Nasce a Milano il «Progetto Chioma» – Di Nadia Clementi
Parliamo con il prof. Ponzielli di cellule staminali e fattori di crescita contro la calvizie
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La calvizie è ancora un problema parzialmente irrisolto. Sono molti infatti gli uomini e le donne con una capigliatura ben lontana dall'essere la chioma ideale: folta e completa.
Tuttavia rispetto al passato la ricerca ha messo a segno molti punti: oggi sappiamo perché la calvizie colpisce più gli uomini rispetto alle donne e perché predilige certe zone del capo. questo articolo distinguendo opportunamente tra sperimentazione, quindi nuovi orizzonti e stato di fatto utilizzabile per la medicina.
Restando nell'ambito futuro, per ora definita medicina spettacolo, prendiamo come esempio una sperimentazione pubblicata sulla rivista Pnas dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, portata avanti da un gruppo di ricerca internazionale coordinato da Claire A. Higgins, del dipartimento di Dermatologia della Columbia University di New York.
Essa riguarda la possibilità di coltura di elementi cellulari al fine di creare capelli omologhi (da cellule dello stesso paziente) in laboratorio grazie alle cellule staminali umane.
Un sogno per le donne e gli uomini che affrontano il problema delle calvizie e che come tale ad oggi rimane.
Per quanto riguarda invece chi soffre o soffrirà di calvizie, facciamo riferimento alla pratica clinica che ha tratto profitto dalla ricerca degli ultimi anni e che può rispondere a molti problemi, nonostante ci siano ancora molte cose da sapere e da valutare.
Di tutto ciò abbiamo parlato con il chirurgo dr. Giovanni Ponzielli che abbiamo già conosciuto nella precedente intervista (vedi).
Dr Ponzielli prima di tutto ci spieghi brevemente quali sono le principali cause della calvizie maschile e femminile.
«Tralascerei i casi di calvizie o di semplice diradamento dei capelli indotte da patologie occasionali quali disfunzioni ormonali, carenze alimentari, cause traumatiche, infiammatorie, infettive etc. limitandomi a discutere su quanto è stato ed è tuttora oggetto di ricerca. Nell'ambito della calvizie androgenica o androgenetica, che costituisce il vero problema della chioma e che affligge quasi il 70% degli uomini over 40 e il 40 % delle donne dopo una certa età.
«Ad oggi non sono ancora noti tutti i responsabili genetici della calvizie ma sappiamo per certo che nell'economia della vita del capello entrano in gioco i metaboliti degli androgeni che sono gli ormoni prevalentemente maschili (ma presenti anche nelle donne).
«È tuttavia da sfatare la comune convinzione che un uomo calvo abbia più androgeni rispetto al coetaneo con problemi di calvizie, in quanto si è verificato che il soggetto calvo presenta meno androgeni, manifestando invece una maggior concentrazione di un enzima (alfa 5 reduttasi) che trasforma l'androsterone in diidrotestosterone (DHT), il quale è tossico per i follicoli capilliferi ed è causa della calvizie.
«Chi inizia a perdere i capelli, nell'ambito della calvizie androgenetica, si ritrova a patire le conseguenze della maggior concentrazione di questo enzima proprio nelle sedi più colpite (tempie e vertice).
«Si è scoperto che esistono due tipi di alfa reduttasi (tipo 1 e tipo 2) espressi da due diversi loci genetici (cromosoma 2 e cromosoma 5). Il tipo 1 di 5-alfa-reduttasi è il tipo cutaneo, è localizzato principalmente nei sebociti, nel fegato, ma anche nei cheratinociti della pelle e del follicolo, nella papilla dermica, nelle ghiandole sudoripare, ed è particolarmente responsabile della calvizie della donna.
«Il tipo 2 di 5-alfa-reduttasi, che è responsabile per due terzi di tutto il DHT circolante, si trova nell'epididimo, nelle vescicole seminali, nella prostata e nella cute dei genitali del feto, nella guaina epiteliale dei follicoli piliferi ed è particolarmente responsabile della calvizie maschile.»
La calvizie si può prevenire? E se sì come?
«Il processo della calvizie è molto complesso e chiama in gioco molti mediatori chimici, enzimi, fattori di crescita ecc. Una categoria di mediatori intercellulari, le prostaglandine, riveste un ruolo chiave nella crescita del capello con effetti opposti.
«Mentre le prostaglandine PGE e PGF alfa hanno un ruolo di stimolazione della crescita del capello, le prostaglandine D2 hanno un ruolo inibitore. Infatti sono state riscontrate elevate concentrazioni di prostaglandine D2 nel cuoio capelluto di soggetti calvi.
«Nel caso della calvizie la prevenzione, che significa spendere tutte le opportunità terapeutiche a nostra disposizione, ha come importanza quella dell'attore protagonista assoluto e riveste quindi, come strategia di approccio medico al problema della calvizie, una importanza capitale che può consentire di evitare l'atrofia completa dei bulbi e di conseguenza lo stesso ricorso alla chirurgia dei trapianto (ultima spiaggia)».
