Associazione Castelli del Trentino – Di Daniela Larentis

Fabrizio Rasera mercoledì 17 marzo terrà una conferenza online dal titolo «Dante Alighieri vs. Walther von der Vogelweide» – Intervista allo storico roveretano

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Il ciclo di eventi culturali organizzati dall’«Associazione Castelli del Trentino» intitolato Gli incontri del giovedì, curato dal presidente dell’associazione Bruno Kaisermann e dal vicepresidente Pietro Marsilli, a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 sta proseguendo con successo in modalità online.
Gli interventi di quest’anno si coordinano attorno ad un unico tema: Dante Alighieri, specificatamente nei suoi rapporti con il Trentino.
Gli incontri per il momento non si tengono più il terzo giovedì di ciascun mese nella Sala Spaur di p.zza Erbe a Mezzolombardo, bensì il mercoledì precedente alle 17.00, tramite il collegamento in video-conferenza garantito dall’app Zoom, grazie anche alla amicale disponibilità dell’Associazione Rosmini di Trento che utilizza la sala virtuale messa a disposizione dalla Fondazione Cassa Risparmio di Trento e Rovereto. Ricordiamo che durante i singoli incontri è possibile interagire con il relatore.
 
Protagonista del prossimo appuntamento online, fissato per mercoledì 17 marzo alle 17.00, uno stimatissimo intellettuale, Fabrizio Rasera (foto di copertina).
Socio dell’Accademia Roveretana degli Agiati dal 1988, membro del Consiglio dal 2006 al 2014, Presidente dal 2014 al 2018.
Lo storico roveretano è anche socio della Società di Studi trentini di Scienze Storiche e della Società del Museo Civico di Rovereto.
L’argomento da lui indagato maggiormente è il rapporto tra memoria e storia delle guerre del Novecento, tema sul quale ha scritto decine di saggi e interventi; ha inoltre curato l’edizione di numerosi diari e memorie di guerra e di prigionia, conta al suo attivo una collaborazione quasi trentennale con il Museo della Guerra di Rovereto, collabora peraltro con il Museo storico del Trentino.
 
È tra i fondatori del periodico «Questotrentino» (1980), ha fatto parte a lungo della redazione.
Negli anni Duemila vi ha pubblicato articoli quasi esclusivamente su temi storici e culturali, in particolare come curatore della rubrica «ProMemoria» (2006-2011).
Mercoledì prossimo svilupperà le contrapposte vicende culturali e nazionalistiche che portarono alla erezione nel 1889 della statua di Walther von der Vogelweide a Bolzano e nel 1896 di quella di Dante a Trento.
Segnaliamo il link per accedere alla stanza virtuale, indicato nel sito dell’Associazione (si consiglia di collegarsi un quarto d’ora prima): https://us02web.zoom.us/j/88137052457
 
La registrazione sarà disponibile, sempre sul sito, a pochi giorni dall’evento. Da oltre trent’anni l’associazione è attiva nell’ambito culturale provinciale soprattutto attraverso pubblicazioni, convegni e cicli di conferenze su tematiche storiche e storico-artistiche che vengono seguiti con attenzione dal pubblico e dalla stampa. A riprova della stima di cui è circondata, le iniziative godono del patrocinio, fra gli altri, della PAT, dell’Accademia roveretana degli Agiati e della Società di Studi trentini di Scienze storiche e sono riconosciute valide ai fini dell’aggiornamento del personale docente da parte dell’Iprase.
Abbiamo avuto il piacere di rivolgergli in anteprima alcune domande.
 

Monumento a Dante  in costruzione © Fondazione Museo storico del Trentino.
 
