La Divina Commedia divide la Vallagarina: Marco o Calliano?
Qual è «...quella ruina che nel fianco di qua da Trento l'Adige percosse»?
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Continua la discussione su quale sia la «vera» ruina di cui parla Dante nel XII canto: Marco di Rovereto oppure Calliano?
Nel gennaio scorso, il giornalista Maurizio Panizza, nostro collaboratore, avanzò l’ipotesi che la «ruina» (la frana) di cui parla Dante Alighieri nella Divina Commedia facendo cenno a Trento, non fosse quella di Marco di Rovereto - come risaputo - bensì quella del «Zengio Ross» in prossimità di Castel Pietra, a Calliano (vedi servizio).
Panizza, infatti, riconosceva nei versi di Dante più affinità descrittive con quest’ultima frana che non con quella di Marco, peraltro data per certa già dal 1921 con l’apposizione in loco di una grande lapide in marmo.
Dobbiamo dire che in seguito a quella presa di posizione vi furono numerose critiche tendenti a confutare la nuova teoria. Qualcuno arrivò persino al punto di affermare che l’Adige non avrebbe potuto essere «percosso» dalla frana (come recita Dante) in quanto lontano quasi un chilometro in linea d’aria dalla parete del «Zengio Ross».
Una tale sicurezza che evidentemente ignorava del tutto che prima della rettifica del fiume avvenuta negli anni ’60 dell’Ottocento, l’Adige passava proprio sotto alla montagna così come testimonia la traccia che tutt’oggi è possibile notare dall’alto andando a verificare in Google Earth (foto qui sopra).
Ora l’ipotesi avanzata dal nostro collaboratore mesi fa, viene ad essere corroborata da uno studio più puntuale redatto dall’esperto di storia locale Enrico Tovazzi, profondo conoscitore dei luoghi di cui si parla.
Girolamo Tartarotti (1706 – 1761) in un suo scritto parla della ruina dantesca.
Ricordando che la ruina di Marco è di natura glaciale, quindi ascrivibile ad un’era geologica di circa 10 mila anni orsono, e aggiunto che da allora in poi non si ebbe più su quel sito alcun movimento franoso, Tovazzi nella sua riflessione sulla Commedia passa in rassegna terzina per terzina tentando di riconoscere in esse il possibile collegamento con il territorio descritto.
Un lavoro certosino che certamente non mancherà, neppure stavolta, di sollevare dubbi e critiche in quei fautori dell’ipotesi storica di Marco che non sono disponibili a rimettere in discussione le proprie certezze.