La rivolta delle Piramidi – L’Egitto senza Mubarack

«Non si può sapere cosa sarà l'Egitto dopo la tempesta di sabbia. Si sa invece quello che non sarà più»

L'assenza di internet in Egitto non permette al nostro Antonio De Felice di restare in contatto con i suoi abituali referenti.
Da lunedì prossimo avrà a disposizione un ragazzo di madre lingua araba che gli riferirà quanto basta per analizzare la semantica dei testi di stampa medio orientale.
In attesa di avere primizie, ci ha inviato questa acuta considerazione.


Che cosa sarà l'Egitto dopo la tempesta di sabbia che sta travolgendo il presidente Mu?ammad ?osni Sayyid Ibrahim Mubarak e i suoi 30 anni di governo? Non lo so e francamente non lo sanno nemmeno gli egiziani che da 10 giorni sono in piazza e che insistentemente chiedono le dimissioni del vecchio premier senza tuttavia proporre un'alternativa.
Quello che purtroppo sappiamo (e che agli Egiziani sembra interessare poco) è cosa può succedere senza Hosni Mubarak.

Senza Mubarak saranno meno sicuri i traffici delle merci e del petrolio che passano dal canale di Suez.
Saranno meno sicuri anche i cristiani copti che rappresentano quasi il 20% della popolazione egiziana e che, nel significato etimologico del loro nome, nascondono proprio la radice greca della parola Egitto.
Sarà meno sicura anche la pace con Israele, pace che resiste dal 1979 voluta e firmata da Sadat ma che è stata sempre difesa dal faraone anche a costo di inimicarsi i leader mediorientali.

Saranno luoghi meno sicuri tutto il Maghreb e il suo gas naturale, la Giordania e il trattato di pace con lo stato d'Israele, lo Yemen che con 20.000.000 di abitanti e 30.000.000 di kalashnikov rappresenta un avamposto sciita nella penisola arabica.
Saranno meno sicuri anche il Museo egizio del Cairo, la necropoli Giza con le tre piramidi di Cheope Chefrene Micerino e la grande sfinge, la Valle dei Re, il tempio di Luxor, le statue di Abu Simbel che potrebbero fare la stessa fine dei Buddha di Bamyan, prese a cannonate e distrutte dai Talebani.

Senza Mubarak, si sentiranno più sicuri invece i fondamentalisti come Ayman Al Zawahiri, egiziano, numero due di Al-Qaeda e figura di spicco dell'organizzazione dei Fratelli Musulmani che ha in Mohammed Badie, egiziano anch'egli, la guida spirituale e il capo dell'organizzazione e che dal 1960 al 1969 è stato in carcere con l'accusa di appartenenza a una cellula militare che avrebbe pianificato il rovesciamento del governo.

Dal sito ufficiale della confraternita, il dottor Badi ha dichiarato «Bisogna metter fine agli assurdi negoziati, sia diretti che indiretti, e appoggiare tutte le forme di resistenza per liberare ogni pezzo di terra occupata in Palestina, Iraq, Afghanistan e nel resto del mondo musulmano. La fonte della vostra autorità, come concordano gli studiosi di religione sono il Corano e la Sunna e non le risoluzioni dell'Onu o i diktat sionisti e americani.»

Senza Mubarak saranno sicuramente più attivi l'Iran e i suoi alleati, il partito di Hezbollah e la sua ala militante al-Muqawama al-Islamiyya che predica l'odio antisemita come forma di lotta politica, gli assassini di Rafic Hariri e gli integralisti in genere, decisi a spezzare i legami tra il Cairo e l'occidente, a cancellare la pace con Israele e imporre un grande califfato islamico clericale e governato dalla sharia.

Senza Mubarak continueranno a non esserci un sistema politico democratico e uno sviluppo della società civile egiziana.
Sviluppo per il quale sono necessari una cultura della moderazione, una comunanza di valori, il rispetto dei diversi punti di vista, un senso di responsabilità civica e soprattutto un concetto di opposizione leale.

Senza Mubarak il presidente degli Stati Uniti Barak Obama passerà alla storia per aver «perso sotto la propria amministrazione Turchia, Libano ed Egitto» e non avrà più una platea come quella dell'Università al-Azhar a cui rivolgersi come fece il 4 giugno del 2009.

Senza Mubarak in questo momento a il Cairo e in Egitto in generale ci sono caos, saccheggi, scontri, feriti e morti, coprifuoco, i sobborghi delle principali città che bruciano, come bruciano anche i palazzi dei quartieri residenziali della Corniche a due passi dal Nilo.

Antonio De Felice
Esperto di politica mediorientale