Il mio primo cammino (2ª puntata) – Di Elena Casagrande

Dagli sconfinati altipiani delle mesetas, arsi dal sole, a Santiago de Compostela (Galizia). Ecco il racconto della seconda parte dell'itinerario francese

Santiago de Compostela - La Cattedralemeta del pellegrinaggio giacobeo.
(Link alla prima parte)
 
 Le splendide cattedrali gotiche di Burgos e León  
La Castilla y Leon accoglie il pellegrino con le splendide cattedrali gotiche di Burgos e León, con i monasteri di San Juan de Ortega, San Nicolás de Puente Fitero, San Antón, ma soprattutto con gli altipiani sconfinati delle mesetas.
Sono queste distese, arse dal sole nelle ore centrali del giorno e fredde e ventose prima dell'alba, a lasciare, nel cuore di chi ha il coraggio e la tenacia di affrontarle, un profondo senso di commozione: Hontanas, Calazadilla de la Cueza, El Burgo Ranero... Chilometri e chilometri magari senz'acqua, sotto il sole... e decine di chilometri ancora... solo per poter fare colazione!
 

Pedrafita do Cebreiro.
 
 I monti di León, la regione del Bierzo e finalmente la Galizia  
Stupende le partenze alle 5 del mattino, con un cielo stellato inenarrabile e costellazioni che qui proprio non si vedono: è il cammino della stella, ossia la Via Lattea, che indicava la via ai pellegrini di un tempo.
Attraversati i monti di León e la regione del Bierzo, dopo aver raggiunto la Cruz de Hierro, altro luogo mitico del cammino, ove è uso che i pellegrini gettino una pietra portata da casa (quasi per scrollarsi di dosso un peso legato al passato) si entra in Galizia, proprio mentre si sale verso l'ultima montagna del Cammino: O'Cebreiro. Villaggio celtico di pastori, incanta con le case dai tetti di paglia - le pallozas -; il suono delle zampogne lungo le strette stradine; la chiesetta del miracolo (dove l'Eucaristia si trasformò in Corpo e Sangue del Signore).
 

Sahagun - gregge sul cammino.
 
 I boschi, la nebbia, le mucche regine dei villaggi galiziani  
La Galizia, siamo oramai a pochi chilometri da Santiago (151 per la precisione), accompagna il pellegrino con le sue campagne, i suoi fitti boschi di castagni, le mucche - le vere regine dei villaggi galiziani - e la nebbia... La nebbia scende con una tale rapidità su i boschi ed i prati che, talvolta, non sembra neanche di essere in Spagna!
La meta è proprio vicina. Sono oramai due settimane che cammino con un buon passo. I 30 chilometri delle prime tappe non faticano certo a diventare 40-45 km al giorno. Si marcia dalla mattina all'alba fino alle 19-20 di sera... ma senza fretta alcuna, con tutte le pause del caso: pic-nic per il pranzo; caffè pomeridiano; soste per visitare villaggi e paesaggi... per vivere il pellegrinaggio.
La «gara del pellegrino» per accaparrarsi un posto letto e mettersi a dormire a mezzogiorno-l'una... non fa proprio per me. La chiamo «l'ospedalizzazione dei pellegrini» ed ho cercato di evitarla sin dalle prime tappe.
 

Gozo - Monumento a San Giovanni Paolo II.
 
 Le ultime tappe scorrono veloci: Portmarìn, Melide, Gozo  
Le ultime tappe scorrono con una velocità impressionante: Portmarín, Melide, Ribadiso, Pedrouzo.
Finalmente si arriva a Monte do Gozo: il monte della gioia, dove si vede dall'alto Santiago ed il pellegrino si commuove scorgendo le torri della cattedrale.
Io, arrivata a Gozo, mi sono commossa quando ho visto il monumento a Giovanni Paolo II, pellegrino a Santiago di Compostela nel 1982. Mi fermo e gli dedico questo mio pellegrinaggio.
Quando, il 2 di aprile di quest'anno ero in Piazza San Pietro per salutare questo nostro grande Papa, ho pensato: «Se, finalmente, quest'estate, riesco ad andare a Santiago, il pellegrinaggio lo faccio per Lui».
Dio mi ha concesso di arrivare a Santiago e, perciò, ho potuto ringraziarLo del dono di questo grande Pontefice...
 

