Garbari a Palazzo delle Albere, Trento – Di Daniela Larentis

«Tullio Garbari - Primitivismo e modernità» è la mostra nata da un’idea del Presidente del Mart Vittorio Sgarbi dedicata a uno dei grandi artisti trentini del Novecento

L’inaugurazione.
 
Il Mart ha fatto un regalo di Natale a tutti gli amanti dell’arte, presentando a Palazzo delle Albere una selezione di opere di Tullio Garbari provenienti dalle raccolte provinciali e conservate nelle Collezioni museali.
La mostra, intitolata «Tullio Garbari - Primitivismo e modernità», è nata da un’idea del Presidente del Mart Vittorio Sgarbi, omaggio a un grande protagonista della pittura trentina del Novecento.
Inaugurata lo scorso 21/12/2019 sarà visitabile fino al 23/02/2020.
 
Ricordiamo che lo scorso giugno, nella splendida ambientazione del palazzo cinquecentesco, avevamo potuto ammirare «Viaggio nel colore e nel segno», l’esposizione dedicata a due importanti artisti del panorama trentino, Renato Pancheri, a dieci anni dalla sua scomparsa, e Aldo Pancheri, figlio di Renato (curata da Waimer Perinelli, Presidente del Centro d’Arte La Fonte di Caldonazzo e dal Movimento Arte Timbrica, presentata da Annachiara Marangoni; la famiglia Pancheri è una famiglia di noti pittori, Gino Pancheri fu peraltro tra i pochi intimi amici di Tullio Garabari.
A Gino, Renato e Aldo Pancheri la Galleria Civica di Trento ha dedicato anni fa una prestigiosa mostra).
Sia per gli abitanti di Trento che per i molti turisti che popolano le vie cittadine può essere davvero una preziosa occasione poter ammirare le opere di artisti trentini recandosi in una sede tanto suggestiva, a due passi peraltro da un bellissimo museo dedicato alla scienza altrettanto ricco di fascino, il Muse.
 

Claudio Garbari, nipote di Tullio Garbari.
 
Ed è il presidente del Mart, nel suo intervento critico, a sottolineare la volontà di restituire Palazzo delle Albere alla sua originaria destinazione, come parte integrante del Museo di arte moderna e contemporanea di Rovereto e Trento, ospitando opere di artisti trentini conservate nei depositi.
Nella prefazione in catalogo, così come ha spiegato al folto pubblico presente all’inaugurazione, mette in luce come l’originalità dell’artista segni «il punto di congiunzione tra primitivismo e modernità, senza alcuna indulgenza per le avanguardie, ponendosi in equilibrio fra le nuove riflessioni di Carlo Carrà su Giotto, il doganiere Rousseau, Alberto Magri, Lorenzo Viani».
Fa presente che non è un caso che con il termine primitivo si indichi «un mondo che non è solo quello dell’arte africana, che ispirò Picasso, ma anche quello delle origini della pittura moderna, tra Cimabue, Giotto e Duccio di Buoninsegna».
 
Aggiunge: «Primitivi sono, in questa periodizzazione, i pittori del Trecento e del Quattrocento, il cui nitore e candore l’opera di Garbari riproduce, più per istinto che per ragione. Ne è pienamente consapevole Garbari.
«Dopo gli anni della formazione, tra Venezia e Firenze, Garbari ha la sua illuminazione formale a Milano, grazie all’assidua frequentazione con Carlo Carrà che iniziò nel 1910 […].
«Il salto nella cultura arcaica avviene proprio grazie a questo incontro, anche se presto le strade dei due pittori si separeranno.»
«Infatti – aggiunge – il primitivismo di Carrà è eminentemente una questione formale, mentre quello di Garbari ha una sacralità profonda che nasce dallo studio della espressività emotiva e passionale dell’arte arcaica, e soprattutto di quella popolare […]» (il catalogo del Mart dedicato alla mostra «Tullio Garbari, Primitivismo e modernità, da un’idea di Vittorio Sgarbi», Maggioli Editore, riporta la prefazione del Presidente del Mart e la biografia dell’artista curata dal nipote Claudio, oltre alle immagini delle opere esposte e di alcune non presenti).
 

Tullio Garbari, San Giovanni Battista, 1930, olio su tavola, Mart, PAT, Soprintendenza beni culturali.
 
