L’Orchestra Haydn ospita il violoncello di Giovanni Sollima
Due concerti alla scoperta di Gaetano Ciandelli, «il Paganini del violoncello»: il 5 aprile a Bolzano e il 6 all'Auditorium del S. Chiara
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Prosegue l’appassionante viaggio sonoro nel tempo e negli stili della Stagione Sinfonica dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, di cui è Direttore Artistico Giorgio Battistelli: martedì 5 aprile all’Auditorium di Bolzano (ore 20) e mercoledì 6 all’Auditorium Santa Chiara di Trento (ore 20.30), l’orchestra ospita, sia nelle vesti di solista che di direttore, uno dei nomi più illustri del panorama musicale contemporaneo, il violoncellista Giovanni Sollima.
Un’improvvisazione e due composizioni dello stesso musicista siciliano, Hide In Orchestra e Fecit Neap 17, saranno intervallate dal Concerto per violoncello e orchestra n. 2 in re maggiore di Joseph Haydn e dal Concerto per violoncello in do maggiore di Gaetano Ciandelli, che offre la possibilità di addentrarsi nel mondo di un compositore ancora poco conosciuto presso il grande pubblico.
Iniziatore della scuola violoncellistica italiana, allievo prediletto di Paganini, Gaetano Ciandelli è personalità musicale ancora da scoprire appieno.
Lo stesso Giovanni Sollima osserva a proposito del Concerto per violoncello in do maggiore, databile tra il 1790 e i primissimi dell’800.
«Paganini parla di un violoncellista Ciandelli in termini entusiastici un altro me stesso. In effetti il virtuosismo e un certo temperamento appaiono in modo dirompente fin dall’introduzione orchestrale.
«E poi, un paio di chicche; il movimento lento è incorniciato da due brevi recitativi di tipo operistico e il Rondó/Presto è di grandissimo effetto, con una sezione in minore e una coda con un più lento seguita da un accelerando.
«Ed è presente un re sovracuto mai approcciato fino ad allora da alcun violoncellista o compositore.»
«A me, quella di Ciandelli, sembra una figura interessantissima, ancora da approfondire, pare fosse in qualche modo un riferimento per i giovani Alfredo Piatti ed altri.
«Resta un mistero come sia caduta nell’oblio… ma riflettendoci non è poi così misterioso; in fondo gli antichi fasti di una Napoli culturalmente al pari delle grandi capitali europee cessano – forse improvvisamente o forse gradatamente – con la caduta dei Borbone, e tutto ciò che esisteva non è diventato polvere, per fortuna, è semplicemente rimasto sepolto ma integro.»
Articolato in tre movimenti, il Concerto per violoncello e orchestra n. 2 in re maggiore di Joseph Haydn, scritto nel 1783 e uno degli ultimi concerti del compositore austriaco, si discosta dalla logica sonatistica: la complessità dell'elaborazione e dello sviluppo delle idee principali è sostituita da processi di espansione ornamentale.
Anche la scrittura armonica appare piuttosto elementare, così come l'orchestrazione, affidata ad un organico che comprende oltre agli archi solo due oboi e due corni.
Haydn concentra la sua attenzione sulla parte solistica, con una scrittura di notevoli difficoltà che tende a sottolineare le potenzialità cantabili e timbriche dello strumento, trattandolo con la stessa espressività e scioltezza del violino e sfruttando soprattutto il registro acuto.
Riguardo alla sua Hide In Orchestra, Sollima annota così.
«Essendo io irrimediabilmente del sud, mi sono azzardato ad allacciare - o riallacciare - antichi legami; Haydn e Napoli, pensando anche e soprattutto a Ferdinando IV di Borbone, suonatore di Lira organizzata, strumento (e suonatore incluso) per il quale Haydn scrive diversi lavori.
Hide In Orchestra, è una minuscola Sinfonia ispirata ad Haydn, in cui tratto materiale vario, anche frammentario o frammentato e riorganizzato in una forma – che definirei dispositivo – che, seppur compressa o liofilizzata, segue lo schema della sinfonia haydniana, incluse incursioni ongaresi in reverse e altro ancora. Il titolo, ovviamente, nel momento in cui si pronuncia in inglese lascia risuonare un altro significato; Haydn Orchestra. Oppure ci si può soffermare sull’idea degli oggetti nascosti in orchestra.»
E su Fecit Neap 17 dice: «Risale al 2013 (o forse prima…) e l’ho composto per eseguirlo e registrarlo con Antonio Florio e il suo Ensemble che all’epoca si chiamava I Turchini (oggi Cappella Neapolitana). Il brano si riallaccia al glorioso ’700 della Cappella Vicereale di Napoli, ovviamente allontanandosi anche tanto, tra modi intervallari e poliritmia, dato che mi spingo un pochino più ad est e più a sud… Il titolo trae spunto da una delle tante etichette che i liutai dell’epoca - inclusi i talentuosissimi Gagliano - preparavano da riempire successivamente, spesso utilizzando nomi di altri liutai (Stradivari incluso), insomma un sublime concetto di fake che mi ha affascinato.»
Giovanni Sollima
È un violoncellista di fama internazionale e il compositore italiano più eseguito nel mondo. Collabora con artisti del calibro di Riccardo Muti, Yo-Yo Ma, Ivan Fischer, Viktoria Mullova, Ruggero Raimondi, Mario Brunello, Kathryn Stott, Giuseppe Andaloro, Yuri Bashmet, Katia e Marielle Labeque, Giovanni Antonini, Ottavio Dantone, Patti Smith, Stefano Bollani, Paolo Fresu, Elisa e Antonio Albanese e con numerose.
Per il cinema, il teatro, la televisione e la danza ha scritto e interpretato musica per Peter Greenaway, John Turturro, Bob Wilson, Carlos Saura, Marco Tullio Giordana, Alessandro Baricco, Peter Stein, Lasse Gjertsen, Anatolij Vasiliev, Karole Armitage, e Carolyn Carlson.
Dal 2010 Sollima insegna presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, dove è stato insignito del titolo di Accademico. Nel 2012 ha fondato, insieme a Enrico Melozzi, i 100 Cellos.
Nel 2015 ha creato a Milano il logo sonoro di Expo e inaugurato il nuovo spazio museale della Pietà Rondanini di Michelangelo.
Nel campo della composizione esplora generi diversi avvalendosi di strumenti antichi, orientali, elettrici e di sua invenzione, suonando nel Deserto del Sahara, sott’acqua, o con un violoncello di ghiaccio.
Giovanni Sollima suona un violoncello Francesco Ruggeri (Cremona, 1679).