Storie di donne, letteratura di genere/ 54 – Di Luciana Grillo

Kathleen Tessaro, «Elegance» – È la storia di Louise, una donna ancora giovane la cui vita sembra andare in pezzi, ma che sa reagire

Titolo: Elegance
Autrice: Tessaro Kathleen
 
Editore: Salani 2003 (collana Femminili)
Pagine: 317, brossura
 
Traduzione: Beatrice Masini
Prezzo di copertina: € 14,50
 
La tecnica del libro (o del documento o delle lettere) nel libro è abbastanza comune: penso immediatamente al Manzoni e al suo manoscritto seicentesco.
Nel caso di Kathleen Tessaro, giornalista e scrittrice americana che vive ormai da molti anni a Londra, autrice di Elegance, c’è davvero un libro nel libro, ed è un libro vero scritto da una persona realmente esistita – madame Geneviève Antoine Dariaux – che la Tessaro non ha mai incontrato direttamente ma che, per uno strano caso, prima ha «conosciuto» visitando una mostra di ritratti, poi ha «pescato» fra libri usati.
Il piccolo testo non è un romanzo, è «sottile, grigio, intitolato Elegance… sepolto tra un grosso volume ovviamente intonso sulla storia della monarchia francese e una consunta edizione tascabile di Donne in amore di D. H. Lawrence».
 
Si tratta di un agile manuale dedicato alle donne che vogliono sentirsi ed essere eleganti, scritto da Geneviève Antoine Dariaux, direttrice della Casa di moda di Nina Ricci, pubblicato nel 1964.
E chi del tutto casualmente lo trova, lo compra, lo legge e ne fa uno strumento davvero utile?
Louise Canova, giovane donna londinese, in crisi di affetti e di lavoro.
Il suo matrimonio sta esaurendo la sua forza vitale, la sua linea è appesantita da pranzi frettolosi e non abbastanza consolatori, il suo lavoro di attrice è praticamente un fallimento…
Louise si adatta a fare la bigliettaia in un teatro, mentre il marito recita e la suocera Monica, ex modella, sbandiera i suoi successi,  ormai lontani.
 
È proprio dopo la visita alla mostra, alla quale partecipa con il marito su invito di Monica, che Louise trova il piccolo libro grigio scritto da quella bella donna la cui foto campeggiava all’esposizione.
«M’infilo sotto il piumone e tolgo il delicato volume dal sacchetto di carta marrone.»
Inizia così la rinascita di Louise che legge avidamente il volumetto.
I brevi capitoli hanno il titolo in ordine alfabetico: si comincia dagli «Accessori» e Louise passa in rassegna le sue borse modeste (uno zaino blu di Gap…una tracolla di pelle stropicciata marrone fulvo che ho comperato in saldo da Hobbs quattro anni fa), le scarpe vecchie, «le calze natalizie verdi e rosse… un paio di guanti neri scompagnati…».
Louise capisce che c’è qualcosa da cambiare nella sua vita, a cominciare dall’abbigliamento: «quello che possiedo è una fila di cose raccattate nei negozi di seconda mano di tutto il paese…».
E quindi si libera di capi vecchi e di scarsa qualità e si ritrova con «una camicia rosa pallido, una sola gonna nera, uno scamiciato blu aderente».
 
Il marito, la psicanalista dalla quale si reca puntualmente senza trarre alcun beneficio, la sua infanzia complicata dalla presenza della madre che «odiava fare compere, vestirsi o guardarsi allo specchio», che si rimpinzava di cioccolatini, che cadeva in furiose crisi isteriche, diventano persone dalle quali prendere le distanze via via che la lettura procede.
A proposito di bellezza, Louise legge che «essere belle non è affatto garanzia di felicità, cerca invece l’eleganza, la grazia e lo stile» e decide di staccare un post-it, riscrivere la frase e appiccicarlo sullo specchio dell’armadio, che si va riempiendo di colorati messaggi giorno dopo giorno, pagina dopo pagina, mentre il marito non mostra alcun segno di interesse per questa giovane donna che vuole sentirsi di nuovo desiderabile.
Lui continua a chiamarla Zucchetta, è ossessionato dalle pulizie di casa, indossa i capi che gli regala sua madre e corre al lavoro.
Louise arriva alla lettera C, «Comfort», poi alla F, «Figlie», alla G, «Gravidanza», alla P, «Pellicce», ecc. ecc.
 
Ogni capitoletto è per Louise occasione di riflessioni, si rivede bambina impacciata e timida, o giovanissima donna che decide di abortire, o diciannovenne a cui un’amica della madre regala una pelliccia di visone, «un visone lungo; lucido, pesante, odorava di muschio quando pioveva…emanava sia autorità che fascino…era un cappotto di un simbolismo quasi biblico».
Ci sono considerazioni sulle amiche e sui mariti che la stimolano una volta di più a riflettere sul suo matrimonio, su un marito con il quale non riesce neanche a parlare (mio marito continua a non rivolgermi la parola. Si tratta di Silenzio Avanzato), su un uomo appena conosciuto che in qualche modo la affascina, fin quando non decide di affrontare una «separazione di prova»: Louise si trasferisce in casa di Colin, un collega dichiaratamente omosessuale che abita con Ria, dirigente di una galleria d’arte.
«I primi giorni a casa di Colin precipito in una sorte di torpore», avvolta in un vecchio maglione sottratto al marito che, dal canto suo, le scrive «lettere azzurre intrise di rimpianto…ma nessuna che mi chiedesse di tornare a casa».
 
Il cammino di Louise è lungo e doloroso, il pullover le ricorda quello che rubava a suo padre, «un uomo distratto, iperattivo, (che) si prefiggeva compiti eroici e impossibili…».
Altro passo importante è chiudere il rapporto con la psicanalista: ormai la strada è segnata, Louise compra biancheria raffinata e cappello con veletta, cambia lavoro, va ad Ascot, incontra un giovane uomo e recupera finalmente la fiducia in se stessa, la serenità e la sicurezza che per tanto tempo le sono mancate.
Ancora una volta è quel magico libro ad aiutarla, quando le suggerisce che «è nei momenti in cui ci dimentichiamo completamente di noi stesse che raggiungiamo la vetta della nostra bellezza».
«Chiudo il libro.
«Mi piace pensare che Madame Dariaux approverebbe.»
 
Anche a me piace pensare, anzi ne sono convinta, che un buon libro possa diventare davvero un amico insostituibile e prezioso.
 
Luciana Grillo
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