Storie di donne, letteratura di genere/ 80 – Di Luciana Grillo
«Qualunque cosa significhi amore», di Guia Soncini – i protagonisti si muovono in un ambiente di maldicenze, invidie, malumori, pettegolezzi e torbidi intrecci...
Titolo: Qualunque cosa significhi amore
Autrice: Soncini Guia
Editore: Giunti Editore 2015 (collana Italiana)
Pagine: 256, flessibile
Note: Disponibile eBook
Prezzo di copertina: € 14
Che Guia Soncini fosse una giornalista abile, dotata di umorismo spesso dissacrante e di capacità dialettica e argomentativa, era noto a molti lettori di giornali e riviste, nonché ad ascoltatori radiofonici e telespettatori.
Il suo romanzo «Qualunque cosa significhi amore» ne è una conferma assoluta: i protagonisti si muovono in un ambiente frenetico ed estremamente competitivo, nel quale prevalgono maldicenze, invidie, malumori, pettegolezzi e torbidi intrecci sentimentali; spesso essi manifestano un certo intellettuale snobismo e una naturale crudeltà.
Tra le pagine, affiora in modo palpabile un continuo voler differenziare Milano da Roma: «…sarà una roba da Milano, secondo me a Roma fanno meno storie…», oppure «…si era fatto coinvolgere da vecchi colleghi in questa tavolata. Romana. Volgare, meticcia, insidiosa come sanno esserlo solo le situazioni conviviali romane».
I protagonisti che si fanno notare in un brulicare di varia umanità sono Elsa, potente e spregiudicata funzionaria RAI; suo marito Vanni, molisano che ha fatto di tutto per dimenticare e far dimenticare le sue origini; e Fanny («Io so’ Fanny, piascére») che a me ha ricordato Elide, la figlia del palazzinaro romano interpretata magistralmente da Giovanna Ralli nel film «C’eravamo tanto amati» di Ettore Scola.
Fanny è stata per così dire «costruita» da Elsa, ha perduto il suo accento e la sua spontaneità, è diventata conduttrice di una rubrica televisiva di successo creata da Elsa ed anche amante di Vanni.
Elsa si comporta come le perfette «datrici di lavoro di sinistra», decide in che modo impostare la trasmissione, quanto puntare sul dolore senza «alienarsi la provincia, la prof delle medie di Potenza che vuole sentirsi emancipata ma senza esagerare è il nostro pubblico, mica gli stilisti, gli stilisti alle sei del pomeriggio non guardano la televisione…»» e pensa ai telespettatori di destra, convinta che «…quei pochi certo non comprano libri, al massimo le previsioni di Branko per l’anno successivo e le ricette di Benedetta Parodi».
Vanni compie cinquanta anni e questo compleanno diventa occasione di una «cena fra amici e senza fotografi», tutti pronti a festeggiare «quello che fino a giovedì era uno dei più letti e amati editorialisti di questo giornale, e dall’altroieri è il candidato sindaco che farà entrare Milano, finalmente, nel ventunesimo secolo».
Gli ospiti si spostano da un angolo all’altro dell’appartamento – dove il televisore è sistemato in modo che lo schermo non si veda e in soggiorno troneggia una poltrona ginecologica, – bevono parlano guardano ascoltano osservano fumano, mentre Vanni, in cantina, sceglie i vini da offrire… fin quando una trasmissione scandalistica di una tv concorrente non propone uno scoop che lo riguarda, molto da vicino.
Elsa, fredda e cinica, facendo leva su esperienza, conoscenze, ambizione, tenta di salvare il salvabile, suggerendo comportamenti e battute perché il (forse) candidato sindaco si «riappropri della polarità giusta. Ridono con te, e hai già vinto. Ho trascurato qualcosa?»
Finita la lettura del romanzo, si ha l’impressione di uscire finalmente «a riveder le stelle» ritrovandosi in un mondo forse provinciale, meno «intellettuale», ma probabilmente più sano.
Luciana Grillo
(Precedenti recensioni)