Una prima impressione: lungo il percorso espositivo si resta inizialmente colpiti dal fascino delle opere ad olio che raggiungono livelli di autentica poesia trasmessa anche dalla trasparenza dei bianchi, degli azzurri, dei verdi smeraldo (una curiosità, l’artista non firmava mai le sue tele). In particolare, ad attirare la nostra attenzione sono «Il trionfo di San Tommaso», datata 1931 (i segni della pennellata sono leggeri e trasparenti, la luminosità è abbagliante), e «San Giovanni Battista» (1930), un dipinto dotato di grande potenza comunicativa; altre, come le figure femminili o le scene domestiche (acquerelli e tempere realizzati in un periodo antecedente), ci attraggono per le linee pulite, per gli accostamenti cromatici, per il senso di delicata armonia che sembrano emanare, sono immagini che rimandano a luoghi familiari e suggestioni lontane nel tempo, ad atmosfere di serena dolcezza.
 
Cercheremo di avvicinarci, attraverso notizie tratte da due pubblicazioni (la biografia dell’artista inserita nel catalogo del Mart dedicato alla mostra allestita alle Albere e il catalogo curato da Fausta Villari Cataldi che accompagnava l’esposizione organizzata per iniziativa del Comitato Trentino per la Diffusione della Cultura con l’assistenza tecnica della Soprintendenza alle Gallerie Roma II - Arte Contemporanea, diretta da Mariano Fracalossi e Luigi Mattei, dal titolo «Tullio Garbari: 1892-1931. Roma giugno-luglio 1971 Trento settembre-ottobre 1971»), alla figura di un artista di primaria importanza scomparso prematuramente.
Una vita breve la sua, morì non ancora quarantenne, ma vissuta intensamente.
 

Tullio Garbari, La sibilla Cumana, dettaglio - 1930 - Mart Provincia autonoma di Trento Soprintendenza beni culturali.
 
Tullio Garbari nasce il 14 agosto 1892. Lascia Pergine, il suo paese natale, nel 1908. Ha sedici anni quando va all’Accademia di Venezia, iniziando dapprima ad eseguire apprezzati disegni a china per poi passare alle prime prove di pittura a olio, prendendo ispirazione dalle nature morte, dai paesaggi trentini e scorci veneziani.
Nel 1910 abbandona i corsi dell’Accademia veneziana e inizia a frequentare i pittori della cosiddetta «secessione di Ca’ Pesaro».
Espone 36 opere (fra oli e grafica) a una mostra estiva a Ca’ Pesaro, invitato da Nino Barbantini, come ricorda il nipote Claudio Garbari nelle note biografiche in catalogo, e disegna il manifesto dell’esposizione dell’Opera Bevilacqua La Masa.
Nell’ottobre del 1912 tiene la sua prima personale a Trento, nella sede della Filarmonica di Trento e l’anno successivo espone a Palazzo Galasso con Gigiotti Zanini, dividendosi poi fra Trento, Pergine e Firenze, città dove soggiornerà a lungo, legandosi all’ambiente de «La Voce».
Non potendo riportare tutti gli accadimenti di quel periodo menzionati in maniera dettagliata, riassumiamo dicendo che allo scoppio della guerra Tullio Garbari si trova a Milano dove viene raggiunto dai fratelli Ezio e Mauro, si arruola negli alpini ma dopo poco tempo viene dichiarato non idoneo, trascorre così gli anni del conflitto nel capoluogo lombardo instaurando nuove amicizie e ritrovandone di vecchie (rivede fra l’altro Umberto Boccioni).
 

Tullio Garbari, Momenti di vita campestre (1915) acquerello e guazzo su carta, Mart, PAT, Soprintendenza beni culturali.
 
Chiarisce Claudio Garbari: «Negli anni iniziali della guerra, alle persone con le quali è in contatto scrive poco della sua attività artistica […]. Nel 1916, muta decisamente il suo modo di dipingere, i temi della sua pittura, le forme espressive. Di questo periodo sono soprattutto le immagini familiari le protagoniste della sua pittura, assieme ad atmosfere e persone riprese dalla vita milanese. Ha un’intensa corrispondenza con i fratelli al fronte, più rada con gli amici, fra i quali Carlo Carrà e Giuseppe Ungaretti.»
Nel 1917 espone con Carlo Carrà alla galleria Chini (fra le opere esposte «Intellettuali al caffè»), ma non riesce a seguire serenamente la mostra, come riportato nelle già citate note biografiche, in quanto colpito da un grave lutto familiare (il fratello Mario muore nel dicembre dello stesso anno), viene peraltro raggiunto dalla notizia del ferimento del fratello Ezio.
Fra varie vicissitudini, torna nel gennaio 1919 a Pergine, trovando la casa vuota, tutti i suoi ricordi trafugati e dispersi, vive saltuariamente anche a Trento, partecipando attivamente alla vita civile e culturale del nuovo Trentino.
 

