Neoplasia uterina, fattori di rischio e prevenzione – Di Nadia Clementi
Ne parliamo con la dott. Patrizia Casellato specializzata in Ostetricia e Ginecologia
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Le neoplasie uterine comprendono il carcinoma del collo dell’utero e quello del corpo. Sono due tumori diversi non solo per la sede ma anche per la patogenesi, i fattori di rischio, l’età d'insorgenza e la terapia.
Oggi parliamo del carcinoma del collo dell’utero (cervico-carcinoma) che è nel mondo il secondo tumore più frequente della donna, dopo quello della mammella, con 471.000 nuovi casi all’anno (l’80% di questi nei paesi in via di sviluppo) e il terzo per mortalità. Il fattore eziologico è riconosciuto essere un virus, il papilloma virus umano (HPV), che viene trasmesso per via sessuale.
I sintomi del tumore al collo dell'utero possono essere del tutto assenti, oppure così lievi e sfumati da passare completamente inosservati.
Mano a mano che il cancro progredisce, possono comparire i tipici sintomi della malattia: sanguinamenti specie dopo il rapporto sessuale, perdite vaginali talvolta di odore sgradevole, dolore alla regione pelvica, sanguinamenti vaginali al di fuori del periodo mestruale o dopo la menopausa.
Sintomi comuni anche a patologie non neoplastiche, che meritano comunque di essere sottoposti all'attenzione dello specialista per intraprendere un trattamento tempestivo e limitare le complicazioni.
I programmi di screening per il carcinoma del collo dell’utero prevedono l’esecuzione di un Pap test ogni tre anni dai 25 ai 64 anni.
Anche in caso di assenza di rapporti sessuali si ritiene che una donna, a partire dai 25 anni, debba effettuare questo tipo di esame che non è invasivo e non provoca dolore.
Il Pap test insieme alla recente introduzione di un vaccino anti papilloma virus, rappresentano le armi di prevenzione più efficaci.
Noi per saperne di più abbiamo intervistato la dottoressa Patrizia Casellato.
Chi è la dott.ssa Patrizia Casellato La dottoressa Patrizia Casellato si è specializzata in Ostetricia e Ginecologia nel 1980 presso l’Università di Padova. Dopo una breve attività presso i Consultori familiari di Trento, ha lavorato nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale S. Chiara di Trento occupandosi principalmente di chirurgia laparoscopica e diagnosi precoce delle neoplasie ginecologiche con particolare riguardo ai programmi di screening per il cervico-carcinoma. Dal 2010 lavora come libero-professionista e collabora con la LILT (Lega Italiana per la lotta contro i tumori) per le problematiche in campo ginecologico. |
Dottoressa Casellato, quali e quanti sono i tumori all’utero?
«Due sono i tipi di tumore che possono interessare l’utero, a seconda della loro sede di insorgenza.
«Il carcinoma endometriale che interessa il corpo dell’utero, cioè la parte più interna dell’organo, insorge in età peri e post menopausale e riconosce come fattori di rischio l’obesità, l’ipertensione, il diabete, le terapie estrogeniche prolungate.
«Dà precocemente sintomatologia con perdite ematiche genitali anormali il che permette che in oltre il 70% dei casi sia riconosciuto quando è ancora contenuto all’interno dell’utero. Per lo più non è molto aggressivo e risponde bene alla terapia chirurgica (isterectomia, cioè asportazione dell’utero).
«Vengono diagnosticati in Italia circa 7.000 casi nuovi di carcinoma endometriale ogni anno.
«Il tumore del collo, cioè la parte più esterna, quella che sporge in vagina, o cervico-carcinoma, ha un picco di incidenza in età più giovane, 45-50 anni ed è causato da un virus trasmesso sessualmente. In Italia se ne registrano circa 3.500 nuovi casi all’anno.»
È dunque vero che uno dei principali fattori di rischio per il cancro della cervice è l'infezione da HPV, il Papilloma virus umano. Ma che cos’è?
