Nuove misure per valutare il commercio mondiale di cibo
Per le dinamiche demografiche occorrerà considerare anche fattori come dipendenza alimentare e bilancio nel consumo di fattori ambientali
Quando si pensa al commercio mondiale di alimenti immediatamente si fa riferimento a quote di mercato, scambi in valore o in volume.
Questi numeri spesso influenzano le scelte e le politiche mondiali, senza però tenere conto di valore nutrizionale e consumo di risorse non rinnovabili.
L'Università del Minnesota ha stimato che i prodotti zootecnici contribuiscono per circa il 25% ai 522 miliardi di dollari di beni alimentari scambiati nel mondo (2000-2009) ma, in termini di calorie, questi prodotti valgono solo il 5%.
Equilibrato, invece, il consumo di suolo e il commercio. Il 20% delle calorie prodotte dall'agricoltura viene commercializzato, consumando il 20% delle terre disponibili.
Gli scambi commerciali avvengono però, al 70%, tra 20 paesi esportatori e 33 importatori. Lo stesso studio ha individuato le megatrades (rotte commerciali più battute) che squilibrano l'uso di risorse a livello mondiale.
Significativo il flusso di soia da Stati Uniti, Brasile, Argentina e Cina, come quello di tè e caffè da paesi in via di sviluppo che però sono tra i principali importatori mondiali di grano.
La globalizzazione, insomma, avrebbe portato a una rapida specializzazione produttiva per paese, o area geografica, creando sistemi agricoli altamente specializzati e una forte interdipendenza dagli scambi commerciali che, secondo i ricercatori, non può più essere misurata in termini di valore o volume.
Per le dinamiche demografiche, politiche e sociali, in futuro occorrerà anche considerare fattori come dipendenza alimentare, in termini di calorie, e bilancio nel consumo di fattori ambientali.