Il titolo della conferenza online di mercoledì 17 marzo 2021 è «Dante Alighieri vs. Walther von der Vogelweide». Su quali aspetti focalizzerà maggiormente l’attenzione?
«Ricalibrando le ambizioni del titolo, al centro della mia analisi sarà il monumento a Dante, sul quale ho maggiori conoscenze. Farò spesso riferimento a studi contenuti in un esemplare volume pubblicato a Trento dalla Società di Studi Trentini: Simboli e miti nazionali tra ’800 e ’900, a cura di Maria Garbari e Bruno Passamani (1998), ricco di spunti ma quasi ignorato (l’orrenda voce in Wikipedia non lo cita nemmeno in bibliografia). In quel libro c’è anche un contributo di Christoph H. von Hartungen, Monumenti e miti del Tirolo storico tra lealtà dinastica e tentazione nazionalista, dal quale proviene quello che so sul monumento a Walther von der Vogelweide a Bolzano, sulla sua storia politica e sociale, sui precedenti, sui contesti...
«Per quanto riguarda il monumento a Dante a Trento privilegerò a mia volta gli aspetti politici. Sui temi iconografici e artistici, sul rapporto tra lo scultore Zocchi e l’animatore del Comitato che lo promosse e realizzò, Guglielmo Ranzi, sul confronto con altri monumenti coevi, sugli altri progetti presentati al concorso non andrò oltre le informazioni essenziali, anche perché so di muovermi in modo maldestro su questo versante. Il libro che ho citato contiene un saggio magistrale su questi temi, Il concorso per il monumento al Sommo Poeta. Una complessa vicenda di committenza di Bruno Passamani, e numerosi altri contributi pregevoli. In un’ottica larga, europea, per nulla localistica.»
 
A grandi linee, può darci qualche anticipazione sulle contrapposte vicende culturali e nazionalistiche che portarono alla erezione nel 1889 della statua di Walther von der Vogelweide a Bolzano e nel 1896 di quella di Dante a Trento?
«L’interesse a celebrare il grande Minnesänger medievale si era manifestato in Tirolo a partire dagli anni ’60 dell’800, dopo che a più riprese alcuni studiosi avevano creduto di individuare la località della sua nascita prima presso Vipiteno, poi presso Chiusa.
«Scrive Hartungen: Egli si prestava molto bene come figura di identificazione dell’unificazione germanica e del liberalismo anticlericale ottocentesco: nelle sue liriche si era più volte espresso per l’unità delle stirpi germaniche sotto gli imperatori svevi, soprattutto Federico II, schierandosi pure con veemenza ghibellina contro le ingerenze della curia romana: per il ruolo e le interpretazioni a cui era soggetto Walther nell’Ottocento germanico è molto paragonabile alla situazione in cui venne a trovarsi Dante Alighieri nello stesso periodo in Italia.
«Dopo intitolazioni e altri segni di ricordo a Chiusa e altrove, è nel 1874 che a Bolzano si costituisce un’associazione con lo scopo di erigere un monumento in suo onore. L’impronta originaria era liberale. Nel tempo di una lunga incubazione si accentuò il carattere nazionalista dell’iniziativa, più generico all’origine, fortemente legato alle contrapposizioni di confine negli anni dell’effettiva realizzazione.
«La borghesia bolzanina sempre più si immedesimava nel ruolo dell’ultimo baluardo della nazione germanica al sud, un baluardo sempre più minacciato, sintetizza ancora Hartungen.
«Più compatta la storia politica del monumento di Trento. Promosso nel 1889 è inaugurato già nel 1896, in un tempo molto breve se si riflette a quanto era necessario fare per pervenire al risultato: la grande sottoscrizione per reperire i fondi, coinvolgendo migliaia di persone in Trentino e in Italia; il concorso, svolto con criteri rigorosi; le intese politiche a tutti i livelli; l’intenso dialogo con l’artista designato…. Un soggetto preminente, il Comitato promotore e organizzatore. Un uomo capace di portare il progetto fino in fondo con lucidità e sensibilità estrema, Guglielmo Ranzi.
«Un’impronta politica egemone, il liberalismo nazionale, ma senza indulgenze al settarismo e a strumentalizzazioni banali. Il contesto/pretesto era quello della lotta alle tendenze pangermaniste manifestatesi nell’associazionismo nazionale tirolese tedesco; la linea mantenuta con coerenza quella di un patriottismo fondato sulla lingua e sulla cultura, difese con intransigenza, senza però esibire apertamente obiettivi di irredentismo politico e senza adottare toni di contrapposizione frontale.»
 

