Alla ricerca di un intrigante segreto – Di Daniela Larentis
Un thriller storico davvero avvincente, «Vivaldi e il segreto del nuovo mondo» di Dario Piccotti e Alvaro Torchio, diverte e offre interessanti spunti di riflessione
In un mondo divenuto troppo egoista, dove molto spesso l’interesse di ogni persona è in contrasto con quello di tutti gli altri individui (e quello di taluni è anteposto al bene comune) è assai difficile immaginare di poter vivere una vita davvero felice (se per felicità si intende quella gratificazione intima, quella sorta di soddisfazione o meglio quella gioia che si prova conducendo una vita finalizzata al bene in senso ampio, non solo al proprio, e non al contrario unicamente alla facile rincorsa del puro piacere personale e del proprio tornaconto).
La felicità è di fatto un’idea assai complessa e non è certo facile definirla né spiegarla. Lo hanno fatto e lo fanno molti filosofi, a noi tutti non resta che provare a viverla.
Potremmo considerarla idealmente come un valore, pensandola come un qualcosa che ha molto a che fare con la nostra essenza, si potrebbe azzardare «con l’anima» di ognuno di noi.
In una società come la nostra ci si chiede provocatoriamente se la felicità riguardi più la sfera materiale anziché quella spirituale, poiché in tal senso spesso si ci sente come naufraghi che annaspano nel bel mezzo di un mare insidioso.
Molti si confondono, cercandola là dove non la potranno mai trovare (fra gli scaffali lucenti di qualche lussuoso negozio, tanto per fare un esempio, o sul comodo sedile di qualche stratosferica automobile).
Si è più felici «avendo» o «essendo»? Un interrogativo la cui risposta sembra così banalmente scontata che pare non valga nemmeno la pena spendere un minuto del proprio tempo per pensarci.
Verrebbe da dire senza meditarci troppo che la felicità debba avere per forza un qualche rapporto anche con lo sviluppo delle proprie capacità (ci si sente felici quando si mettono a frutto i propri talenti e si assecondano le proprie inclinazioni) e con l’idea di uguaglianza (non si è felici venendo dominati e oppressi, così come non lo si è nemmeno dominando gli altri, lo si sarebbe se vivessimo tutti in una società più giusta, probabilmente, in cui ci fosse più uguaglianza fra gli uomini).
Un esempio illustre di chi ha saputo sviluppare i propri talenti (quello musicale in questo caso) lo si trova fra le righe di uno straordinario romanzo, un libro tanto intrigante quanto curioso, intitolato «Vivaldi e il segreto del Nuovo Mondo», di Dario Piccotti e Alvaro Torchio (edito da Stampa Alternativa).
Si tratta di un raffinato thriller storico, la cui coinvolgente narrazione parte dal ritrovamento di un vangelo apocrifo (rinvenuto a Costantinopoli nel 1204) che passa fra le mani niente meno che del Savonarola e non solo, e grazie a una fazione di Gesuiti sarà la base di un rivoluzionario progetto di riscatto sociale da attuarsi nel Nuovo Mondo, arrivando a coinvolgere poi nella Venezia del primo Settecento il famoso compositore Antonio Vivaldi, insegnante di musica all’Ospedale della Pietà, eccezionale musicista e manager teatrale.
Proseguendo nell’avvincente lettura ricca di colpi di scena, viene delineata sempre più la personalità del «Prete rosso», ossia il celebre autore delle «Quattro stagioni», svelando passioni e intrighi, in un carosello di avvenimenti che lasciano fino alla fine con il fiato sospeso.
È un libro che si legge tutto d’un fiato e leggerlo vale la pena per molti motivi, primo fra tutti perché è scritto davvero molto bene e diverte, infatti la trama, che si svolge con ritmi serrati attorno alla figura di Vivaldi, è incredibilmente appassionante.
È tuttavia un racconto complesso e profondo, definirlo semplicemente «thriller storico» è davvero riduttivo, poiché si presta a diverse letture. Il principio di uguaglianza a cui si accennava prima (all’inizio dell’articolo) attraverso l’invenzione fantasiosa del vangelo scritto niente meno che dal fratello di Gesù solleva interessanti domande a cui ognuno può cercare personalmente di trovare delle risposte.
A proposito di questo misterioso testo si legge a pag. 186: «…Dio ha creato questo mondo per tutti gli uomini e dunque a ogni uomo spetta una parte di esso, né più grande né più piccola di quella di chiunque altro, dato che siamo tutti fratelli, figli dello stesso Padre…».
Figli dello stesso Padre, quindi uomini aventi la stessa dignità.
Ma cosa significa esattamente essere uguali?
Per esempio, esserlo di fronte alla legge è un conto (ma siamo davvero tutti uguali di fronte alla legge?), esserlo sul piano sociale è un altro (qui entrano in gioco molti fattori, uno dei quali è la distribuzione della ricchezza, un insidioso terreno nel quale addentrarsi).
Nei Principi fondamentali della Costituzione della Repubblica italiana l’art. 3, a proposito del principio di uguaglianza, così recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
«È compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»
Comunque la si pensi è piuttosto immediato, a questo punto, chiedersi quale sia esattamente il valore che ognuno di noi dà al termine «uguaglianza».
Che significato attribuiamo a questa parola? Ognuno può meditare sulla questione con calma, è certo che la lettura di questo libro offre parecchi spunti di riflessione a riguardo e lo fa divertendo.
Provare per credere…
Daniela Larentis - [email protected]
(Rubrica Pensieri e Paole)