Storie di donne, letteratura di genere/ 64 – Di Luciana Grillo

«L'isola delle farfalle» di Corina Bomann – Una storia che inizia nell’800 e arriva ai nostri giorni

Titolo: L' isola delle farfalle
Autrice: Bomann Corina
 
Traduttore: Congregati Sara
Editore: Giunti Editore 2012
 
Pagine: 512, brossura
Prezzo di copertina: € 9,90)
 
Questo romanzo appena pubblicato è stato per mesi in testa alle classifiche.
Ha affascinato i lettori probabilmente perché si svolge in tempi e luoghi molto diversi ed è, in sostanza, la storia di una famiglia che dall’Inghilterra si è spostata nel lontano Ceylon, la bella terra del the e delle farfalle che noi oggi chiamiamo Sri Lanka.
E dall’800 la storia arriva fino ai nostri giorni.
È una storia intricata, che si tinge di giallo fin dall’inizio: una strana disgrazia causa la morte di Richard, e la morte di una sua discendente, Emmely, crea i presupposti perché la nipote Diana, avvocato che vive a Berlino e che sente in crisi il suo matrimonio, si metta a scavare nel passato della famiglia, nei misteri che ne accompagnano le vicende.
Diana si sposta da Berlino a Londra, poi di nuovo a Berlino per ripartire per Colombo dove riuscirà faticosamente a ricomporre le tessere del mosaico e a capire la storia della sua famiglia.
Nello stesso tempo, muovendosi fra tombe ed angeli, bustine di the, foglie di palma misteriosamente incise e antichi itinerari, Diana riesce a ripensare alla sua stessa vita e a rmettersi in gioco, cambiando in realtà il suo destino.
Non mancano, in questo romanzo ben scritto e certo ben tradotto, i momenti di suspense, le arti marziali, le storie d’amore, le profezie, come non manca la considerazione che le tradizioni non sempre possono essere rispettate e che l’ubbidienza alle richieste dei genitori non sempre risponde alle esigenze e ai sentimenti di chi, con coraggio, sa anche disobbedire.
Alla storia di Diana e della sua antenata Grace si sovrappone il rapporto fra colonizzatori e colonizzati, fra appartenenti a caste diverse e meticci, fra proprietari ricchi e potenti e lavoratori ricchi solo della loro fede.
La Bomann sa descrivere con grande attenzione e rispetto questa molteplicità di mondi, sa tuffarsi nella società inglese dell’ ‘800 e nel mondo difficile in cui viviamo, sa raccontare di abiti, balli e debutti in società come delle attività che si svolgono nei nostri tempi.
 
Diana è una donna moderna, dinamica e vitale, provata dalla morte dell’unica parente e umiliata dai tradimenti del marito; è una donna del suo tempo così come Grace lo era quando sognava di debuttare in società davanti alla regina o quando desiderava, benché donna, di imparare i segreti delle foglie di the o della lingua tamil o delle arti marziali.
«Giunte ai capannoni del the furono sopraffatte da un odore pungente; l’aroma che si sprigionava dai barattoli del the in cucina era niente in confronto a quello. Le foglie di the erano disposte a strati su dei graticci, a seconda delle varie fasi di essiccazione…
«Ai tavoli accanto ai capannoni erano sedute delle donne che arrotolavano le foglie di the giunte a uno stato di essiccazione più avanzato.»
 
Per Grace e per sua sorella Victoria poter vedere tutto ciò era una conquista da non rivelare a nessuno: «Le due sorelle si nascosero dietro ai capannoni dov’erano accatastate delle ceste… poi… li seguirono nella macchia a debita distanza…»
E mentre gli avvenimenti si susseguono, sia nell’800 che nel 2000, l’autrice ci parla di frangipani e di farfalle, forse per dimostrare a se stessa e a noi che gli uomini cambiano, ma la natura, se rispettata, sa conservare i suoi tesori per le generazioni che verranno.
«…quei rododendri erano davvero stupendi e molto antichi. I colori dei fiori abbracciavano sfumature che andavano dal bianco candido della neve al rosso porpora intenso…A Berlino, i miei vicini di casa con l’hobby del giardinaggio ucciderebbero per esemplari come questi si disse Diana sorridendo.»
Dunque, i rododendri, come tante altre cose, fanno da ponte tra luoghi e tempi lontani e da sfondo ai dubbi sempre uguali di Grace che si chiede: «…Una donna doveva fare il proprio dovere e sposarsi. Ma perché proprio con lui?»
Grace, ingiustamente diseredata da suo padre, obbligata a tornare in Inghilterra per evitare uno scandalo e dimenticata dai suoi familiari, ritorna, grazie alle puntigliose ricerche di Diana, al centro della scena, vittima di pregiudizi, ma infine rasserenata da un nuovo incontro e da una nuova vita.
 
Parallelamente, anche per Diana, dopo tanto dolore, si apre uno spiraglio di luce e la certezza che la sua vita, avendo reso giustizia all’antenata, sarà illuminata da un uomo che, come Vikrama, arriva da una terra lontana, ma sa amare con intelligenza e generosità.
La conclusione del romanzo è rappresentata da un vecchio quaderno di cuoio su cui Cahill, che aveva lavorato nella piantagione con compiti di responsabilità dai quali era poi stato rimosso, aveva annotato la sua personale discesa nella follia, l’ambizione che lo consumava, gli omicidi compiuti.
«Anche solo a guardarlo, lo scarno libretto nero sprigionava un’aura maligna… quando (Diana) vi posò sopra la mano, pronta a sfogliarlo, la stanza le sembrò a un tratto un posto sgradevole…»
Così, con una esemplare resa dei conti, il romanzo finisce, lasciando nei lettori un gusto dolceamaro e la curiosità di andare a Vannattuppucci, luogo dove è ambientata la storia di Grace e dove inizia quella della sua discendente Diana.
 
Luciana Grillo
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