Associazione Castelli del Trentino – Di Daniela Larentis
Per «Gli incontri del giovedì», Alessandro Cont giovedì 22 febbraio parlerà a Mezzolombardo dei destini sociali dei cantori evirati dal barocco ai lumi – L’intervista
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«In cammino con Orfeo, destini sociali dei cantori evirati dal barocco ai lumi» è il titolo dell’incontro che si terrà alle 20.30 di giovedì 22 febbraio 2018, presso la Sala Civica di Mezzolombardo.
Il ciclo di serate predisposte dall’Associazione Castelli del Trentino denominato «Gli incontri del giovedì», organizzato dal presidente Bruno Kaisermann e dal vicepresidente, il giornalista, storico e critico d’arte Pietro Marsilli, prosegue con l’appuntamento che avrà come protagonista Alessandro Cont.
Nell’età moderna si sviluppò il fenomeno sociale dei cantori evirati, soprattutto a causa della splendida voce che quest’ultimi esibivano, grazie all’asportazione delle gonadi maschili in giovanissima età, prima dello sviluppo.
Questi fanciulli venivano castrati prima della pubertà, una pratica, quella della castrazione, che fa inorridire e che ne richiama un’altra altrettanto inaccettabile di cui si sente parlare, di tanto in tanto, quella dell’infibulazione, la cruenta mutilazione genitale femminile ancora eseguita oggi in talune società africane per ragioni culturali.
C’è stato un periodo in cui in Europa veniva vietato alle donne di cantare nei cori, si preferivano le cosiddette «voci bianche», quella dei bambini non ancora entrati nella pubertà, e poi quella di quei ragazzi a cui si impediva la naturale maturazione sessuale, a causa dell’asportazione dei testicoli.
Privare un essere umano della sua capacità di procreare, di provare desiderio sessuale, è un atto grottesco in qualsiasi contesto, anche se ciò è avvenuto per ragioni diverse, si tratta in tutti i casi di una grave violazione della sacralità del corpo umano.
Alessandro Cont affronterà l’interessante tema dei cantori evirati e dei loro destini sociali, tratteggiando anche le fasi salienti nelle quali le loro vicende si incrociarono con gli avvenimenti storici dell’area politico-geografica trentino-tirolese.
Due parole sul relatore, prima di passare all’intervista.
Funzionario della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento, è abilitato a professore associato di Storia moderna.
Socio di varie istituzioni e associazioni scientifiche, tra le quali l’Accademia Roveretana degli Agiati e la International Society for Eighteenth-Century Studies, Alessandro Cont è altresì componente della Commissione archivi e biblioteche della Società Italiana per la Storia dell'Età Moderna.
Tra le sue numerose pubblicazioni relative alle corti principesche e alla società nobiliare italiana e tedesca nei secoli XVII e XVIII si segnalano la monografia «Giovin signori. Gli apprendisti del gran mondo nel Settecento italiano», prefazione di Aurelio Musi, Roma, Società Editrice Dante Alighieri, 2017, e i saggi «Ministri, favoriti, confidenti».
L'entourage dei sovrani secolari italiani nell'Antico Regime, 1659-1796, «Nuova Rivista Storica», 101, 2 (maggio-agosto 2017), pp. 391-430; «L'uomo di corte italiano: identità e comportamenti nobiliari tra XVII e XVIII secolo», «Rivista storica italiana», 126, 1 (aprile 2014), pp. 94-119; «Educare alla e attraverso l'amicizia. Precettori e governatori nella società nobiliare italiana del Seicento», «Annali di Storia dell'Educazione e delle Istituzioni Scolastiche», 20, 2013, pp. 83-103.
Abbiamo avuto il piacere di porgergli alcune domande.
Francesco Battaglioli, Rappresentazione dell’opera Armida placata al teatro del Coliseo del Buen Retiro (1750), olio su tela.
Quali saranno i punti principali che verranno toccati nell’incontro di giovedì 22 febbraio inerente ai «Destini sociali dei cantori evirati dal barocco ai lumi»?
«L’incontro di Mezzolombardo prevede un’esposizione divisa in due parti. Primariamente parlerò del tema dei cantanti evirati in generale, illustrando, anche con l’ausilio di testimonianze iconografiche, la nascita, lo sviluppo e infine lo spezzarsi di questo straordinario e inquietante fil rouge della storia europea tra XVI e XIX secolo.
«A seguire, cercherò di esaminare due fasi significative nelle quali le vicende dei castrati – gloriose e insieme tragiche – si intrecciarono con gli accadimenti storici dell’area politico-geografica trentino-tirolese.