Monumento a Dante, cerimonia di inaugurazione a Trento, 11 ottobre 1896.
© Fondazione Museo storico del Trentino.

 
In un suo articolo pubblicato in «Studi Trentini|Storia» del 2013, lei rivolge l’attenzione alle motivazioni politiche e civili della collocazione di segni a forte contenuto simbolico sul territorio; quale significato è stato attribuito alla statua di Dante nel contesto storico politico preso in esame?
«Ragionando sul profilo culturale e politico del popolo delle statue realizzate in Trentino tra il 1865 e il 1913 avevo cercato di mettere in luce anche i conflitti e i retroscena: nel caso del monumento a Dante mi sembrava e mi sembra particolarmente interessante il difficile rapporto tra laici e cattolici.
«Tra i primi promotori c’era anche don Grazioli, figura prestigiosa di un clero d’altra epoca, patriottico e liberale, superato dai diversi orientamenti del cattolicesimo intransigente. Tra i sottoscrittori della prima ora c’era don Lorenzo Guetti, un prete prestigioso in conflitto sul piano politico con il vescovo Valussi e con le autorità austriache.
«Pur senza scontri frontali, incomprensioni e distanze sembravano appesantite, nella fase prossima alla conclusione dell’opera. A fine settembre di quel 1896 la Chiesa trentina aveva dato il suo appoggio a un pittoresco congresso antimassonico internazionale svoltosi a Trento, con risvolti grotteschi e l’estensione della polemica a tutte le manifestazioni della cultura laica nel mondo contemporaneo.
«I versi dedicati da Carducci al monumento a Dante sembrarono, agli occhi dei cattolici intransigenti italiani e di quelli trentini, testimonianza ulteriore di un’appropriazione sacrilega del grande poeta cattolico. Nello stesso senso, anche le conferenze che i giovani della laica Società degli Studenti Trentini fecero in tutto il Trentino su Dante per avvicinare il popolo a quel simbolo potente erano state accolte dalla Voce Cattolica con diffidenza e malanimo.
«In realtà, al di là delle esasperazioni, nei confronti del monumento a Dante si affermò tra laici e cattolici un compromesso di fondo, a differenza dell’ostilità reciproca scatenatasi intorno al busto eretto nel 1902, in un luogo non lontanissimo dello stesso giardino, all’evoluzionista Giovanni Canestrini.»
 
In un passo del suo intervento critico pubblicato nel catalogo della mostra su Battisti, allestita nel 2016 al Castello del Buonconsiglio, riferisce ciò che scrisse Battisti in un articolo sull’«Avvenire del lavoratore» del 26 ottobre 1896; Dante viene definito come «Poeta della giustizia», «flagellatore della corruzione», «simbolo della fierezza del carattere umano».
Nella sua disamina, tratta da «Note su Cesare Battisti e la letteratura», riportando la citazione sottolinea che «il Dante cui guarda l’autore di questo articolo non può essere ridotto a nobile emblema di una generica unità nazionale». Può condividere qualche pensiero a tale riguardo?
«Il giovane Battisti, ventunenne allora, che aveva promosso la riuscitissima serie di conferenze dantesche degli studenti nella sua qualità di segretario della loro Società e che vi aveva partecipato con una applaudita conferenza a Mori, era anche il leader del partito socialista che in quell’estate aveva rafforzato la sua presenza e la sua visibilità. Viveva, per così dire, lo stato nascente del nuovo movimento.
«Nello scritto sull’Avvenire del lavoratore si esprimeva una tensione profonda che ha accompagnato con diversa intensità e diversi equilibri la sua breve esistenza. Patriota e socialista, era allora critico durissimo di un liberalismo socialmente conservatore, che vedeva incapace di coniugare un sentimento nazionale a rischio di retorica inerte con gli ideali di democrazia e di giustizia. L’unità intorno al simbolo alto rappresentato da Dante aveva senso solo se era coerente con l’intransigenza morale e con la passione per la giustizia che il poeta incarnava, e se la patria che il poeta rappresentava e proteggeva diveniva davvero di tutti.»
 

