Dal Vinitaly le strategie per riconquistare il consumatore italiano
«In tempi di crisi la scorciatoia della leva prezzi non è la soluzione»
Scendere di qualità non paga perché
soltanto le imprese che si collocano nella fascia più alta hanno
una redditività tale da assorbire la riduzione dei margini e
vantano una capitalizzazione maggiore con un migliore equilibrio
finanziario.
Lo dice lo studio Vinitaly/Confcommercio «Ma gli italiani amano
ancora il vino? Le ragioni del consumo interno» presentato nel
primo giorno del Salone internazionale dei vini e distillati in
corso a Verona fino all'11 aprile.
La ricerca è stata divisa in due parti: la prima, attraverso la
società Unicab di ricerche di mercato, ha «tastato il polso» a un
campione rappresentativo della popolazione italiana e a un panel di
opinion leader scelto fra produttori, enologi, consulenti del
comparto, giornalisti per valutare da un lato il sentiment del
pubblico nei confronti del vino e dall'altro capire le ragioni del
costante e progressivo calo dei consumi individuali in Italia; la
seconda, realizzata dal Laboratorio delle Imprese del Banco
Popolare, basata sull'analisi di oltre 200 rendiconti annuali
(quelli ufficiali depositati in Centrale dei Bilanci con esclusione
delle cooperative) che rappresentano l'80% del fatturato del
Sistema vino italiano, ha esaminato i bilanci delle principali
cantine italiane nel periodo 2007-2009 per individuare le categorie
che meglio hanno retto alla crisi e le caratteristiche che dovranno
avere, anche come posizionamento di prodotto, nei prossimi anni per
crescere.
A queste due ricerche, si è affiancata una lunga serie di
interviste che dal febbraio scorso Vinitaly ha realizzato
settimanalmente intervistando 35 personalità del settore
vitivinicolo (istituzioni, produttori, giornalisti, associazioni,
esperti di marketing e immagine) aprendo un dibattito sul sito
htt://aspettando.vinitaly.com
Dal campione di consumatori emerge che:
- il vino si beve essenzialmente a casa, mentre il ruolo di
ristoranti, pub ed enoteche è marginale per una buona fetta di
consumatori. Appena il 40% degli italiani bere vino tutti i giorni;
il 28,3% due, tre volte a settimana. Un terzo del campione beve
vino assai più raramente. Analizzando questi dati per classi di età
emerge un consumatore abituale mediamente anziano, sopra i 50
anni;
- gli italiani dicono che il vino fa bene, che esprime soltanto
valori positivi e non lo ritengono un prodotto di moda. Il vino
rappresenta proprio l'italianità, il vino non è più un alimento,
ma resta una parte fondamentale del nostro sentirci parte della
comunità;
- gli italiani però ammettono di non conoscere il vino (la metà si
giudica in materia totalmente incompetente) e che la marca è
determinante nella scelta di acquisto solo nelle occasioni
importanti;
- la maggioranza del campione non ha radicalmente modificato le
proprie abitudini di consumo, ma il numero degli italiani che li ha
ridotti, in generale per motivi di salute, è più del doppio di
quanti invece hanno incrementato i consumi, il 22,4% contro il
9,8.
Per il panel di esperti:
- il percepito del vino coincide con i risultati della popolazione
su temi quali salubrità, piacevolezza, valori positivi e
rappresentazione dell'italianità. Negli ultimi anni il vino
italiano è inoltre cresciuto in qualità andando anche verso una
maggiore facilità di beva;
- nello stesso periodo il mondo del vino non ha parlato
correttamente coi consumatori; ha usato un linguaggio elitario
(anche nell'etichettatura); non ha investito sufficientemente in
pubblicità e promozione, confermando di fatto l'abbandono del
presidio sulle nuove generazioni più sensibili di quelle più
anziane alla pubblicità e alla comunicazione; non ha coinvolto i
consumatori nell'individuare i nuovi vini dando troppo ascolto agli
enologi e ai critici. Quindi, paradossalmente, ha prodotto vini che
vanno incontro ai cambiamenti recenti delle abitudini della società
italiana dimenticandosi però di «avvisarla».
Le quattro soluzioni degli esperti
Le soluzioni individuate dal panel di esperti per riconquistare il
mercato interno sono essenzialmente quattro:
- raccontarsi ed aprirsi di più al pubblico;
- intercettare i nuovi pubblici: donne e giovani avviando la
sostituzione dei consumatori attuali;
- investire di più in comunicazione e pubblicità, che invece è
segnalata in calo da buona parte della stampa di settore presente
nel panel degli intervistati;
- favorire le aggregazioni fra i produttori per superare i limiti
di comunicazione e commerciali determinati dall'eccessivo
frazionamento della produzione.