Elisabetta G. Rizzioli, un agognato restauro – Di Daniela Larentis

La storica dell’arte parla della «Transverberazione di Santa Teresa», di Domenico Udine Nani e tornata all’antico splendore in San Francesco a Prato – L’intervista

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La «Transverberazione di Santa Teresa» dipinta nel 1822 dall’artista roveretano Domenico Udine Nani (1784-1850), conservata nel complesso conventuale di San Francesco a Prato, già una ventina di anni fa versava in pessime condizioni.
Da poco restaurata, è tornata all’ antico splendore.
Delle vicissitudini di questa preziosa tela ne parla la storica dell’arte Elisabetta G. Rizzioli, autrice della monumentale opera «L’officina di Leopoldo Cicognara - La creazione delle immagini per la Storia della Scultura», un volume di più di mille pagine presentato qualche anno fa a Lucca, con intervento critico dello stimato storico dell’arte Carlo Sisi.
La sua prima monografia dedicata a Domenico Udine Nani risale agli anni Duemila, una ricerca che ha condotto passando al setaccio l’intera produzione dell’artista, interpretandone lo stile.
È stata presentata lo scorso dicembre l’importante pubblicazione dedicata al pittore roveretano dell’Ottocento e ad alcune sue opere di committenza Bossi Fedrigotti attraverso inedite carte dell’archivio privato familiare, dal titolo «Domenico Udine Nani, nuove carte antiche» (Edizioni Osiride).
Come abbiamo in precedenza ricordato, il libro getta nuova luce sulla produzione di Domenico Udine Nani, di cui l’autrice ripercorre il profilo biografico e artistico, proseguendo un cammino intrapreso una ventina di anni fa e mai interrotto.
 
Elisabetta G. Rizzioli, Ph. D. Art History all’Università di Pisa, docente e apprezzata giornalista, è socia dell’Accademia Roveretana degli Agiati, svolge attività di ricerca occupandosi segnatamente di questioni figurative neoclassico-romantiche e di arte italiana tra Quattrocento e Ottocento, autrice in particolare delle monografie Domenico Udine Nani 1784-1850, Osiride, Rovereto 2003 - con il successivo ampliamento Domenico Udine Nani 1784-1850.
Aggiunte al catalogo delle opere, Osiride, Rovereto 2004, «Antonio Rosmini Serbati conoscitore d’arte», La Garangola, Padova 2008; «Archimede. Immagini, iconografie e metafore dello scienziato siracusano dal Cinquecento all’Ottocento. Filosofia e scienza fra valori simbolici e paradigmatici», Osiride, Rovereto 2013; «L’officina di Leopoldo Cicognara. La creazione delle immagini per la Storia della Scultura», Osiride, Rovereto 2016; «La «Collezione di tutti i disegni originali che hanno servito per intagliare le tavole della Storia della Scultura di Leopoldo Cicognara» (Vat. lat. 13748), Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 2016 («Studi e testi», 509); «Domenico Udine Nani, nuove carte antiche», Osiride, Rovereto 2019, oltre che di numerosi saggi in riviste specializzate, collane editoriali, miscellanee e cataloghi.
 
Abbiamo avuto il piacere di rivolgerle alcune domande.
 
Chi è anzitutto Santa Teresa d’Avila?
«Teresa di Gesù o d’Avila, al secolo Teresa Ali Fatim Corella Sánchez de Capeda y Ahumada (Gottarendura 1515 - Alba de Tormes 1582), è stata una religiosa ed una folgorante scrittrice mistica, canonizzata il 12 marzo del 1622 da papa Gregorio XV.»
 