Tullio Garbari, Riposo sul prato, 1917, acquerello e penna su carta, Mart, PAT, Soprintendenza beni culturali.
 
Sottolinea inoltre: «Negli anni dal 1923 al 1926 si occupa sempre più di studi lessicali, approfondisce gli studi di latino, di greco, traduce integralmente il De Architectura di Vitruvio da una edizione del 1513, scrive numerose poesie».
Nel 1927 si stabilisce a Milano dove prende la residenza, pur continuando a lavorare per molto tempo a Pergine. Espone a Milano con il gruppo di Novecento Italiano, presentato da Margherita Sarfatti, successivamente in altre città europee.
Nel 1928 partecipa alla Biennale di Venezia. Stringe amicizia con Dino Garrone e fa la conoscenza di Edoardo Persico, nel gennaio 1931 va a Milano per l’inaugurazione della sua personale al Milione, poi torna a Pergine.
In marzo partecipa a Roma alla «I Quadriennale romana», poi parte per Parigi. Di quel periodo leggiamo nelle note biografiche: «Della vita di Tullio a Parigi si hanno le testimonianze dirette di italiani che, recandosi in quella città andarono a trovarlo, fra questi Luciano Baldessari ed Enrico Emanueli, mentre Dino Garrone, con il quale ha una notevole intesa intellettuale, lo raggiunge a Parigi ed è suo ospite in rue Gager Gabillot.
Partecipa in giugno con il dipinto «Il miracolo della mula» a una mostra alla Galerie de la Renaissance. […] Si incontra con Gino Severini, con il quale ha dei colloqui intensi».
Il pittore muore l’8 ottobre del 1931 a Parigi, stroncato da un arresto cardiaco a soli 39 anni.
 

Tullio Garbari, Momenti di vita campestre, 1915, acquerello e guazzo su carta, Mart, PAT, Soprintendenza beni culturali.
 
Scrisse di lui Edoardo Persico (citiamo un breve passo tratto da «L’Ambrosiano» Milano, 20 ottobre 1931, indicato nel già citato catalogo curato da Fausta Villardi Cataldi): «Non si può, forse, parlare di lui senza pensare a Papini; sono due esistenze con lo stesso sospiro dell’irrealizzabile. Come Papini, aveva avuto in giovinezza aspirazioni smodate, volendo essere un lirico dell’inesprimibile. Così, Garbari ha fatto allora della letteratura e dell’arte mentre il suo sogno sarebbe forse stato la magia: interrogare il divino. In giovinezza uomo tragico, impossibile, capace di lavorare per ore ed ore di seguito, odiando la sua opera ed odiandosi. L’autore di Uomini al Caffè non poteva, infatti avere un equilibrio […]. Nella giovinezza di Garbari c’è la stessa tristezza e la stessa timidità del toscano. […] Le ultime opere di Garbari – La sibilla Cumana e il Trionfo di San Tommaso sopra tutte – resteranno come i documenti più significativi di un temperamento sottile ed implacabile […]».
 

Tullio Garbari, Ingresso di casa rustica (Casa Hippoliti a Pergine), 1914-1915, acquerello e matita su carta, Mart, PAT.

Di lui disse Alfonso Gatto (commento inserito fra le varie testimonianze afferenti a periodi diversi riportati nella citata pubblicazione curata da Fausta Villari Cataldi): «Oggi Tullio Garbari avrebbe sessant’anni, ma il nome la morte glielo legò alla giovinezza e a un’opera per tanta parte incompiuta, come fecero poi per Garrone, per Persico, per Pancheri, gli amici con i quali egli si trovò a vivere e a corrispondere negli anni intorno e dopo il ’30.
Anni segreti di speranze e di protesta morale. Un credente puro quale Garbari era intento a caratterizzare una nuova iconografia religiosa, e assumere mentalmente la natura in una pittura coloristicamente elementare e vibrante dei suoi spazi. Di questa tetrica serenità egli scriveva a Gino Pancheri qualche mese prima della morte, accaduta nel ’31. […]».
 
In conclusione, la mostra rende omaggio a uno fra i più importanti artisti trentini del Novecento ed è una preziosa testimonianza del patrimonio culturale del nostro ricco e variegato territorio.
 
Daniela Larentis – [email protected]