Loreta Failoni, scrittrice poliedrica – Di Daniela Larentis

Si occupa di cinema e di teatro, è autrice di romanzi e vincitrice di prestigiosi premi: l’ultimo libro scritto con Gabriele Biancardi è «Vite nel Kaos» – L’intervista

Loreta Failoni.
 
Loreta Failoni è una donna dalla personalità poliedrica, per molti anni ha insegnato matematica, da tempo si occupa di libri, di cinema e di spettacoli: è presidente del Coordinamento Teatrale Trentino, autrice di libri di successo; il suo romanzo d’esordio, «La bisettrice dell’anima», che l’ha condotta non solo in Italia ma anche oltreoceano, ha vinto molti premi fra i quali il prestigioso Firenze per le culture di pace, dedicato a Tiziano Terzani.
Con Gabriele Biancardi, voce della radio dal 1980, autore di testi teatrali e di romanzi (suona peraltro in due gruppi e fa lo speaker di volley), ha scritto «Vite nel Kaos - Storie, voci, volti ai tavoli di un bar», edito da Curcu Genovese, un libro davvero interessante che si presta a più letture, recentemente presentato presso la libreria UBIK di Trento innanzi a un folto e attento pubblico munito di mascherina.
 
Nel volume si intrecciano le storie di vita di persone che si alternano ai tavoli di un bar dal nome emblematico, il bar Kaos, ognuna delle quali è alle prese con problemi diversi.
È una narrazione fluida, un libro che si legge tutto d’un fiato, i racconti sono legati da un fil rouge, quel ritrovarsi dei personaggi in un luogo di socialità, dove si mescolano i destini di ognuno e dove ciascuno mette in scena la propria rappresentazione, indossando una maschera.

Alcune storie toccano temi particolarmente forti, come quella di Luigi che racconta la tragedia di un padre, altre risultano divertenti, come il racconto di Claudia, alle prese con il ritrovamento di un misterioso portafoglio; tutte sembrano rinviare, direttamente o indirettamente, alla condizione dell’uomo contemporaneo, stimolando una riflessione in merito all’individualismo e in particolare alla solitudine che caratterizza la nostra epoca.
 
Un’epoca che è stata definita dai filosofi e dai sociologi in molti modi, età del rischio, dello smarrimento, in cui si è assistito a un crollo diffuso dei legami sociali.
L’individualismo ci rende sempre più insicuri, sempre più soli.
Tuttavia, come ci insegna il libro di Loreta Failoni e Gabriele Biancardi, in fondo al tunnel, molto più spesso di quel che si è disposti a credere, ad attenderci c’è la speranza…
E che dire di Dazim, uno dei personaggi a cui è stato dedicato il primo racconto, il gestore del bar Kaos?
Senza voler anticipare nulla, troviamo che abbia molto da insegnare, se non altro ad ampliare la prospettiva, così da poter osservare le cose diversamente, evitando di assumere una visione semplicistica e riduttrice della realtà.
Abbiamo avuto il piacere di rivolgere a Loreta Failoni alcune domande.
 

Gabirele Biancardi, Marcelllo Fauri, Loreta Failoni, presentazione libro presso UBIK Trento.
 
Con «La bisettrice dell'anima» lei ha vinto il prestigioso «Premio Firenze per le Culture di Pace», dedicato a Tiziano Terzani, facendosi conoscere e apprezzare non solo in Italia ma anche all’estero. Come è nata l’idea di questo primo romanzo d’esordio, pubblicato una decina di anni fa? Quale messaggio veicola?
«La bisettrice dell’anima è stato il mio primo romanzo. L’idea che mi ha mosso inizialmente non era certo quella di veicolare un messaggio ma soltanto il tentativo di sfidare i miei limiti, cimentandomi nella scrittura di un romanzo dopo aver pubblicato manuali di matematica per la scuola.
«Volevo soltanto provare a raccontare una storia, una bella storia, a mio avviso. Ho mescolato tutti gli ingredienti che conoscevo, che mi erano cari: numeri, solidarietà al femminile, amicizia, maternità e Shoah. Quando il libro è uscito pensavo di aver raggiunto l’obiettivo. Poi ha avuto un successo inaspettato e questo ha dato il via ad altri romanzi, ad altre storie…»
 
«La voce della paura» è un giallo ambientato nella Svezia contemporanea, pubblicato nel 2013 da Reverdito. Quali sono i motivi dominanti del romanzo? Perché ha voluto ambientarlo in Svezia?
«Per il secondo romanzo ho scelto come ambientazione la Svezia, paese che amo e conosco abbastanza bene, non tanto quanto vorrei… Avevo bisogno di lasciare alle spalle la Parigi della Bisettrice ed anche il periodo storico.
«Per questo ho scelto la Svezia dei nostri giorni. I motivi però si rincorrono anche in questo romanzo: una madre, amicizia e solidarietà che si muovono su uno sfondo di una Svezia per certi versi cupa perché attanagliata da un problema, quello del riemergere dei movimenti neonazisti nel Nord Europa.»
 