Monte do Gozo - il monte della gioia.
 
 Quel polpo alla galiziana in un ristorantino di Gozo  
Non ero ancora scesa in città, ma sentivo di essere già arrivata. La discesa di 4 chilometri verso la «città di pietra» la faccio nel tardo pomeriggio, dopo aver mangiato il «pulpo a la gallega» (polpo alla galiziana) in un ristorantino di Gozo.
Dalla Porta del Cammino, passata la Chiesa delle Anime, la via Sacra e la Calle dell'Azabacheria, attraversando un arco dove un gaiteiro suona sempre la zampogna, si giunge nella Piazza dell'Obradoiro: eccomi davanti alla Cattedrale.
Il momento è particolare. Mi aspettavo di piangere, di emozionarmi e... invece no. Mi sono seduta per terra senza togliermi lo zaino e mi sono fermata. L'ho guardata a lungo, in silenzio, senza parlare nemmeno con i miei compagni di marcia.
Ho pensato a tutti i passi fatti per arrivare lì. Alla fatica di mettere un piede davanti all'altro quando il tallone è dolente e non si può camminare.
All'asma, all'orticaria, alla tosse dei primi giorni, quando tutto sembrava impossibile. Alle docce fredde; al bucato fatto in punta di piedi, per fame riposare la pianta; alle scatolette mangiate in solitudine; ai «menu del dia o del peregrino» condivisi al ristorante con gli amici di strada; alle partenze di notte - magari con la pila rotta -; ai pregiudizi verso gli altri - che comunque finiscono sempre per sorprenderti e farti ricredere -; alle risate; alle lacrime, alla sete e alla fame; alle marce in solitaria e a quelle in compagnia; alle mesetas e ad Hontanas; al piatto di pasta che un'amica lasciata tre tappe prima ti porta gioiosa perché ti vede arrivare al rifugio che oramai è tardi e ti vede sfatta; ai pensieri che ti hanno accompagnato lungo la via; ai ricordi di chi ti è stato vicino nella vita e adesso non c'è più; ai racconti di vita di chi si è raccontato a te senza paura.
 

Burgos - l'imponente Cattedrale.
 
 In cattedrale, davanti al Portico della Gloria, ho pianto  
Lì, davanti alla Cattedrale, ho capito una cosa molto semplice: quello che conta non è la meta... ma il Cammino.
Entrata in Cattedrale, davanti al Portico della Gloria, lì ho pianto. Una voce, dentro al cuore, mi ha detto: «Sei arrivata qui, da San Giacomo! Ma non sei arrivata! Quando giungerai davanti alla porta del Regno, là sarai veramente arrivata».
San Giacomo era lì, in mezzo al portico, ma altro non faceva che indicarmi la via a Cristo. Sopra San Giacomo, c'è, infatti, il Signore: è lì che dobbiamo arrivare tutti.
Lì capiremo il senso del nostro viaggio terreno, delle gioie e dei dolori. Anzi, penso che i dolori saranno quelli che ricorderemo con più gioia, perché saranno stati fondamentali per giungere alla vera meta. Lì capiremo il senso. Di tutto.
Intanto ringrazio Dio del dono di questo pellegrinaggio e San Giacomo della Sua benedizione e protezione.

«Chi ti chiama pellegrino, che forza nascosta ti attrae?... Solo Lui lassù lo sa». (Don Eugenio Garibay da La poesia del Camino).

Elena Casagrande
(Continua)

O' Cebrerio - Chiesa del miracolo.