«È un virus DNA, di cui si conoscono più di cento tipi, molto diffuso nella popolazione. I tipi 16, 18, 31 e 45 sono quelli più a rischio per cervico-carcinoma.
«Il 6 e l’11, che causano i condilomi genitali, ad esempio sono invece a basso rischio oncogeno.
«L’infezione viene contratta col rapporto sessuale ed infatti la sua massima prevalenza è tra i 20 e 24 anni. Ma il 70% delle nuove infezioni regredisce spontaneamente entro 12-24 mesi.
«Comunque anche in caso di persistenza dell’infezione la progressione tumorale è un evento eccezionale. Questo spiega la ragionevolezza di iniziare lo screening con il pap test dopo i 25 anni, per evitare di fare diagnosi allarmanti nelle giovani donne e magari di sottoporle a trattamenti inutili, in quanto le lesioni cellulari dovute al virus nella maggioranza dei casi sono destinate a regredire spontaneamente.
«Ecco perché si usa dire che il carcinoma cervicale è una rara complicanza di un virus molto comune.»
A cosa serve il Pap test?
«Il Pap test (da Papanicolau che lo ideò e lo diffuse negli anni ’40 del novecento) è un esame molto semplice che permette di raccogliere delle cellule dal collo dell’utero ed esaminarle al microscopio.
«È così possibile rilevare le alterazioni cellulari in fase molto precoce, permettendo di evidenziare le donne a rischio di sviluppare negli anni successivi (anche dopo 20 anni) il tumore del collo dell’utero.
«Queste vengono sottoposte ad ulteriori accertamenti per verificare l’effettiva entità della lesione (biopsia mirata su indicazione dell’esame colposcopio) e se confermata una lesione displastica importante (CIN 3, neoplasia cervicale intraepiteliale di grado 3) viene inviata a terapia escissionale.
«Cioè viene asportata solamente l’area interessata, con il laser o con una ansa elettrica, in modo molto conservativo allo scopo di lasciare quanto più inalterata l’anatomia della cervice, nell’ottica di mantenere al meglio la funzione riproduttiva, visto che per lo più si tratta di giovani donne .
«Bisogna peraltro anche ricordare che con il trattamento escissionale si asporta la lesione, il virus potrebbe persistere, motivo per cui la paziente dovrà continuare a fare regolari controlli con il pap test.
«Infatti si calcola che rimane un rischio comunque 2,8 volte più elevato di manifestare la neoplasia negli anni successivi.
«È importante sottolineare che la prevalenza e l’incidenza del cervico-carcinoma hanno subito una notevole flessione ( 50-70%) nei paesi industrializzati grazie all’introduzione dei programmi di screening.»
Lesione cervicale evidenziata con esame colposcopio (che permette di vedere ad ingrandimento la cervice) e sottoposta ad escissione con ansa diatermica.
Quando è necessario rivolgersi con urgenza allo specialista? Quali sono i sintomi che devono preoccupare?
«Lo scopo della prevenzione è proprio quello di non rivolgersi a donne sintomatiche, perché quando compaiono sintomi, come abbiamo detto perdite ematiche dopo rapporto o comunque perdite vaginali anormali, la neoplasia è infiltrante. A quel punto la terapia chirurgica è molto impegnativa e demolitiva, a volte associata negli stadi avanzati a chemio e radioterapia.
«Purtroppo muoiono ancora donne in Italia per questo tumore, circa 1.200 all’anno con 3.500 nuovi casi all’anno. Il rapporto del Registro Tumori del 2006 rileva che il Trentino è tra le regioni a minore incidenza di carcinoma invasivo del collo dell’utero: 4 casi ogni 100.000 donne, contro gli 8-10 casi della media nazionale, il che dimostrerebbe una buona adesione agli screening di prevenzione.»
La rimozione chirurgica dell'utero è conosciuta anche come intervento di isterectomia in quali casi è doverosa?