Oggi si sente molto parlare di staminali e di fattori di crescita; in parole semplici di cosa si tratta e in che modo possono essere utilizzate contro la calvizie?
«Si tratta, per così dire, di due categorie di soggetti (staminali che sono cellule, e fattori di crescita che sono proteine) strettamente correlati. Le cellule staminali (adulte) sono presenti in gran quantità nel grasso (precisamente nello stroma del grasso, che è la struttura di sostegno delle cellule adipose).
«Tali cellule sono quiescenti e si attivano all'occorrenza (traumi, infiammazioni, ecc. ) per esprimere le proprie capacità operative. Oggetto della ricerca recente e attuale, non ancora compiuta, è l'individuazione dei meccanismi di attivazione di queste cellule presenti allo stato di quiescenza cioè inattive.
«Qui entrano in gioco anche i fattori di crescita che sono proteine, di derivazione piastrinica. Parliamo della categoria delle citochine, delle interleuchine, che entrano in gioco nei meccanismi infiammatori e nei complessi processi a cascata che sottendono alla guarigione delle ferite e che sono responsabili dello stimolo a crescere che può essere generico o specifico per determinate linee cellulari.
«A questo punto compaiono le prostaglandine e i vari recettori di membrana cellulare deputati a modulare la spinta e l'arresto della crescita cellulare, sia in via generale che specifica. Ciò significa sopravvivenza o morte di una struttura (il follicolo del capello ad esempio) la cui durata è segnata in una specie di orologio geneticamente controllato. La ricerca ha l'ambizione di poter manovrare le lancette di questo orologio.»
Come si possono applicare staminali e fattori di crescita al problema della caduta dei capelli?
«La ricerca scientifica, tutt'altro che conclusa, ha stimolato l'applicazione clinica dei concetti sopra esposti con una tale varietà di strategie che non è possibile standardizzare in un modello scientificamente valido per tutti.
«Ciascuno ha la sua ricetta. Le differenze e i segreti stanno nell'utilizzo dei fattori di crescita e nell'auto trapianto delle staminali, nelle le modalità del prelievo, nel medium veicolante, nelle modalità e nei tempi di trasferimento e di trapianto del materiale prelevato, nonché nelle procedure associate che hanno come finalità quella di innescare la cascata di fenomeni che sottendono allo stimolo rigenerativo.
«La cosa importante, come è intuibile da quanto detto finora, è che nella pratica clinica ci sia il presupposto imprescindibile che è quello di seguire, nella propria applicazione, le regole della buona medicina. Questo significa non procedere al buio e seguire il comportamento prescritto dalla cosiddetta medicina basata sull'evidenza.»
La pratica clinica sopra descritta è possibile per tutti i casi?
«Sì. Mi spiego meglio: se i capelli sono stati persi completamente nella classica evidenza clinica della corona ippocratica, il trattamento è coadiuvante della metodica del trapianto, se invece siamo ancora alla fase di miniaturizzazione dei capelli, si può intervenire con la finalità di invertirne il corso e ridurre o evitare lo step del trapianto. Nella donna questo è quasi sempre possibile.»
Ci può descrivere il procedimento negli step essenziali?
«Prelievo di sangue (in centro autorizzato), centrifugazione e ricavo del PRP (concentrato piastrinico), micro iniezioni nel cuoio capelluto del PRP. Prelievo del grasso, concentrazione delle cellule staminali, micro iniezioni nel cuoio capelluto delle staminali adulte. Tutto il processo dura circa un'ora.»
Sono necessarie più sedute?
«Secondo la nostra esperienza sono necessarie minimo tre sedute per avere un buon risultato.»
Quanto costa ogni seduta?
«Circa duemila euro tutto compreso»
Quando è necessario intervenire?
«Non appena si avverte il diradamento dei capelli.»
Questa terapia può sostituire il trapianto di capelli?
«Sì se il problema è preso in tempo, specie nella donna.»
I risultati sono uguali per entrambi i sessi?
«Nella donna abbiamo riscontrato in media risultati più evidenti.»
Chi volesse saperne di più a chi si deve rivolgere e dove?
«È nato a Milano il Progetto Chioma di cui ho il piacere di far parte dato il mio back-ground nell'ambito della ricerca sulle staminali.
«Il progetto riunisce le competenze del biologo, del dermatologo, del chirurgo plastico e dell'esperto in medicina estetica.
«Tra i colleghi di riferimento sono il dr Angelo Serraglio, particolarmente esperto nel trapianto di capelli secondo la tecnica FUE, il dr Dauro Reale, il dr Regazzini Roberto, la dottoressa (biologa) Cristina Sacchi, preziosa collaboratrice e pioniere nella ricerca sul PRP.»
Nadia Clementi - [email protected]
Dott. Giovanni Ponzielli - [email protected]
Via Gaetano Donizetti, 12, 20122 Milano -335 459 194 - www.chirurgia-estetica-milano.it
Numero verde dedicato al progetto 800146582 - progetto Chioma -
Video/intervista del dott. Angelo Serraglio, collega del dott. Ponzielli