Con Gabriele Biancardi ha scritto «Vite nel Kaos», edito da Curcu & Genovese. Come è nata l’idea di questo libro e come è strutturato?
«L’idea è nata mentre si stava discutendo, con Gabriele, di un testo teatrale scritto da lui e che il Coordinamento teatrale (di cui sono la Presidente) avrebbe dovuto circuitare nei teatri del Trentino. Questo sarebbe un bel racconto ho detto leggendo il monologo di uno dei personaggi Tu hai mai scritto racconti?
«Anche lui reduce dalla pubblicazione di due romanzi, mi risponde che no, non aveva mai pensato di scrivere racconti. Da lì è partita l’idea, Proviamoci… Quindi ci siamo messi al lavoro, ognuno di noi scriveva una storia e poi ne discutevamo insieme. Scoprendo così che condensare in poche pagine una vita non è sempre semplice…»
 

Gabriele Biancardi.
 
In un luogo d’osservazione privilegiato come il bar Kaos, si incrociano i destini di molte persone, vengono messe in scena esperienze sempre diverse…
«Quando la scrittura dei racconti fu a buon punto, ci venne l’idea di trovare una situazione, un contesto che potesse legare tra loro i personaggi. Alla fine, scartate varie ipotesi, abbiamo optato per il bar, luogo di socializzazione tra sconosciuti per antonomasia, una sorta di Facebook ante-litteram.
«Anche qui accade che i destini di persone che non si conoscono, si incrociano, si sfiorano, la storia dell’uno dà il via a quella dell’altro. Quindi, creato il contenitore, abbiamo dato vita a Dazim, il barista, colui che compare in tutti i racconti e tiene le fila delle storie…
«Sono nati così i nostri personaggi, una buona amalgama di due stili diversi, di due persone diverse. Dicono che leggendo non si capisce chi ha scritto cosa.»
 
Come definirebbe una relazione autentica?
«Nella società odierna, è piuttosto difficile costruire, se non con il proprio partner, un rapporto autentico, fondato su una comunicazione sincera, dettata dai sentimenti, dalle emozioni e così, nella maggioranza dei casi, si cede il passo alle relazioni convenzionali, prive di qualunque potere espressivo.
«Con Gabriele Biancardi siamo riusciti a costruire questo: una vera relazione di amicizia autentica. Quando si riesce a stabilire una connessione di questo tipo con qualcuno, molto spesso come conseguenza emergono nuove possibilità e nuove opportunità. Questo tipo di relazione diventa indispensabile se si deve giungere alla creazione di un prodotto, nel nostro caso un libro, che è di entrambi.»
 
Dei quindici racconti di storie di vita che si intrecciano al bar Kaos, quali ritiene più emblematici per descrivere la società in cui viviamo?
«Difficile stabilire quali sono i racconti più emblematici, ci sono personaggi a cui siamo più legati, ma non riesco a citarne qualcuno in particolare. I temi trattati sono, in alcuni racconti, quelli che si potrebbero definire temi forti. Abbiamo cercato però, spero riuscendoci, di parlare di storie, a volte difficili, astenendoci da ogni giudizio, con umanità.»
 
C’è un messaggio trasversale che avete voluto trasmettere attraverso le pagine del libro?
«Alcune settimane fa, una persona ci ha mandato un giudizio molto lusinghiero dopo aver letto il libro, (una delle tante…).
«Ci ha scritto tra l’altro: "dopo aver letto il vostro libro, quando vado al bar, guardo le persone che mi stanno intorno con occhi diversi. Grazie, mi avete restituito le persone".
«Se fossimo riusciti davvero in questo sarebbe già uno splendido risultato.»
 
Progetti editoriali futuri?
«Mah, chissà…»
 
Daniela Larentis - [email protected]