Perché le navi mercantili italiane sono facile bersaglio per i pirati

L'Enrico Ievoli è la 26ma vittima dei pirati somali su 123 attacchi avvenuti nel corso dell’anno. – Di Antonio De Felice

 Questa la notizia 
La notizia l’abbiamo già data, ma la ripetiamo, aggiungendo che su 123 tentativi, a navi mercantili, ben 26 sono riusciti.
 
A pochi giorni dall'epilogo di un altro sequestro, quello della nave mercantile Savina Caylyn, dell'armatore Fratelli D'Amato, avvenuto nelle acque somale (il mezzo era rimasto sotto il controllo dei pirati per ben dieci mesi) .
La nave vittima del nuovo attacco è l'Enrico Ievoli, dell'armatore e CEO della compagnia Marnavi Domenico Ievoli, catturata a largo delle coste dell'Oman.
 
Il sito della Marnavi ha riportato quanto segue.
«Alle ore 5 circa la compagnia è stata avvisata che l'unità a margine ha subito attacco e abbordaggio da parte di pirati mentre navigava sotto le coste dell'Oman.»
A bordo, al momento della cattura, si trovavano 18 persone, 6 gli italiani (tutti di origine siciliana).
L'altra parte dell'equipaggio è composta da 5 ucraini e 7 indiani.
 
L'ultimo contatto con l'equipaggio è stato diverse ore fa.
Il comandante della nave, Agostino Musumeci, ha comunicato con l'armatore, confermandogli la presenza dei pirati a bordo e riferendo sulla buona salute dell'equipaggio.
L'attacco sarebbe avvenuto intorno alle 03:00 zulu (le 04:00 in Italia) della mattina del 27 dicembre mentre la nave si stava dirigendo verso il Mediterraneo dopo esser partita dagli Emirati Arabi (Fujairah).
 
 Questo il commento
È del tutto evidente che la nave fosse completamente sprovvista sia delle difese fisiche previste dalle Best Management Practice 4 (BMP4) nonché di un team di sicurezza armato che ne proteggesse le vulnerabilità.
Da tempo ormai la IMO, l' Ufficio delle Nazioni Unite che si occupa della sicurezza in mare degli equipaggi e delle merci, consiglia fortemente l'uso di protezioni fisiche quali concertine, fili spinati elettrificati, porte con controllo accessi, telecamere per chi deve intraprendere la navigazione in acque così dette ad alto rischio.
 
Neanche l'esperienza di un'altra nave italiana la Montecristo, che le ha permesso di evitare ad ottobre di quest'anno il sequestro ad opera dei pirati somali grazie alla installazione della Cittadella a bordo della nave – una sorta di stanza anti-panico in cui tutto l'equipaggio può trovare rifugio in attesa che giungano i soccorsi – sembra aver indotto gli amministratori della Marnavi ad una maggiore cautela.
Va inoltre evidenziato che, mentre gli armatori italiani si difendono lamentandosi la mancata attuazione della Legge 130 che consentirebbe loro di imbarcare personale privato armato a bordo, nessuna legge vieterebbe loro (in attesa di tale attuazione) di proteggere responsabilmente i propri vascelli e i propri equipaggi con l'ausilio di navi di scorta opportunamente equipaggiate e da tempo disponibili sul mercato della sicurezza privata per disimpegnare tali servizi.
 
Ancora una volta il terribile mix di fattori quali l'insipienza degli armatori e dei sindacati dei lavoratori marittimi, l'assenza di sistemi di sicurezza fisica unita alla assenza di team armati a bordo o di scorta, infine la manifesta quanto inusuale disponibilità degli italiani (leggasi Governi) a pagare ingenti riscatti (a 11,5 milioni di dollari ammonterebbe il riscatto pagato per la liberazione delle Savina Caylin contro una media mondiale di 8 milioni di dollari) hanno reso la bandiera italiana un facile e conveniente bersaglio.
 
Intanto da Harardhere (Somaliland) il preminente e potente boss dei pirati somali Mohamed Garfanje, contattato telefonicamente per mezzo del suo «capo ufficio stampa» ci fa sapere che ringrazia e che festeggerà l'arrivo del 2012 con una richiesta questa volta di 20 milioni di dollari...
 
Antonio de Felice