La nuova umanità dell’era digitale – Di Nadia Clementi
Le varie identità dell’essere umano sono ora arricchite anche della... identità virtuale
Abbiamo pubblicato da poco un articolo che annuncia la presentazione del libro intitolato «Generazione Cloud - Essere genitori ai tempi di Smartphone e Tablet», scritto da tre illustri autori, Michele Facci, Serena Valorzi e Mauro Berti (vedi).
La sua presentazione ufficiale avverrà il prossimo 1° febbraio.
Ma avevamo preparato anche noi un articolo sull’argomento, che pubblichiamo oggi. È scritto da Nadia Clementi e dal prof. Stefano Adami.
Secondo noi non dedicheremo mai abbastanza tempo per studiare la fenomenologia del rapporto dei giovani con i nuovi mezzi di comunicazione, perché la formazione degli individui dipende in grandissima misura dai rapporti con gli altri.
E se un tempo le occasioni per socializzare non erano mai abbastanza, adesso ci si trova costretti a introdurre dei limiti, affinché quelle che un tempo chiamavamo «cattive compagnie» non possano introdursi abusivamente presso i nostri ragazzi.
Un quotidiano come l’Adigetto.it che si rivolge a lettori che navigano nella Rete non può prescindere da queste analisi.
Cellulari, pc, smarthone, tablet, facebook, skype, twitter, videogiochi, tv… sono parte integrante del vivere quotidiano di oggi.
Nuove generazioni di figli fanatici delle nuove tecnologie con le quali i genitori hanno spesso difficoltà di intraprenderne conoscenze e significati, figli di un mondo vuoto di identità affettiva, vittime inconsapevoli di realtà virtuali, spesso ignari di nuotare in un oceano privo di orizzonti.
Spesso poi, con il filtro della rete, dietro a delle persone che si presentano con nome e cognome, con età ben definita e fotografie, si possono celare tutt’altre personalità.
Infatti, in realtà ci sono più famiglie di identità.
Quella anagrafica, attestata da un documento ufficiale che garantisce il tuo profilo esatto.
Quella professionale, per cui la persona risulta essere un insieme di risultati provenienti da titoli, esami ed esperienze lavorative.
Quella sociale, per cui l’individuo non è quello che è ma quello che sembra (o che vuol far sembrare).
Quella sentimentale, che viene presentata solo ai pochi cui vale la pena presentarla.
Quella razionale, che obbliga la persona a comportamenti dettati da logiche oggettive senza interferenze emotive.
Quella virtuale, per cui uno si presenta per quello che più comodamente gli fa piacere.
Ce ne sono molte altre, ovviamente, ma quello che va accettato è il concetto che tutte queste identità albergano nella medesima persona d’amore e d’accordo anche quando appaiono antitetiche.
Ma quale è la vera identità di una persona?
L'identità, l'individuo, l'io, si formano da sempre in modo equilibrato attraverso la relazione sociale. Nei giochi infantili di cortile, nelle sassaiole di strada, nella conoscenza, degli altri, di se stessi, fatta attraverso il rapporto materiale, concreto, che si crea quando, da piccoli, ci perdiamo alla scoperta del mondo.
Ma questa modalità, purtroppo, sta ormai definitivamente uscendo di scena. Il cortile, diciamolo chiaramente, non esiste più.
Il nostro, infatti, è il tempo dei nativi digitali, ossia dei bimbi che nascono già con il computer in mano. Per i quali, la prima esperienza del mondo e di se stessi non si svolge per strada, attraverso il gioco, gli amichetti, i dispetti, i favori, le simpatie, le gelosie, ma sulla tastiera, o sul cellulare di ultima generazione, attraverso sms, e-mail e chat-room.
L’amico immaginario non esiste più, perché ampiamente sostituito da quello virtuale.
Questo stravolge tutto. Il ragazzo si trova catapultato in un mondo in cui, non essendo visto, può, per esempio, tranquillamente fingere di essere un adulto. Un'altra persona. Un individuo di sesso diverso.
Può inventarsi infinite nuove identità, del tutto distaccate dal vero e dal reale. Usando una lingua che è solo uno scheletro, fatta di abbreviazioni, di sgrammaticature, di scorciatoie.
Ma, soprattutto, l'esperienza principale della sua infanzia, della sua adolescenza, sarà quella nata da un insieme di variabili del tutto fuori controllo.
Il mondo, per lui, non è più uno spazio ignoto da scoprire insieme agli altri. No, il mondo, per lui, è il chiuso della sua cameretta, la pazienza della sua tastiera, lo spostamento di un mouse, l'apparente facilità di un click, di uno. Tutto è dentro quel click.
Internet, una volta aperto, rovescerà su di lui cascate di immagini, di suoni, di riferimenti, di informazioni, che l'adolescente non ha età, esperienza o maturità per gestire con un minimo equilibrio.
Lui sarà il prodotto di una derivata di tutte quelle informazioni che gli sono finite addosso. E quali effetti avranno su di lui quelle travolgenti cascate d'informazione?
La tastiera, lo schermo, il nuovissimo cellulare da cui non si stacca mai, diventano dunque quello che gli psicologi hanno definito «protesi affettive», oggetti inanimati su cui si concentrano affetti, sentimenti ed emozioni, e su cui si concentra una vita.
E gli effetti si vedono.
L'attenzione cala, ha vita è sempre più veloce. La brevità di un click, l’invadenza di una schermata sul computer, la freddezza di un messaggio ricevuto in chat, l’attesa di una replica, il peso di un sms.
Tutto ciò che è più lungo, più articolato, annoia, non è degno di essere seguito. Se c'è da seguire un testo più elaborato, o scriverlo, è tempo perso. Il «perché» scritto per esteso è mille volte più dispersivo di un «xé».
Tutto questo si riflette sul modo di studiare, di leggere, di assimilare, ma anche di parlare con gli altri, di avere relazioni.
Una recente ricerca sostiene che il 70% degli italiani sono analfabeti funzionali, cioè non sanno cosa farsene di quello che hanno studiato. Usano l'italiano solo per il lavoro e le necessità vitali, ma hanno ormai abbandonato le forme superiori di uso della lingua (letteratura, espressioni, ecc), e che hanno dunque difficoltà a usare la lingua in quegli ambiti.
Questo analfabetismo funzionale, in qualche modo, si forma e si rafforza sulle tastiere e sugli schermi dei computer.
Certo, questo è solo un percorso d'arrivo, iniziato molti decenni fa con la televisione, i cartoni animati, la pubblicità.
Il mondo informatico non è che l'estrema evoluzione. Certo, si potrebbe pensare che le famiglie possano mettere un limite a tutto questo, regolando e limitando l'accesso dei giovanissimi a tale mondo.
Questo, però, è sempre più difficile, visto che le sfere esterne alla famiglia, su questo, offrono la massima libertà. La famiglia, dunque, è in una posizione estremamente difficile, delicata, e si trova in conflitto con altri spazi in cui i giovanissimi possono usare queste nuove forme senza problemi.
È un’umanità diversa quella di oggi. Perché l'umanità digitale è sulla strada, parte attiva del business e permette reti di contatti al di là dei propri confini territoriali, spazia nel mondo offrendo ampio futuro alle nuove generazioni.
Una realtà certamente condivisibile per questi aspetti, ma ben lontana dai concetti originari legati alla comunicazione tradizionale, fatta in primis di contatti individuali e autentici, e di rapporti affettivi ancorati alla vera Amicizia.
Nadia Clementi - Stefano Adami