«Mi riferisco, per la precisione, alla committenza musicale e operistica dell’arciduca Ferdinando Carlo d’Austria, sovrano del Tirolo negli anni centrali del Seicento, e alla carriera del castrato trentino settecentesco Francesco Grisi.»
Chi erano in particolare questi cantori evirati, da quale ceto sociale provenivano?
«Gli evirati cantori sono una tra le icone più singolari, appariscenti e intriganti della storia europea tra la fine del Cinquecento e l’inizio dell’Ottocento. Chiunque si sia occupato, quale studioso, o anche solo come curioso, di corti, nobiltà e di rilevanti istituzioni ecclesiastiche in quest’arco di tempo si è imbattuto almeno una volta in un cantante castrato.
«Il dilatarsi del fenomeno sociale dei cantori evirati nell’età moderna si deve soprattutto all’utilizzo spregiudicato della splendida voce di soprano e contralto che veniva assicurata nei musici, come essi allora venivano chiamati, dall’asportazione delle gonadi maschili, o orchiectomia, operata prima della pubertà.
«Solitamente i castrati provenivano da famiglie umili che potevano sperare di emergere economicamente e socialmente grazie alle doti canore del loro fanciullo, ma non sempre le condizioni di partenza erano segnate dal disagio e dall’indigenza.
«Il pisano Filippo Balatri, per esempio, dichiarò nella sua commovente autobiografia in versi del 1735: Mio padre è un’uom di penna, ed è protetto / dal suo sovran [il granduca di Toscana Cosimo III de’ Medici - NdR], gradito, e assai benvisto; / io reso son’ di già del gener’ misto / idest soprano, e sono giovinetto».
Dove e quando si sviluppò questo fenomeno sociale?
«I castrati si affermarono a partire dalla metà del Cinquecento in Italia ove quasi sempre essi continuarono a formarsi o a perfezionarsi, anche dopo che il loro successo artistico, nel corso del periodo barocco, si espanse dalla Penisola al Sacro Romano Impero di Nazione Germanica, alla penisola iberica, all’Inghilterra, a San Pietroburgo.
«L’appoggio degli uomini di Chiesa e dei principi secolari fu decisivo, fino al principio del XVIII secolo, per assicurare fama e sostentamento ai castrati. Si pensi a Marcantonio Pasqualini detto Streviglio (1614-1691), il sopranista romano amato dal cardinale Antonio Barberini iunior.
«Un rilievo sempre maggiore assunse però il sistema operistico a gestione impresariale, che da Venezia si diffuse in Europa a partire dal 1637. Non a caso, alcuni dei più dotati evirati del Settecento, quali Senesino, Farinelli, Caffarelli, Guadagni, Pacchierotti o Marchesi, trionfarono sulle scene di teatro italiane ed europee.»
Luigi Marchesi.
In ambito trentino-tirolese, la sua diffusione dove trae origine?
«I castrati compirono la loro apparizione anche nell’arco alpino compreso entro i territori della contea del Tirolo e del principato vescovile di Trento.
«Non si può non dimenticare, a questo proposito, il ruolo ricoperto dalla corte dell’arciduca Ferdinando Carlo d’Austria, principe territoriale del Tirolo dal 1646 al 1662, e della sua consorte toscana Anna de’ Medici.
«Grazie alla sensibilità artistica e alla magnificenza della coppia arciducale, Innsbruck rappresentò, nel periodo barocco, un fastoso centro d’incontro e di scambio tra mondo tedesco e italiano.
«L’apertura di un teatro, nel 1653, con l’opera La Cleopatra di Antonio Cesti, fissò una tappa considerevole nella propagazione del genere operistico a settentrione della Penisola. Ma nel suo piccolo, anche la cappella musicale della cattedrale di Trento soggiacque al fascino della voce dei cantanti castrati, sebbene l’importanza della capitale del principato ecclesiastico alpino nella diffusione del fenomeno degli evirati non possa assolutamente paragonarsi a quella dei grandi centri del consumo musicale europeo sei-settecentesco, come Venezia, Roma o Napoli.»
Potrebbe darci qualche anticipazione in merito, facendo qualche esempio?
«La temperie culturale e lo stile della vita di corte di Innsbruck a metà del XVII secolo potranno essere colti, nel corso dell’incontro rotaliano, soprattutto alla luce delle briose e curiose lettere che dalla città del Tirolo uno spregiudicato e talentuoso evirato pistoiese, il giovane Atto Melani, indirizzò al suo patrono mantovano, il duca Carlo II Gonzaga-Nevers. Per quanto concerne invece la scena trentina, mi soffermerò sul castrato Francesco Grisi, nato ad Ala nel 1709.