Qual è il grande merito che le viene attribuito?
«È stata, ed è ancora oggi, una donna straordinaria che ha saputo unire l’orazione al vivere quotidiano; ciò che la santa spagnola lascia come eredità spirituale si racchiude nell’enunciato secondo il quale L’orazione mentale non è altro se non un rapporto di amicizia, un trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sappiamo che ci ama (Autobiografia, VIII, 5), mentre nel Castello interiore suddivide l’animo umano in sette stanze, trasfigurate in altrettante stagioni dello spirito tra fervore e ardore, autobiografia e finzione, parendo il linguaggio di Teresa, qui esigente, là consequenziale, fintamente distratto e falsamente inconsapevole, espresso per rimandi, schizzi, analisi ed effetti.
«La passione di dire la porta ad esprimersi con un linguaggio tattico e paratattico, ove denotazione e connotazione giocano in una sorta di rimando di sensazioni e possibili versioni; si succedono riflessioni e ricordi come flash back cinematografici, apparentemente slegati ma in realtà uniti da un filo che conduce parole e frasi dalla dimensione del saggio a quella della poesia, e da questa a quella della spiritualità, ove a parlare è l’amore di Dio; l’ascolto si tramuta in fatti essendo il silenzio di Dio tanto loquace da trasformare le frasi in cose, lo scritto in vita. Attraverso il tempo superando confini e territori continua ad essere riconosciuta protagonista dei secoli della modernità; è possibile soppesarne l’eredità, riconoscerne le tracce, valutarne le innovazioni nell’esperienza delle sue prime discepole, nell’impulso missionario che spinse tanti verso il Nuovo Mondo, nella vita delle masse cittadine dell’Urbe o in quella di rappresentanti di nobili ed antichi casati o di ordini religiosi significativi come la Compagnia di Gesù.
«Lo studio attento e documentato rivela in che modo il carisma teresiano si concreta in testi e parole - radicati sia nel vissuto sperimentato dalla mistica e fondatrice spagnola sia nelle testimonianze dirette di quanti la seguirono e la imitarono - e come esso si plasma in edifici di culto e strutture abitative soffermandosi, ad esempio, sugli ambienti carmelitani di clausura letti quali vere e proprie espressioni materiali e fisiche degli ideali e valori della famiglia scalza, oppure ripercorrendo le navate e le cappelle della ravennate basilica di San Giovanni Battista, conosciuta anche come chiesa di San Giovanni della Cipolla o delle Catene, le cui mura ed altari testimoniano l’antica tradizione carmelitana a cui Teresa sempre si rifece. Il lascito e la novità della santa abulense esplode anche in rappresentazioni ed immagini che, sviluppatesi e affermatesi al ritmo della sua crescente fama e notorietà, intesero - o cercarono - di trasmetterne la pluralità di sfaccettature: mistica, fondatrice, scrittrice, monaca di clausura e viaggiatrice.»
 
