Nonostante le illusioni la Somalia si avvia a essere l’inferno terrestre

Persino Medici senza Frontiere scappa esausta dall’ex colonia italiana – Di M. Soliani

«Abusi e manipolazioni dell’azione umanitaria mettono fine a 22 anni di soccorso medico in Somalia; il sostegno e la tolleranza di gruppi armati e autorità civili ai violenti attacchi contro MSF, ledono le garanzie minime di sicurezza necessarie per mantenere i programmi di assistenza.»
È con queste parole che Medici senza Frontiere ha gettato la spugna, sfinita dai pesanti attacchi da parte dei gruppi armati.
 
Colpiti, durante questi anni, gli operatori con sequestri e uccisioni, l’ultima nel 2011.
Sempre nel comunicato anche una pesante accusa nei confronti della popolazione civile che sempre più ha tollerato e sostenuto l’uccisione di questi.
 
Per il governo somalo questo è un grosso smacco, visto che da tempo propone il ritorno alla normalità.
Nei giorni scorsi si affermava sulla stampa italiana una situazione stabile nell’ex colonia italiana ma quanto affermato dalla ONG ha invece rigettato questo paese nell’oblio del caos, un caos indubbiamente unico nel suo genere dato che, se persino associazioni come queste lasciano al loro destino la popolazione somala, vuol solo dire che è ormai la fine ed ormai l’inizio dell’inferno.
 
Del resto dal 1991 l’organizzazione ha avuto 14 morti nel paese,ha provato ad aprire al dialogo ed è dovuta persino ricorrere alle guardie al fine di permettere le attività di cura.
L’organizzazione quindi interromperà tutti i suoi progetti sanitari in Somalia, inclusi quelli nella capitale Mogadiscio e i sobborghi di Afgooye e Daynille, così come a Balad, Dinsor, Galkayo, Jilib, Jowhar, Kismayo, Marere e Burao.
 
Non ci saranno più oltre 1.500 persone che offrivano prestazioni sanitarie gratuite e, dati del 2012, non verranno più effettuate 624.000 visite mediche, 41.100 ricoveri di pazienti negli ospedali e curati 30.090 bambini malnutriti.
Come ha spiegato da Nairobi Unni Karunakara, presidente internazionale dell’organizzazione.
«La chiusura delle nostre attività è la conseguenza diretta degli attacchi al nostro staff, in un ambiente nel quale i gruppi armati e i leader civili sostengono e tollerano sempre di più l’uccisione, le assalti e i rapimenti degli operatori umanitari.»
 
L’azione umanitaria necessita di un minimo riconoscimento del ruolo del medico, soprattutto se umanitario, e quindi il riconoscimento dell’importante ruolo svolto da parte di questi nei confronti del sociale.
 
Michele Soliani
[email protected]