperazione, a colui che decide della vita e della morte altrui, preferendo sempre la seconda opzione. Da poco sono state chiuse le indagini e purtroppo quello che immaginavamo si è concretizzato: ancora un amore malato, Vincenzo Paduano da stalker ossessivo non ha dato scampo a quello che una volta era il suo «amore», che non è stata solo dilaniata nel fisico, ma derubata della sua identità. Aspettiamo che presto si celebri il processo. Avvocato Nicodemo Gentile. [email protected] - www.studiolegalenicodemogentile.it |
Per far smettere questo inutile massacro l’unica arma è l’educazione, il cambio di mentalità che noi genitori dobbiamo iniziare a trasmettere ai nostri figli e alle nostre figlie.
È nostro compito insegnare ai maschi che non si può ottenere tutto con la violenza e alle femmine a non annullarsi per elemosinare un po' di affetto.
Per ricordare Sara, e tutte le altre donne uccise dal proprio partner è stata istituita dal 1999 la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, che si celebra il 25 novembre.
Nadia Clementi - [email protected]