Domenico Udine Nani le dedicò uno splendido dipinto. Quando fu realizzato e chi glielo commissionò?
«La presenza di alcuni dipinti teresiani di mano di Domenico Udine Nani (Rovereto 1784 - Firenze 1850) in territorio toscano dei quali ho dato conto nel catalogo delle opere della monografia udiniana che ho pubblicato nel 2003 - una Santa Teresa congiuntamente a quello con San Giovanni della Croce a Firenze nel convento carmelitano di San Paolino (cat. 26, 27); una Sacra Famiglia in gloria con i Santi Teresa e Giovanni della Croce a Pisa nella chiesa di San Torpè (cat. 29) - consente una ricognizione nell’iconografia sacra interpretata dal Nostro, nella storia di una comunità religiosa, nell’espandersi di un riformato Ordine Carmelitano, ed in modo particolare la Transverberazione di Santa Teresa appartenente al complesso conventuale di San Francesco a Prato (cat. 21).
«Il 9 dicembre del 1819 veniva sottoposto alla Sovrana Approvazione il progetto di accordare sui resti del Patrimonio Ecclesiastico amministrati dalla Pia Casa dei Ceppi £ 160 per concorrere alla spesa del Quadro della Santa Fondatrice dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, da collocarsi nella Chiesa di S. Francesco; Essendo Priore di questo Convento il P. F. Ermenegildo di S. Luigi dal 1820 al 1822 fu terminato il quadro di S. Teresa, dipinto da Domenico Udine Pittore di credito e costò 100 Zecchini.
«Fu posto con la cornice nell’altare detto del Crocifisso, e la miracolosa ed antica Imagine del Crocifisso, che vi era, fu levata, e messa nell’altare dell’Oratorio.
«La documentazione all’epoca rinvenuta e consultata presso l’Archivio del Convento di San Paolino a Firenze, consistente in sei attestazioni autografe dell’artista - raccolte in cinque fogli e risalenti rispettivamente ai giorni 26 novembre 1819, 26 aprile 1821, 6 marzo 1822, 14 ottobre 1822, 15 aprile 1823 e 21 gennaio 1824 - permette di ricostruire la vicenda relativa alla commissione e ai vari pagamenti della pala per la chiesa pratese di San Francesco, allora officiata dai Carmelitani Scalzi che solo nel settembre 1999 l’hanno lasciata.
«Sono rubricati i vari pagamenti ricevuti dal Nostro per l’opera, dal primo, acconto per la commissione d’un quadro che devo eseguire rappresentante la Transverberazione di S. Teresa, ed il convenuto prezzo è di zecchini Cento, effettuato il 26 novembre 1819, al secondo, zecchini venti acconto del quadro [...] che sto facendo, del 26 aprile 1821, sino al saldo conclusivo, riscosso il 21 gennaio 1824.»
 
Quali sono gli elementi simbolici contenuti nell’opera?
«La tela rappresenta e incarna l’evento estatico narrato dalla stessa santa: Un giorno mi apparve un angelo bello oltre ogni misura. Vidi nella sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. Questa parve colpirmi più volte nel cuore, tanto da penetrare dentro di me. II dolore era così reale che gemetti più volte ad alta voce, però era tanto dolce che non potevo desiderare di esserne liberata. Nessuna gioia terrena può dare un simile appagamento. Quando l'angelo estrasse la sua lancia, rimasi con un grande amore per Dio (Autobiografia, XXIX, 13).
«Se nella resa dei sentimenti Udine ha premura di controllare qualunque eccesso gestuale e trattenere la manifestazione delle passioni entro una misura classica, in cui i moti dell’animo e l’interiorità individuale affiorino nelle espressioni dei volti con intensa dignità, senza mai rinunciare alla celebrazione di una bellezza ideale che non tradisce quella naturale ed è resa in forme poetiche, nella pittura religiosa invece rappresenta commuovendo lo spirito.
«Inteso a conciliare, fra segno e colore, la tradizione della statuaria antica e la gloria della fede, riesce a suscitare l’adesione emotiva dello spettatore devoto grazie a magnificenza, grandiosità, eleganza, energia ed armonia cromatica, attraverso una propria poetica singolare e fortemente arcaizzante, prova della declinazione del neoclassicismo nelle espressioni compassionevoli e malinconiche che diventeranno poi caratterizzanti molta pittura romantica.»
 