Monumento a Dante, foto aerea scattata a Trento il 7 novembre 1918, all'indomani della fine della guerra.
© Fondazione Museo storico del Trentino.

 
Battisti rivendica anche 15 anni dopo una lettura democratica della statua di Dante…
«La ricorrenza dell’inaugurazione del monumento, l’11 ottobre, viene ricordata sul Popolo battistiano molto spesso, per la penna in questi testi inconfondibile del direttore. Scritti intensi, con il gusto di una ripetizione quasi religiosa di temi ed espressioni.
«Torna, come nel ’96, il pensiero agli emigranti costretti ad abbandonare casa e paese, e torna l’invocazione a Dante patrono, laico santo: noi sentiamo che i lavoratori socialisti possono oggi ripetere […] davanti a quel Minosse che simboleggia la giustizia, il grido che lanciarono quindici anni or sono: Da’ anche a noi, o Dante, una patria; da’ finalmente una patria a tutti i lavoratori
 
Che lettura potremmo dare di quel simbolo legandolo alla contemporaneità?
«La domanda comporta una riflessione sulla possibilità che questo tipo di monumenti del passato ci parlino ancora. Dico due cose forse scontate e che comunque sento il bisogno di approfondire ulteriormente. La prima è che il gesto di quella statua verso nord esprime l’individuazione di un grande spazio comune, non più timore né monito: non era scontato dopo tanto travaglio e dopo tanti lutti.
«Possiamo esprimere senza trepidazione la speranza, quasi la certezza che quel monumento non si potrà più interpretare come segno di una guerra (per la storia originaria qualche studioso l’ha definito così). La seconda riflessione, o auspicio, è che esso può diventare oggi più che allora un tributo alla grandezza poetica di Dante, inesauribile, capace di parlare anche alla nostra problematica contemporaneità.
«La storia politico-nazionale del monumento ci interessa per capire più in profondità il passato, ma in senso stretto è una storia esaurita. Le valenze simboliche erano fin dall’inizio aperte, polisemiche e ci possono parlare ancora a lungo.»
 
A cosa sta lavorando?
«A un progetto che mi preme più di tutti. Con Mirko Saltori sono impegnato nell’edizione completa degli Scritti di Cesare Battisti, un’impresa che fa capo alla Fondazione Museo Storico del Trentino. Vi faremo confluire un itinerario di ricerche biografiche e filologiche già lungo e, a giudizio non solo nostro, indispensabile.»
 
Progetti editoriali futuri?
«In questa sede nomino solo un saggio su Dante nei diari e nelle memorie dei prigionieri delle due guerre mondiali (di quelli trentini in particolare), destinato a un volume dantesco dell’Accademia degli Agiati.
«Sarà per me una nuova occasione per intrecciare la passione per le scritture autobiografiche dal basso con i temi della storia culturale e politica.»
 
Daniela Larentis – [email protected]

Le foto nel testo sono tratte dal catalogo «Un parco di storie. Alla scoperta delle statue di piazza Dante», a cura di Tommaso Baldo, Luca Caracristi, Elena Tonezzer, Fondazione Museo Storico del Trentino, Trento 2013. Si ringrazia la Fondazione Museo Storico del Trentino per la cortese concessione.