Olivi: «In Trentino un modello del lavoro innovativo»
Alle gallerie di Piedicastello è iniziata la «Fiera del lavoro», tre giorni dedicati all’occupazione e all’incontro tra aziende e lavoratori
È la fotografia di una terra (relativamente) felice quella che ci restituisce la Fiera del lavoro, iniziata oggi a Trento negli spazi delle gallerie di Piedicastello.
Il Trentino è tra le aree in Italia con i migliori dati sulla crescita dell’occupazione ma, sopratutto, può vantare un modello del lavoro innovativo e basato sulla cooperazione tra i diversi attori sociali (aziende, sindacati, lavoratori e ente pubblico).
A riconoscerlo è Stefano Sacchi, docente dell’Università di Milano e commissario straordinario dell’Isfol (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori) che ha partecipato all’incontro pubblico di apertura, dedicato alle «Politiche del lavoro in Italia e il laboratorio Trentino».
Accanto a lui c’erano Riccardo Salomone, presidente di Agenzia del lavoro (a cui si deve Fiera del lavoro) e il vicepresidente della Provincia autonoma di Trento, Alessandro Olivi.
E proprio quest’ultimo ha indicati i pilastri del modello trentino: «Ci siamo da sempre occupati dei più deboli e abbiamo accettato la sfida di investire in politiche nuove del lavoro, quali le politiche attive, dove al centro ci sono un’azienda interessata a salvaguardare e ad investire sulle persone; i lavoratori che ricevono l’aiuto pubblico solo all’interno di un percorso di crescita e professionalizzazione; i sindacati; e un ente pubblico attendo a non invadere spazi altrui ma attivo nel fornire strumenti e soluzioni per il lavoro.»
La Fiera del lavoro di Trento è organizzata da Agenzia del lavoro in collaborazione con il Centro per l’impiego di Trento: da oggi e fino al 7 aprile presso le Gallerie di Piedicastello il programma della fiera proporrà tavole rotonde, dibattiti, momenti di analisi e incontri tra domanda e offerta di lavoro.
L’iniziativa rientra nell’ambito del progetto Employers' Day, promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, su indicazione della Rete europea dei Servizi Pubblici per l'Impiego (PES Network).
L’obiettivo è di dare maggiore visibilità alla gamma dei servizi offerti alle imprese e rafforzare la collaborazione con i datori di lavoro, in particolar modo a sostegno delle attività di incontro fra la domanda e l’offerta di lavoro.
E propio il dibattito sulle «Politiche del lavoro in Italia e il laboratorio Trentino» ha aperto la tre giorni dedicata all’occupazione e alla crescita del lavoro.
Nel suo intervento l’assessore provinciale allo sviluppo economico e al lavoro, Alessandro Olivo, ha parlato dell’esperienza trentina, evitando di usare toni trionfalismi di chi ha contrastato con successo la crisi occupazionale.
«Il modello trentino funziona perché è un modello innovativo, basato sulla cooperazione tra le forze sociali e ha fatto delle politiche attive una leva per la ripresa occupazionale. I dati sono positivi e giustificano il forte investimento delle politiche pubbliche nel mercato del lavoro: ricordo che il bilancio provinciale ha registrato una contrazione generale che non ha però toccato le risorse dedicate al lavoro che, al contrario, sono cresciute.»
«L’osservatorio privilegiato dell’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, – ha permesso a Stefano Sacchi, attuale commissario straordinario, di indicare le criticità del mercato del lavoro in Italia. – Da tempo registriamo un’elevata disoccupazione giovanile e una bassa partecipazione femminile, così come il nostro Paese appare ancora oggi spaccato tra contratto di lavoro a tempo determinato (giovani) e indeterminato (lavoratori maturi).
«Questo determina divisione sociale e differenze sul mercato del lavoro, rafforzate dal sistema di welfare nazionale.»
Secondo Sacchi, il Job Acts ha cercato di contrastare gli effetti negativi delle precedenti riforme (ad incominciare dall’abuso del tempo determinato per i contratti di assunzioni, soprattutto di giovani) e l’elevata disoccupazione giovanile.
«Dobbiamo imparare da Trento – ha concluso il professor Sacchi – investendo in politiche attive, conciliazione tra famiglia e lavoro, e rafforzando il contratto a tutela crescenti con decontribuzione, che devono essere considerati come un solo ambito.
«Non dobbiamo però dimenticare di contrastare la povertà, con programmi per il reinserimento dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro e di coloro che non ci sono mai entrati.»