Crollano le borse europee spinte dai conti della Spagna
L’Euro è strutturalmente debole, perché rappresenta il controvalore della ricchezza di paesi economicamente e finanziariamente troppo diversi tra loro

Nuova pressione sui mercati finanziari, con Milano che indossa la maglia nera: -5%. E lo spread è nuovamente sopra i 400 punti (ovvero il 4% oltre il rendimento dei Bund tedeschi).
Le notizie cattive dunque corrono più in fretta di quelle buone, così come nei momenti di euforia accade l’opposto.
Quali siano le notizie è presto detto, ancora una volta si mette in dubbio la solvibilità dei debiti sovrani, cioè quelli di stato.
Il problema stavolta non è italiano, è la Spagna nel mirino della speculazione, che secondo gli osservatori potrebbe non essere in grado di far fronte ai propri debiti.
Ma inevitabilmente coinvolge anche il nostro Paese perché, volenti o nolenti, abbiamo comunque un debito esagerato.
Tecnicamente c’è da dire che sono stati anche fatti i calcoli sui prestiti concessi dalla BCE alle banche, con i quali queste ultime hanno acquistato titoli di stato.
Il meccanismo lo conoscevamo perché era stato Draghi a voler immettere sul mercato una grande quantità di denaro, 800 miliardi, ma evidentemente non sono stati sufficienti.
Alla base di tutto c’è il guaio che sta attraversando tutta l’Europa: la recessione.
Le manovre attivate dagli Stati europei per sanare i propri bilanci (ultimamente, appunto, anche la Spagna) purtroppo non producono solo effetti positivi.
I prelievi fiscali hanno la controindicazione di ridurre la disponibilità della gente ai consumi.
Se per diminuire il disavanzo generato dalla recessione si aumenta la pressione fiscale non si fa altro che accelerare il processo deflattivo. Che a sua volta riduce gli incassi dell’erario, aumentando così il circuito perverso.
Lo abbiamo detto fin dall’inizio. La manovra di Monti ha evitato il default dell’Italia, ma non quello degli Italiani.
Molti si accorgono dei problemi solo man mano che si presentano. A partire dall’Imu, che un po’ alla volta si presenta come una patrimoniale reiterabile tutti gli anni.
La realtà delle cose purtroppo sta nella mancanza di capacità a rilanciare l’economia.
La cosiddetta Seconda fase della manovra, tanto sbandierata da Monti al momento del varo della prima, non si profila ancora all’orizzonte.
Il falso problema dell’articolo 18 ha solo distolto l’opinione pubblica da altre iniziative che riguardano lo Stato Sociale (si va verso l’abolizione, ad esempio, della cassa Integrazione in deroga), e le soluzioni proposte per compensare la modifica dell’articolo 18 sono di assai dubbia validità.
I provvedimenti disposti per il licenziamento per motivi economici, ad esempio, sono un capolavoro di illogicità.
Proviamo a pensare un caso rientrante nella fattispecie.
Un’azienda ha perso fatturato. Cosa può fare? Bruciare l’impresa per mantenere a tutti i costi tutti i dipendenti? No ovviamente.
E allora ecco la proposta inserita nel contatto sul lavoro: si può si licenziare il dipendente purché gli vengano liquidate 12 o 18 mensilità.
Cioè se la causa della crisi aziendale è la difficoltà economica, si propone di aumentare l’esborso di danaro? Ma tanto vale tenere tutti i dipendenti, che almeno qualcosa fanno…
Non vogliamo sparare contro il governo Monti, ma non possiamo rilevare che al momento ha sì salvato la situazione, ma non le imprese né i lavoratori.
E se a questo aggiungiamo che le grandi riforme annunciate si sono arenate poco dopo il varo, come banche, contanti, lavoro, welfare e quant’altro, possiamo ritenerci insoddisfatti.
Alla base di tutto, lo ripeteremo all’infinito, c’è la troppa diversità tra le economie di quei paesi che appartengono la Comunità Europea con la medesima cartamoneta, l’Euro.
Se il denaro è il controvalore in un determinato momento della ricchezza di un paese (beni, servizi e lavoro), comprendiamo benissimo per quale motivo, messo alla prova dalla crisi mondiale, l’Euro abbia domostrato l’incongruenza della propria istituzione.
Per questo abbiamo messo sotto il titolo l’emblema allegorico di una banconota di 500 Euro la cui immagine è data dal quadro dipinto da Picasso l’indomani della strage di Guernica (Spagna), avvenuta nel corso della Guerra civile spagnola per opera della potenza tedesca.
Naturalmente la Germania non ha nessun ruolo sulle difficoltà finanziarie della Spagna, ma resta il fatto che le tensioni si verificano automaticamente tra le economie forti e quelle più debole.
GdM