«Grisi compì una breve epifania come fanciullo cantore nella cappella musicale del duomo di Trento, ma la sua carriera si dispiegò soprattutto esibendosi su molteplici palcoscenici italiani. Fu soprattutto la famiglia dei conti Buccelleni, attiva tra Brescia e Trento, a lanciare il musico lagarino nel cosmo teatrale della Penisola.
«Per comprendere il percorso professionale di Grisi, tuttavia, non si deve scordare nemmeno un personaggio influente come il principe Filippo langravio di Assia-Darmstadt, dal 1714 al 1735 governatore imperiale di Mantova.
«Questi, infatti, concesse a Grisi la qualifica ufficiale di suo virtuoso: riconoscimento e carta da visita tutt’altro che disprezzabili nella società così fortemente gerarchica dell’epoca.»
Andrea Sacchi, Marcantonio Pasqualini incoronato da Apollo, Olio su tela, 1641. New York, The Metropolitan Museum of Art.
Quali furono in sintesi le ragioni della decadenza di questa pratica?
«Il periodo della decadenza iniziò per i celebrati musici nel pieno del secolo dei lumi, sulla metà del Settecento, soprattutto in ragione del progressivo maturare di un nuovo atteggiamento nei confronti della natura in genere e rispetto all’inviolabilità del corpo umano.
«Nondimeno, il loro destino fu segnato anche dall’evolversi delle forme spettacolari e del gusto musicale, in particolare con l’affermarsi, nel secolo XIX, della fortuna del tenore drammatico.
«Alla legislazione del nuovo Regno d’Italia, nato nel 1861, che introdusse formalmente il divieto della castrazione, si aggiunsero, tra fine XIX e inizio XX secolo, i provvedimenti dei papi Leone XIII e Pio X contro l’assunzione di cantori evirati nelle cappelle musicali ecclesiastiche.
«Il soprano della Cappella Sistina Alessandro Moreschi (1858-1922) fu non solo l’ultimo castrato di cui si abbia conoscenza, ma anche l’unico che ci abbia lasciato le – davvero impressionanti – registrazioni sonore del suo cantato.»
Fra le sue numerose pubblicazioni relative alle corti principesche e alla società nobiliare italiana e tedesca nei secoli XVII e XVIII figura la monografia «Giovin signori. Gli apprendisti del gran mondo nel Settecento italiano», Società Editrice Dante Alighieri, 2017. Potrebbe brevemente delineare l’importanza dal punto di vista metodologico dello studio da lei condotto, illustrando gli strumenti da lei utilizzati nell’analisi storica?
«Questo saggio monografico tratta dei giovani nobili italiani, tra i sette e i trentacinque anni di età, indagati nella concretezza delle loro relazioni familiari, dei loro itinerari educativi e del loro apprendistato al gran mondo, ossia alla vita nell’alta società.
«Il tema è affrontato, per la prima volta, in una prospettiva comparativa e interdisciplinare: confrontando cioè le diverse realtà politico-sociali della penisola mediterranea e delle sue isole maggiori e facendo dialogare tra loro storia della società e storia della letteratura, storia dell’arte e storia dello spettacolo.
«Cospicuo è l’apporto documentario, basato su scoperte archivistiche in molte tra le regioni italiane, come la Sicilia o il Piemonte, la Campania o la Toscana.»
A cosa sta lavorando attualmente?
«In questi mesi sono impegnato in uno studio dedicato ai complessi rapporti intessuti tra XVII e XVIII secolo dai prelati del Sacro Romano Impero provenienti da famiglie principesche (Baviera, Palatinato-Neuburg, Lorena, Baden-Baden, Assia-Darmstadt, Hohenlohe, Nassau-Siegen, Sassonia-Zeitz e Württemberg) con la compagine politica e culturale italiana.
«Un interesse particolare è rivestito, nella cornice di tale ricerca, da varie personalità dell’aristocrazia trentina e tirolese operanti a Roma e presso le corti di Vienna, Monaco, Bonn e Mannheim, ma altresì da quei cantori evirati che contribuirono al complesso evolversi del dialogo artistico tra società italiana e tedesca dal periodo barocco a quello dei lumi.
«Ci preme come sempre ricordare che tutti gli incontri in programma godono del patrocinio della Regione Trentino Alto-Adige, della Provincia Autonoma Trento, della Comunità Rotaliana-Koenisberg e del Comune di Mezzolombardo e della collaborazione dell’Accademia degli Agiati di Rovereto, della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, del Museo degli Usi e Costumi della gente Trentina.
«Sono, inoltre, riconosciuti da IPRASE e validi ai fini dell’aggiornamento del personale docente della Provincia Autonoma di Trento.»
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