La satira non è informazione: può solo piacere o non piacere
Ma la differenza tra la civiltà cristiana e quella islamica è anzitutto culturale
Il dibattito dialettico scatenato dalle tristi vicende del giornale satirico Charlie Hebdo si sta snodando sulla linea rossa che divide il lecito dall’illecito.
Dal punto di vista giornalistico, la linea è ben demarcata: la libertà di stampa finisce là dove comincia la libertà altrui. La legge stabilisce una serie di reati legati all’espressione che offende la dignità altrui, anche se lo fa in maniera a nostro avviso piuttosto discutibile. Ma questo aspetto è giuridico e non etico.
E prima ancora della Giustizia è lo stesso Ordine dei giornalisti a tutelare le persone offese. Anche in questo caso non abbiamo la perfezione, ma è sicuramente una garanzia oggettiva sia per chi dovesse trovarsi a leggere bugie, cioè notizie infondate o palesemente copiate, sia chi si sente offeso da costruzioni mediatiche che lo riguardano direttamente.
Ma il tema su cui oggi si discute animatamente è quello della satira, dopo anni che credevamo l’argomento fosse ormai assodato.
La satira, da quando esiste, non è ne apologetica né diffamatoria: deve solo piacere o non piacere. Se ti piace la seguirai ancora, se non ti va non la seguirai più.
Ci pare abbastanza evidente che chi ha fatto la strage di vignettisti a Parigi non la pensava così, ma lo stesso pontefice ha espresso qualche giudizio in tal senso.
«Non esiste alcuna giustificazione per chi usa la violenza nel nome di Dio – ha detto papa Francesco sul volo verso l’Indonesia. – Ma è comprensibile che se qualcuno usa parole dure nei confronti della tua mamma ti venga voglia di dargli un pugno.»
Dove la mamma sta a significare qualcosa che ti è caro e non solo la religione.
Ma restiamo del parere che la satira è satira, punto e basta.
Francamente abbiamo trovato inutilmente volgari e irriverenti le vignette (vecchie e nuove) del settimanale Charlie Hebdo. E poche ci hanno fatto ridere. Ma, ripetiamo, bastava evitare di acquistare il settimanale satirico.
E adesso assistiamo al solito balletto: tutti sono corsi ad acquistare una copia del giornale che stava quasi scomparendo, ridandogli vita, per poi definire nuovamente «offensive» le vignette pubblicate.
Molti paesi dove è diffusa la religione musulmana si sono lamentati con vibranti proteste per via diplomatica nei confronti della Francia. E questo perché in quei paesi non c’è la cultura minimale delle libertà imprescindibili dell’individuo.
La libertà dalla fame in primis, la libertà religiosa poi e quella politica dopo, sono sancite da qualsiasi organismo internazionale degno di questo nome, dall’ONU in giù.
Vedere satana nelle vesti dei vignettisti, quando si hanno in casa religiosi che - nel nome di un dio costruito irriverentemente a propria immagine somiglianza - decapitano uomini, straziano donne e minacciano tutti i liberi pensatori, ci sembra macroscopica la sproporzione delle reazioni, da condannare a tutti i livelli.
La vera differenza tra il Mondo Occidentale e il Terzo Mondo è tutta qui: la tolleranza del primo che subisce il fondamentalismo del secondo.
Se la tolleranza del Mondo Occidentale è stata la causa indiretta della crescita dei terroristi, ci pare sia giunto il momento di rimettere le carte a posto.
Tolleranza zero per chi commette atti di intolleranza? Potremmo proprio dire di sì perché è una questione di cultura.
Non volevamo giungere a una guerra di civiltà. Il presidente Dorigatti aveva precisato che non può esserlo quando una delle parti non è civile, ma le reazioni degli stati a maggioranza islamica stanno dando corpo allo spettro della Terza Guerra Mondiale (come l’ha definita Papa Francesco).
Non occorre invocare lacrime e sangue come fece Churchill a suo tempo, ma ormai una reazione decisa e civile si sta sollevando.
Come abbiamo scritto in un altro articolo commentando le azioni antiterroristiche che avvengono in Europa in questi giorni, questi cialtroni hanno destato il gigante europeo.
G. de Mozzi