Quali furono, a grandi linee, le vicissitudini legate alla tela, ora restaurata?
«Ultimata nel 1822 e posta sull’altare detto del Crocifisso, poi intitolato a Santa Teresa, vi rimane sino al 1904 quando viene distrutto in seguito della ristrutturazione della chiesa occorsa fra il 1903 e l’anno seguente), ma con dannosa e funesta periodica dislocazione ostensiva, a modo di stendardo e a mezzo di apposito apparato liturgico, sull’altare maggiore della chiesa in occasione delle celebrazioni dedicate alla santa ogni 15 ottobre; per l’anno 1882, si veda una foto (stampa b/n all’albumina, formato cm 13 x 17) di Giorgio Wood nell’occasione del Terzo Centenario di Santa Teresa - 1882, conservata nella Biblioteca Roncioniana di Prato che riprende l’interno della chiesa pratese di San Francesco con addobbi realizzati dalla ditta Giuseppe Benelli; sotto la fotografia si legge: PROSPETTO INTERNO DELLA CHIESA DI S. FRANCESCO IN PRATO / nell’occasione del III Centenario di Santa Teresa - 1882; il cartoncino sui cui è incollata la fotografia riporta l’indicazione manoscritta Centenario in S. Francesco di Prato.
«In seguito venne dislocata nella Sala Capitolare (Cappella Migliorati) sino al 1998, quando passava nell’attigua Cappella del Morto Redentore; nel 2010 veniva riposta nei locali conventuali adibiti a deposito sino al marzo 2018, quando - già con una consistente patina di polvere e sporco, colori intontiti, gravi lesioni di origine meccanica, stuccature, ridipinture, verniciature e ritocchi di scadentissima fattura ed una consistente estesa lacerazione nella parte inferiore - è stata infatti sottoposta ad un significativo ed arduo intervento di recupero e restauro strutturale - con fra vari altri, interventi di reintegrazione pittorica reversibili e a rigatino o a righettino, secondo cui il collegamento cromatico tra la lacuna e la zona circostante viene eseguito tramite un tratteggio verticale, in sintonia con i valori cromatici locali, in modo tale che da lontano l’intervento risulti impercettibile ma si evidenzi chiaramente ad una visione ravvicinata - recentissimamente terminato nel febbraio 2020, operato dalla ditta Piacenti SpA - Centro Restauri con sede a Prato. L’intervento ha consentito di restituire pienamente la tela anche nelle sue originarie dimensioni (olio su tela, già cm 331 x 226; ora cm 337,5 x 230) come nel suo inedito cromatismo e di apprezzarne integralmente il rispecchiarsi di uno stile eclettico che guarda anche a Filippo Lippi come a Jacopo da Empoli.
«E va menzionata per affinità stilistiche la pala di analogo soggetto - un olio su tela di cm 303 x 192 - dipinta nel 1688 da Carlo Cignani cui recentemente l’opera è stata assegnata (e se non allo stesso ad uno dei sessantaquattro allievi del maestro bolognese o ad uno sconosciuto pittore marchigiano formatosi sull’esempio del grande caposcuola) e conservata sull’altare della seconda cappella a sinistra entrando - contornata da una ricca decorazione in stucco ad opera di maestranze locali - nella chiesa di San Filippo a Cingoli.»
 
Come è venuta a conoscenza dello stato dell’opera?
«Il suo stato era compromesso già in occasione del primo rilievo che ho effettuato quando stavo lavorando alla stesura della monografia udiniana, alla fine degli anni Novanta del secolo scorso.
«Piacendomi avere dati reali ed oggettivi sulle opere che ho studiato (ubicazione, collocazione, stato di conservazione ecc.) è così che nel 2017 ho inteso rivederla per dover constatare che negli anni era altresì frattanto occorsa una consistente ed ampia lacerazione nel registro inferiore della tela, con asporto della stessa.»
 
A proposito del cattivo stato di conservazione di molte opere afferenti al patrimonio pubblico e privato, di restauri mancati e di cattivi restauri, vuole fare qualche commento?
«Circoscrivo il problema all’ambito locale limitandomi a ribadire quanta energia abbia impiegato per sollecitare il necessario restauro estetico o conservativo se non addirittura strutturale di cui necessitano varie opere di Domenico Udine, quali la Vergine Addolorata nella chiesa roveretana di Santa Maria di Loreto, o la Madonna di Caravaggio in collezione privata, o il ciclo pittorico a fresco che decora la chiesa della Santissima Trinità a Sacco di Rovereto; solo il ciclo decorativo della Madonna Refugium Peccatorum nella cappella del giardino di Villa Bridi (oggi de Probizer) è stato oggetto di un intervento di restauro.»

Daniela Larentis – [email protected]