Al Qaeda ai tempi di Facebook – Di Miryam Scandola

Chat, forum, video e giornali online: la nuova Jihad si combatte su Internet

Il Web è la comoda casa di tutti. Internet è il palcoscenico indiscriminato per i vari attori improvvisati dell'oggi.
I social network, inutile precisarlo, sono le moderne, affollatissime piazze dove tutti incontrano tutti . Anche l'Islam radicale se n'è accorto.
Dopo la risposta americana al disastro del 2001, la deriva jihadista- salafita marchiata Al Qaeda, si è trovata quasi totalmente deterritorializzata e si è vista costretta a cercare un nuovo spazio.
Poco le importava se virtuale o reale.
 
Il XXI secolo ha segnato, dunque, un grande cambiamento per la battaglia dei mujahidin , i combattenti islamici, specialmente nella diffusione del verbo musulmano che, una volta abbandonato l'uso di obsolete audiocassette clandestine, si è votato alla galassia multiforme di Internet.
I vantaggi del veicolo cibernetico sono ovviamente consistenti.
In primis, la possibilità per Al Qaeda e per i suoi figli di influenzare l'opinione pubblica musulmana e radicalizzarne i contenuti e le idee.
E in secondo luogo, proporsi come valido strumento di informazione opposto a quello occidentale. - Nukhbat al-I‘lām al-Jihādī (il Meglio dei media jihadisti) che fa propri i servizi di social networking come Youtube, Facebook e Twitter servendosi delle newsletter, non è che una delle tante fondazioni mediatiche preposte allo scopo.
 
Condividere articoli, video, commenti, chattare con i “fratelli lontani e, magari, sconosciuti che abitano a Londra come a Beirut, a Tangeri come a Zurigo. Usare Google Earth e Street View per pianificare attentati.
Leggere dalla pagina web di «Inspire» [la prima rivista in inglese del braccio mediatico di Al Qaeda - NdR] le norme, i consigli, e alcune pratiche direttive circa lo svolgimento delle“mansioni” terroristiche.
Queste solo alcune delle pericolose possibilità che il web offre, volente o nolente, anche al mondo dei parossismi radicali.
 
Inutile precisare come questi disparati imput on-line si prestino facilmente ad essere accolti dalla nuova generazione musulmana che, assorbendola da uno schermo, fa propria l'ideologia qaidista e la mette in pratica, spesso, con una follia autodidatta.
Paradossalmente, oggi più che mai, la «base» (significato principe, in arabo, della parola Al Qaeda) non ha una base.
 
E forse la sua forza sta proprio in questa struttura liquida e decentralizzata che crea proseliti tra il popolo di Internet come tra i gruppi di ribelli sparsi nei vari paesi sottosviluppati che cercano di far cadere i loro governi traballanti.
 Una struttura che, insomma, sotto la coltre minacciosa e cupa del marchio di Al Qaeda nasconde molti altri nomi e molte altre realtà. Che ora prendono le fattezze del gruppo terroristico Al Shabaab in Somalia, ora dei Boko Haram della Nigeria, ora degli Ansar Dine, «difensori della fede» del Mali.
 
Questi gruppi di ribelli spesso nati dalla miseria , scelgono, per sopravvivere, di affiliarsi, anche solo nominalmente, ad Al -Qaeda.
Prestano le pianure dei loro paesi ai campi di addestramento jihadisti, e antepongono alla loro lotta politica quella islamica.
Il caso del Mali oggi insegna. Niente TV, niente musica, bandite le sigarette, sommarie e costanti fustigazioni per reati che non sono reati, mani e piedi amputati.
 
L'area settentrionale del paese, ora chiamata Azawad, assiste inerte alla progressiva imposizione della Sharia nei suoi territori, per volere degli islamici maliani del gruppo degli Ansar Dine e delle forze dell' Aqmi (al Qaeda per il Maghreb ) .
Ma tante e altre sono le sigle e le organizzazioni che firmano queste follie radicali nelle terre del Sahel, come tra le sabbie del Nordafrica e come ,anche, tra le lontane montagne della Cecenia.
Innumerevoli, variegate e polimorfe forse solo come i volti virtuali dell' Al Qaeda di oggi.
 
M.S.