«In realtà la sola asportazione dell’utero nel carcinoma infiltrante (oltre 2-5 mm) non è sufficiente. Bisogna asportare anche il tessuto intorno all’utero, i linfonodi pelvici e a volte i lomboaortici, per questo dicevo che la chirurgia è molto demolitiva.»
Quali sono le prospettive di guarigione?
«Dipendono dallo stadio del tumore. Nelle forme intraepiteliali (CIN 3) anche nel 100%. Poi si passa dal 93% di sopravvivenza a 5 anni nelle forme inizialmente infiltranti (pochi mm) a un 15% nelle forme avanzate.»
Il tumore all’utero può essere anche ereditario?
«A parte ereditare una generica predisposizione alle patologie tumorale, il carcinoma del collo non riconosce una causa genetica. Diverso è il discorso per alcune forme di carcinoma dell’endometrio.»
Sappiamo che il preservativo offre una protezione parziale dall’HPV. Ma un mezzo efficace per prevenire le malattie causate dal virus c’è, ed è la vaccinazione, cosa ne pensa?
«La vaccinazione è un’opportunità in più e, se effettuata prima di iniziare i rapporti sessuali, sembra, con i dati finora a disposizione, che protegga per oltre il 70% dalle infezioni HPV (in quanto è rivolta contro i tipi 16 e 18 che sono i più frequenti ma non gli unici a rischio oncogeno).
«È efficace e sicura. Si sta valutando se utilizzarlo anche in età più avanzata, dopo l’inizio dei rapporti e nelle donne già trattate per CIN.»
Beninteso non si dovranno abbandonare i programmi di screening?
«Certamente no. A questo proposito si stanno organizzando in alcuni centri, tra cui Trento, programmi di screening con il test HPV, che potrebbe in futuro sostituire in una prima fase dello screening il classico pap test. La modalità di esecuzione non cambia per la donna, ma la ricerca è indirizzata alla presenza del virus ad alto rischio oncogeno.
«Solo le donne che presentano questo virus verrebbero sottoposte a pap test ed eventualmente ad ulteriori accertamenti. Le donne negative per il virus potrebbero fare il successivo controllo anche a 5 anni di distanza (rispetto ai tre attuali) in quanto il valore predittivo di questo test sembra essere molto elevato.
«Bisogna pensare che l’avvento della vaccinazione e la possibilità di diagnosticare facilmente l’HPV ad elevato rischio rappresentano una vera rivoluzione non solo tecnica ma anche culturale nella lotta contro il cancro.»
La dieta e uno stile di vita sano possono contribuire alla prevenzione del tumore?
«Uno stile di vita sano è sempre fondamentale per una buona risposta immunitaria da parte dell’organismo. In particolare, promiscuità e inizio precoce dell’attività sessuale, altre infezioni sessualmente trasmesse, tabagismo sono riconosciuti come importanti cofattori nel favorire l’attività oncogenetica del papilloma virus.»
Conclusioni e consigli?
«È importante aderire allo screening provinciale per la prevenzione del carcinoma cervicale, che ripetiamo prevede l’esecuzione di un Pap test ogni tre anni dai 25 ai 64 anni.
«Prima dei 25 anni può essere indicato eseguirlo nei casi ad elevato rischio (rapporti sessuali iniziati in età molto precoce, partner multipli, presenza di malattie da immunodeficienza).
«I genitori devono essere informati che la vaccinazione offerta alle bambine fra gli 11 e i 12 anni è un’opportunità in più di combattere questa patologia.
«Ricordiamoci poi che ci sono dei cofattori che favoriscono l’attività oncogenetica del virus, tra cui il fumo di sigarette e altre malattie a trasmissione sessuale, per cui lo stile di vita può influire molto.
«In conclusione Pap test, HPV test e vaccinazione sono sinergici nella battaglia contro il tumore. Abbiamo visto infatti che nei paesi in via di sviluppo, dove purtroppo la salute della donna non è per nulla tutelata, questo tumore miete molte vittime.»
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